Adesso la creatura renziana ha anche un nome: "Italia Viva". Come lo slogan di una campagna elettorale del Partito Democratico, al tempo in cui era segretario Walter Veltroni, e come il titolo di una Leopolda, "Viva l'Italia viva".
Ma soprattutto ci sono i numeri: 25 deputati e 15 senatori, due ministri e un sottosegretario, Ivan Scalfarotto. Matteo Renzi lo annuncia dal bar della Rai, dove da questa stagione si tiene una anteprima di Porta a Porta, e poi nello studio di Bruno Vespa. "Non sarà una operazione politichese o noiosa", aggiunge Renzi: "Io voglio molto bene al popolo del Pd. Per sette anni ho cercato disperatamente, giorno dopo giorno, di dedicare la mia esperienza politica a loro. Dopo di che, le polemiche, le divisioni e i litigi erano la quotidianità. Il partito novecentesco non funziona più. C'è bisogno di una cosa nuova, allegra e divertente".
Parole che arrivano fino al Nazareno e provocano la reazione del coordinatore della segerteria e sottosegretario all'Editoria, Andrea Martella: "Le tante persone che danno anima e l'anima al Pd non meritano di essere trattate come un relitto novecentesco". Non si tratta dell'unica stoccata al Pd. "Ora che me ne sono andato, non avranno più l'alibi di dire che il Pd si è spostato a destra perché ci sono io. Ora il Pd faccia il Pd".
E se a Ravenna il segretario Nicola Zingaretti è accolto sulle note di Bandiera Rossa, è solo una dimostrazione in più che quello non era il suo posto: "Se devono cantare Bandiera Rossa, allora è meglio che tornino Speranza e D'Alema. Non so se sono più intonati di me, sicuramente sono più adatti".
Nonostante questo, Renzi dispensa rassicurazioni al suo ex partito e al Presidente del Consiglio. I gruppi parlamentari non li controllava lui e lo dimostrerebbe, dice, il fatto che "i parlamentari li ho lasciati tutti al Pd". Nicola Zingaretti, poi, "è il mio ex segretario e rimane un amico". Parole che sembrano allontanare la possibilità di un doppio filo tirato dal senatore di Rignano, uno per Italia Viva e uno per i suoi "lasciati a Zingaretti".
E anche sugli amministratori a lui vicini, come il sindaco di Firenze Dario Nardella, l'ex premier sottolinea: "Sindaci e amministratori è bene che restino lì", nel Partito Democratico. A Conte, poi, assicura di non voler "staccare la spina. L'ho attaccata io, figuriamoci se la voglio staccare...Rischio di prendermi la scossa".
Eppure il premier si dice "perplesso" dalla singolare scelta dei tempi di Renzi. "Non credo che Conte sia in ansia", dice Renzi augurando buon lavoro al premier. Rassicurazioni, dunque. Che però non lasciano del tutto "sereni" i destinatari.
Il leone morto, e la "zampata"
"La legislatura durerà fino al 2023" assicura Renzi rispondendo a una domanda, non sulla durata della legislatura, ma del governo. Dal Quirinale si segue da lontano l'evolversi della situazione che, secondo molti osservatori, non darà maggiore stabilità alla maggioranza. Nulla, tuttavia, trapela sul pensiero del Presidente della Repubblica in queste ore.
Al di là di quello che potrà succedere di qui a breve, Matteo Renzi ha voglia di tornare in campo da leader: la prima sfida è a Matteo Salvini che risponde con un messaggio Whatsapp alla richiesta di un confronto televisivo. Il primo di una lunga serie visto che ormai il leader leghista è ormai il bersaglio prediletto: "Mi si è avvicinato pensando che il leone fosse morto e si è preso una zampata", spiega ricostruendo quanto è avvenuto prima della crisi: "Ci ha detto di alzare le terga dalla sedia e andare a Roma a votare, lo abbiamo fatto mandandolo a casa".
E sì, si è trattato di una "operazione di palazzo", almeno per quel che riguarda Salvini, "una operazione Machiavellica", sottolinea Renzi lodando, da fiorentino il fondatore della scienza politica. "Però non mi basta", aggiunge.