Cambiare registro per non impantanarsi nella vicenda prescrizione. Tra i dem, con il segretario Nicola Zingaretti in testa, si guarda con una certa preoccupazione al meccanismo di veti incrociati che si è messo in moto sulla riforma della prescrizione e che rischia di paralizzare l'azione del governo. Proprio quello che il leader dem non vuole.
Zingaretti ha più volte rimarcato come l'unica speranza di tenere in vita l'esecutivo sia quella di darsi da fare, mettere in cantiere la maggiore quantità di provvedimenti possibile, portare a casa dei risultati. Ed è per questo che ora dal Partito Democratico arriva forte la richiesta di accelerare sulla 'verifica' di governo, mettendosi al lavoro sull'Agenda 2023. Una necessità condivisa anche da esponenti della minoranza che sottolineano la necessità di fare tesoro del buon momento del Pd per "volare alto".
Che fine ha fatto il piano di Renzi?
Zingaretti assieme al suo partito ha già predisposto il Piano per l'Italia e ora si aspetta che Conte possa convocare il tavolo al più presto per vedere quali sono le carte degli altri alleati di governo. A cominciare da Italia Viva. "A proposito, che fine ha fatto il Piano Shock?", si chiede un deputato in Transatlantico. Il piano di Matteo Renzi, infatti, è fin qui annunciato, ma gli alleati non hanno ancora avuto modo di visionarlo. Per questa ragione, riferiscono le stesse fonti alla Camera, il Pd avrebbe chiesto la convocazione - già oggi - di un vertice sul Milleproroghe (provvedimento che contiene emendamenti anche su prescrizione e autostrade).
Sui nodi politici che tengono bloccata la maggioranza, il Pd continua a chiamare in causa Giuseppe Conte. È lui che deve dimostrare di essere il vero garante di questa coalizione, è il ragionamento, a lui spetta trovare un punto di caduta. Anche perché la proposta di legge Costa - che mira ad abrogare la legge Bonafede sulla prescrizione - ha ripreso il suo iter in Commissione Giustizia e il Pd è convinto del fatto che vada sciolto il nodo sulla prescrizione una volta per tutte: "Il punto vero è politico", osserva il capogruppo dem in Commissione Giustizia Alfredo Bazoli, al di là degli emendamenti di Iv al Milleproroghe che saranno votati prima della proposta di legge Costa. Che, comunque, "si ripresenterà: possiamo anche bocciarla in Aula, ma la questione tornerà. Finché non ci sarà un accordo politico, il tema tornerà sempre ogni volta che ci sarà un provvedimento sulla giustizia".
Bonafede potrebbe fare marcia indietro?
Le speranze di trovare una via di uscita dall'impasse sono tutte riposte nella persona del Presidente del Consiglio. Ma a seguire i segnali che arrivano dalle Camere, potrebbe sopravvenire anche un ripensamento da parte di Bonafede che, a questo punto, avrebbe del clamoroso: "A breve sarà inevitabile" per Bonafede "fare un passo indietro rispetto allo stop alla prescrizione. Non può permettersi che la sua riforma, contestata dal mondo intero, affondi in aula. E soprattutto non può permetterselo Conte", afferma Enrico Costa di Forza Italia.
In quel caso griderebbe vittoria anche Matteo Renzi che ha scelto la strada dello scontro con il ministro della Giustizia. Una scelta, per dirla con il vice segretario Pd Andrea Orlando, che ha complicato la strada che porta alla soluzione. Di più: "Se non si fossero alzati i toni nella maggioranza, oggi il ministro Bonafede sarebbe stato costretto a rispondere alle precise obiezioni di molti vertici degli uffici giudiziari che, in aperto dissenso con l'Anm, hanno criticato in modo puntuale la nuova norma sulla prescrizione. La politicizzazione dello scontro dovuta prevalentemente a ragioni di visibilità ha tolto, per il momento, il ministro da questo imbarazzo".
Assalti, quelli di Renzi, che fanno pensare all'interno della maggioranza: il sospetto, avanzato da alcuni parlamentari alla Camera, è che l'ex segretario dem stia orchestrando per sostituire Giuseppe Conte. Una ipotesi che cozza, tuttavia, con il messaggio giunto nei mesi scorsi dal Colle: dal Quirinale era trapelato che in caso di crisi di governo, si sarebbe andati al voto. Ora la scadenza referendaria complicherebbe un ricorso alle urne e tutto, ovviamente, è nelle mani della maggioranza parlamentare. Ma la linea tradizionale delle istituzioni è di non aggiungere troppa carne al fuoco quando la situazione è delicata. Agli atti va però messo che Renzi ha sempre dichiarato: "Abbiamo molto rispetto del presidente del Consiglio e vogliamo dargli una mano e speriamo che vada avanti".