Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini non vede alcuna differenza tra rispondere ad un question time o riferire in aula sul Russiagate. E, incalzato dal Corrriere della Sera che lo intervista su questo punto a lato del vertice europeo sui migranti dei ministri dell’Interno a Helsinki, perde un po’ la pazienza e sbotta: “Allora faremo una conferenza internazionale”. Per aggiungere subito dopo: “Se c’è una inchiesta possono cercare quello che vogliono, ma non trovano un euro, un dollaro, nulla”.
E non troveranno nemmeno un rublo, insiste Salvini, semmai “trovano sicuramente la convinzione che i rapporti con la Russia siano fondamentali, che Putin sia un grande uomo di Stato e che le sanzioni siano sbagliate”. Quindi “non c’è nessun finanziamento” occulto, ma tutta questa attenzione per la Lega non avviene “per caso”, perché potrebbe anche essere un risvolto o una diretta risposta al tentativo del Carroccio di rivoluzionare l’Europa. Un altolà. Un avviso. Poi punzecchia il premier quando si chiede cosa mai debba riferire Conte sulla Russia, che ogni giorno. “d’altronde”, ribadisce che è lui il presidente del Consiglio: ma “chi l’ha mai messo in dubbio?” si chiede stupito Salvini.
Quanto alla conoscenza, l’amicizia e i rapporti di collaborazione con Savoini (“Non ho mai detto di non conoscerlo. Lo conosco da 27 anni”) e D’Amico che lo hanno accompagnato nei frequenti viaggi in Russia, il vicepremier non ha alcuna autocritica da farsi, perché, sottolinea, “io mi fido delle persone che mi sono vicine”. E, a dimostrazione di quel che dice, porta la vicenda del viceministro all’Economia Garavaglia proprio ieri assolto dall’accusa di turbativa d’asta “dopo anni di calvario”, un caso che Salvini definisce “eloquente”.
Il vicepremier leghista ieri ha parlato anche con la Repubblica alla quale dice non voler scappare dal Parlamento ma assicura che ci andrà, ma a tempo debito: “ Lei non si preoccupi di quando, ci andrò”.
“Ma chi se ne frega di Fico”. Così poi il vicepremier risponde ancora al Corriere che lo stuzzica sul fatto che il presidente della Camera sta lavorando ad un governo con il Pd. Salvini non teme un governo Pd-5Stelle, non se ne occupa né si preoccupa. Però interrogato anche su come pensa di poter proseguire l’esperienza di governo in questo clima tra alleati, il ministro risponde: “Lo chiederò a Conte e a Di Maio. Gli attacchi e gli insulti del Pd ci stanno, ma qui ogni giorno due o tre esponenti cinquestelle si alzano e attaccano Salvini. Attilio Fontana e poi Siri, Rixi, Molinari, Romeo, per qualcuno sono tutti colpevoli e ladri a prescindere, atteggiamento poco democratico”. E agli alleati intima: “Troppi attacchi, se dicono altri no cambia tutto”.
E a la Repubblica che gli obietta che aveva tutte l possibilità di far cadere il governo a maggio, dopo le Europee, e gli chiede perché non l’ha fatto quando aveva invece l’Italia in mano, Salvini risponde: “Io non sono fatto così. Non bado alla convenienza immediata o partitica. Certo, se questi ogni giorno vanno avanti a far così...”. E il giornalista spiega che il vicepremier fa con le mani il segno che è tutto finito.