"Siamo pronti a tutto". Dopo la riunione, durata un'ora, dei parlamentari leghisti all'Hotel Palatino, Matteo Salvini replica così a Di Maio che lo aveva sfidato a ritirare i ministri del Carroccio prima di votare la sfiducia contro Giuseppe Conte. "Mi affido alla saggezza del presidente della Repubblica, è evidente che non c'è un'altra maggioranza", dice Salvini, che probabilmente incontrerà domattina Berluscono dopo una giornata che ha visto il centrodestra ricompattarsi nella conferenza dei capigruppo.
Il mondo "del lavoro, dei sindaci, dell'Italia che produce chiede di fare in fretta quindi l'unica cosa che l'Italia non si può permettere è perdere tempo. Chiunque la tiri in lungo è perché ha paura di perdere la poltrona. Direi che Renzi ne è l'immagine più evidente", prosegue Salvini, "chi ha paura delle elezioni è perché evidentemente ha lavorato male e teme di non tornare in Parlamento", prosegue Salvini al termine dell'assemblea dei gruppi della Lega, "noi chiediamo che si voti il prima possibile. E poi saranno gli italiani a scegliere un governo che per cinque anni governa e fa. Perché negli ultimi mesi fra no, litigi, insulti e blocchi... E il no alla Tav, alla giustizia, alle Olimpiadi, all'autonomia, alle riforme: l'Italia non può permettersi 'no'".
"L'unico patto è quello della poltrona"
"L'unico patto è quello della poltrona tra Renzi e i 5 stelle. Renzi, Boschi, Fico e Toninelli fanno la manovra? In un momento in cui ci vuole coraggio, ma dai...", aggiunge Salvini, "a noi non interessa scaldare la poltrona né tenere bloccato il parlamento: perché non si può lavorare a Ferragosto?".
"Si parla con tutti ma non ci sarà alcun ritorno al passato". Così Salvini ha affrontato coi suoi parlamentari il nodo alleanze nel corso dell'assemblea a porta chiuse. "Non ci saranno porte a chi vuole riciclarsi - ha spiegato il segretario leghista - ma solo a chi porta "idee". Abbiamo tante regionali e amministrative davanti, elezioni in cui l'alleanza di centrodestra ha funzionato in passato, ma la mia intenzione è di non riproporre i vecchi schemi", ha insistito.
Presto l'incontro con Berlusconi
Dovrebbe tenersi domani mattina l'atteso incontro tra Berlusconi e Salvini. Un incontro preparato oggi, con l'ex premier che ha riunito i 'big' azzurri in via del Plebiscito alla presenza dei capigruppo Bernini e Gelmini, di Tajani e di Ghedini e Letta. Solo quest'ultimo viene riferito è contrario ad un nuovo 'abbraccio' con il leader del partito di via Bellerio. Un segnale che il mondo moderato guarda con favore alla possibile nascita di un esecutivo istituzionale o in ogni caso di fine legislatura. Ma l'ex premier per ora appare determinato: non possiamo dire di no a Salvini, la linea emersa durante il pranzo, il centrodestra deve restare unito.
Ma non è un sì senza se e senza ma. Sul tavolo ci sono condizioni chiare che dovranno essere inserite all'interno di un patto 'blindato'. E che prevede oltre il tema delle candidature, dei collegi e c'è chi dice anche dei posti di governo (circola la voce nella ex maggioranza - senza alcuna conferma ufficiale - di una offerta di Salvini a Casellati quale ministro della Giustizia e un ruolo anche per Bernini), anche il sì dell'ex presidente del Consiglio in Parlamento.
Il Cav vuole "pari dignità"
Non è poi detto che in caso di urne il Cavaliere si candidi, ma intanto Berlusconi stoppa le voci di 'veti'. E in ogni caso - sottolinea un 'big' azzurro - da Salvini non è mai arrivata una tale condizione. Berlusconi vuole dall'alleato 'pari dignità', ritiene che Salvini debba parlare apertamente di coalizione e se vuole l'appoggio di tutto il partito azzurro non potrà basare le candidature sulla base dei sondaggi attuali.
La discussione è aperta, anche perché il responsabile del Viminale con i suoi è stato chiaro: chi pensa alla vecchia riedizione del centrodestra si sbaglia. Ovvero se alleanza ci sarà dovrà essere 'sovranista'. Con una direzione chiara sui contenuti ma anche sulle alleanze in Europa. Pesa per esempio l'atteggiamento degli azzurri nelle istituzioni europee. Ma pesa ancor di più il fatto che il Cavaliere al momento - questo il convincimento tra i leghisti - non controlla più il partito.