Un censimento sui rom in Italia, "una ricognizione per vedere chi, come e quanti" sono. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Matteo Salvini sottolineando che "dopo Maroni non si è fatto più nulla, ed è il caos". "Facciamo un'anagrafe, una fotografia della situazione", ha aggiunto Salvini. Gli irregolari saranno espulsi mentre "i rom italiani purtroppo - ha detto il ministro - te li devi tenere a casa". Una proposta 'shock', secondo alcuni commentatori, accusa che Salvini respinge al mittente: "Qualcuno parla di 'shock'. Perchè??? Io penso anche a quei poveri bambini educati al furto e all'illegalità", twitta nel pomeriggio.
Spiegazione che non convince il Pd: "Ieri i rifugiati, oggi i Rom, domani le pistole per tutti. Quanto è faticoso essere cattivo", scrive l'ex presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, su Twitter. "Le parole sono pietre e il 'dossier Rom' di Salvini è agghiacciante, ricorda politiche di stampo nazista", attacca il senatore dem Edoardo Patriarca. "Forse il leader della Lega asseconda la pancia dei cittadini spaventati, ma a tutto c'è un limite. Dove vuole arrivare nell'aizzare l'odio sociale ed etnico? Si ricordi che è il ministro dell'Interno di un grande paese del G7", aggiunge.
E se per Ettore Rosato il censimento sui Rom è "volgare e demagogico", secondo il deputato Pd Walter Verini "è una escalation che va fermata. Cominciò così anche ottanta anni fa e sappiamo come andò a finire". "E poi ...? - si chiede il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso - Proporranno un segno per riconoscerli? La barbarie è sempre iniziata con un 'censimentò, magari per la loro sicurezza. Che orrore e che schifo!".
Ieri i rifugiati, oggi i Rom, domani le pistole per tutti. Quanto è faticoso essere cattivo
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) 18 giugno 2018
All'annuncio del ministro rispondono anche le associazioni: "Il ministro Salvini dovrebbe studiare, ne avrebbe tanto bisogno. Quello che fu definito un censimento, organizzato dal ministro Maroni tra il 2009 e il 2011, fu in realtà una schedatura su base etnica, vietata in Italia. Per tale ragione ci fu una strigliata da parte dell'Europa", sottolinea Carlo Stasolla, presidente dell'associazione 21 luglio. Mentre l'Associazione Nazione Rom ricorda come sia già presente un dossier "elaborato dall'Istat nel 2017" e sia stato "prontamente consegnato al ministro Salvini e sulla email del Gabinetto del Ministro dell'Interno".
Peraltro l'Italia ha ricevuto, dalla Commissione Europea, "ingenti finanziamenti per il periodo 2014 2020 al fine di garantire una casa, un lavoro, una scuola e una protezione sanitaria" per rom, sinti e caminanti, e per la popolazione in estrema povertà come i senza fissa dimora", ricorda l'associazione, che si è recata la scorsa settimana a Bruxelles "per ottenere l'apertura di inchiesta da parte della Commissione Europea relativamente all'utilizzo improprio di questi fondi. Adesso è necessario rispettare Accordi e Strategia, pena la sospensione dei finanziamenti europei erogati per un totale di 7 miliardi di euro". Per questo ANR chiede "un incontro urgente con il ministro Matteo Salvini che veda il coinvolgimento di UNAR punto di contatto nazionale per implementare gli Accordi Ue di Inclusione e la Strategia Nazionale RSC".
Ma un censimento già c'è
Sono tra 120 e 180 mila i cittadini di origine rom e sinti in Italia, 26 mila dei quali vivono in emergenza abitativa in baraccopoli formali (insediamenti gestiti dalle amministrazioni locali) e informali ('campi abusivì) o nei centri di raccolta monoetnici.
Sono i dati dell'ultimo Rapporto dell'Associazione 21 luglio. Le baraccopoli formali sono 148, distribuite in 87 comuni di 16 regioni da Nord a Sud, per un totale di circa 16.400 abitanti, mentre 9.600 è il numero di presenze stimato all'interno di insediamenti informali. Dei rom e sinti residenti nelle baraccopoli formali si stima che il 43% abbia la cittadinanza italiana mentre sono 9.600 i rom originari dell'ex Jugoslavia di cui circa il 30% - pari a 3 mila - è a rischio apolidia.
Baraccopoli e micro insediamenti
Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti vivono nell'86% dei casi cittadini di origine romena. A vivere sulla propria pelle le tragiche conseguenze della segregazione abitativa sono molti minori, il 55% secondo le stime di Associazione 21 luglio "con gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica e sul loro percorso educativo e scolastico". A incidere sui livelli di scolarizzazione contribuiscono in modo significativo sia le condizioni abitative sia la forte catena di vulnerabilità perpetrata dalle operazioni di sgombero forzato attuate in assenza delle garanzie procedurali previste dai diversi Comitati delle Nazioni Unite.
Associazione 21 luglio ha registrato in tutto il 2017 un totale di 230 operazioni: 96 nel Nord, 91 al Centro (di cui 33 nella città di Roma) e 43 nel Sud. Proprio Roma detiene il triste primato del maggior numero di insediamenti presenti, 17 in totale di cui 6 formali e 11 cosiddetti "tollerati". "Nella capitale - denuncia il Rapporto - nonostante le aspettative create a fine 2016 con la Memoria di Giunta e il 'Progetto di Inclusione Rom' presentato dalla sindaca Raggi che aveva come obiettivo il graduale superamento dei 'campi' presenti all'interno della città, nel 2017 non è stato di fatto avviato alcun processo di inclusione".
Il giudizio degli Enti internazionali ed europei di monitoraggio sui diritti umani appare impietoso: anche nel 2017 l'Italia ha continuato a essere il "Paese dei campi", "perseverando nell'utilizzo di politiche discriminatorie e segreganti nei confronti delle popolazioni rom e sinti presenti sul territorio nazionale oltre che nelle persistenti operazioni di sgombero forzato".