Ribadisce i suoi attacchi al governo "cialtrone" che a suo dire sta bloccando l'Italia con un confronto fra due leader che definisce da "wrestling pre-elettorale", si sofferma sull'accordo sulla Brexit, sul futuro dell'Europa e il rischio che l'Italia giochi un ruolo da spettatrice. Ma dal Pd Matteo Renzi si tiene sempre più lontano: "Non ho mai voluto organizzare una corrente e non lo farò adesso - ha spiegato nella sua e-news -. Opportunamente Minniti ha sottolineato come la sua storia sia una storia di autorevolezza e indipendenza. Bene! Mi sembra che adesso si possa fare il congresso sulle idee, non su di me". L'unica sottolineatura è per chi continua a ritenerlo responsabile del calo dem: "Sono fiero e orgoglioso del lavoro di questi anni - continua a rivendicare -. Chi vuole abiurare, vergognarsi, tornare indietro faccia pure. Io non mi vergogno del lavoro sull'economia, sui diritti, sul rinnovamento, sull'Europa, sul sociale, sulla cultura".
Non c'è un candidato unitario
L'ex presidente del Consiglio è tornato a rilanciare il suo progetto. Ovvero quello di combattere da "senatore" e di farlo "tra la gente" con i 'comitati d'azione civile Ritorno al Futuro'. Un piano che potrebbe trasformarsi anche in un nuovo contenitore ma che tuttavia non raccoglie tra i suoi un grande favore. Soprattutto sulla tempistica. L'area renziana già si è divisa sui candidati: alcuni - Orfini e Delrio - appoggiano Martina che nel giro di 48 ore potrebbe scendere in campo. La maggior parte, invece, è per Minniti anche se quest'ultimo ha specificato di non essere un candidato renziano.
Dietro le quinte c'è in molti renziani disorientamento per le scelte dell'ex premier. Il timore è quello di non essere tutelati, di non avere una prospettiva chiara per il futuro. Da qui il ragionamento che trapela tra molti fedelissimi di Renzi: no a fughe in avanti, ora occorrerebbe - questa la tesi - concentrarsi sul congresso, investire sulla candidatura di Minniti e non pensare a progetti al momento prematuri. C'è chi parla di operazioni parallele; altri, invece, non nascondono il proprio malessere per la mossa di Renzi di ritagliarsi un ruolo ai margini del Pd. Qualcuno poi - come Richetti - usa l'arma dell'ironia per attaccare l'ex ministro dell'Interno: "Dice di non essere renziano ma vuole i voti di Renzi...".
Anche Martina è pronto a correre
Zingaretti lo dice chiaro e tondo: "Occorre cambiare la classe dirigente, l'Italia si aspetta questo". Mentre Martina sta curando i dettagli della sua candidatura, nonostante l'invito di Calenda a rinunciare per permettere ad uno dei candidati di raggiungere il 51 per cento, evitando di scegliere il segretario nel chiuso di un'assemblea post primarie. Su questo tema Valeria Fedeli pensa che sia il caso di rivedere il regolamento, permettendo a chi prende un voto più degli altri alle primarie di diventare segretario, anche senza quel fatidico 51%.
Con Martina si schiererà il capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio. L'ex ministro oggi ha parlato dell'importanza della presenza del quarantenne esponente dem per riportare i giovani al centro del dibattito politico. Ma soprattutto, per Delrio, la presenza di Martina al congresso potrebbe evitare il rischio di trasformare le consultazioni dem in un referendum pro o contro Renzi. Zingaretti sembra sollevato nel vedere finalmente in campo i suoi diretti competitor. "Sono contento che finalmente abbia sciolto la riserva e sono convinto che sarà un bel confronto". Un fair play che lascia il posto all'agonismo congressuale quando a Zingaretti viene chiesto quale sia il suo valore aggiunto rispetto a Minniti.
Il governatore presenta la sfida come un derby fra cambiamento e conservazione tutto interno al partito: "L'Italia si aspetta un cambio di gruppo dirigente. Credo che ci sarà un candidato alla segreteria che raggiungerà il 51% e credo che nel Pd prevarrà la voglia di cambiare". E sul rapporto con il M5s: "Io non credo che oggi ci siano le condizioni per una alleanza con i Cinque Stelle. Dobbiamo però capire perché gli elettori che ci hanno lasciato sono andati nell'astensione e nei Cinque Stelle". Francesco Boccia, al contrario, vuole proprio dialogare con i grillini sulla base di una comunione di ideali: "Io voglio dialogare con il Movimento 5 Stelle. È la forza politica che esprime valori più vicini ai nostri".