C’è poco tempo. La legislatura è agli sgoccioli, i calendari dei lavori parlamentari sono già zeppi, c’è la Manovra da approvare, la legge elettorale, lo ius soli, altre riforme e leggi che proveranno a farsi spazio prima che questo Parlamento e questo governo entrino in quella fase pre elettorale dove anche l’ordinaria amministrazione fatica a trovare spazio. I governatori di Veneto e Lombardia sanno che ottenere da Roma una risposta concreta sulla richiesta di maggiore autonomia certificata dagli elettori nel referendum di ieri è un’impresa ardua, se non disperata. Sì perché, anche ammesso che i negoziati con il governo centrale sulle 23 materie per le quali la Costituzione ammette ampliamenti concordati dell’autonomia delle Regioni filino lisci, dovrà poi essere il Parlamento a ratificarli con voto a maggioranza assoluta. E il tempo, considerata anche la sosta natalizia, è risicatissimo. “Il negoziato si conclude con una intesa con il governo e quindi con la presentazione di un disegno di legge al Parlamento che ratifichi con una legge rinforzata l’intesa raggiunta, dando a Lombardia e Veneto lo status di Regione ad autonomia differenziata”, scrive Libero. “I tempi con cui questo procedimento si concluderà dipenderanno dalla… politica. Tuttavia, tra trattativa e successiva legge, difficilmente si riuscirà a chiudere il processo prima di un anno. Maroni ha però detto che vorrebbe chiudere tutto prima delle Politiche”.
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— Regione Lombardia (@LombardiaOnLine) 23 ottobre 2017
Trattative già avviate con l'Emilia Romagna
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha affidato l’intero pacchetto degli Affari Regionali al sottosegretario Gianclaudio Bressa (Pd), con il quale il 18 ottobre scorso ha incontrato il Palazzo Chigi il governatore Stefano Bonaccini per la firma di una dichiarazione di intenti, un’intesa Stato-regione – spiega il Corriere della Sera - che ha fatto seguito alla risoluzione adottata il 3 ottobre dal consiglio regionale dell’Emilia-Romagna per ottenere forme e condizioni particolari di autonomia. Il passo successivo — sempre con un bel tempismo rivolto ai referendum di Zaia e di Maroni — ci sarà domani (oggi, ndr) quando Bonaccini tornerà a Roma per iniziare la trattiva con il sottosegretario Bressa che ha una delega piena anche perché, nel 2001, fu lui a scrivere il III° comma dell’articolo 116”.
Il nodo vero saranno le tasse
Al momento, dunque, i negoziati più avviati sono quelli con l’Emilia Romagna, regione che il referendum non lo ha fatto, preferendo discutere col governo di Roma semplicemente attivando una revisione appunto già prevista dalla Costituzione. Che faranno ora Veneto e Lombardia, dopo la giornata di oggi dedicata ai festeggiamenti per i risultati e alle dichiarazioni di rito? Dice Luca Zaia al Corriere: “Non dichiariamo guerra e non cerchiamo la rissa a livello nazionale. Incontreremo il presidente del Consiglio Gentiloni - ha spiegato - quando il nostro progetto sarà pronto. Nelle ultime 48 ore ci arrivavano le fatture dal ministero, ma è storia passata. Il Veneto è disponibile al dialogo col governo e a diventare laboratorio dell’autonomia. Vedo con piacere che il referendum che non serviva a nulla ed era inutile, già fa fare delle belle dichiarazioni al governo. Ora al tavolo della trattativa c’è l’istanza del popolo, paradossalmente esce la politica. Ancora il governatore del Veneto: “Noi chiediamo tutte le 23 materie, lo dico subito, e i nove decimi delle tasse”.
Tra oggi e domani arriverà in Giunta la delibera-quadro per avviare, la trattativa con lo Stato. Un testo che dovrà essere approvata dal Consiglio regionale. “Diventerà il nostro contratto che proporremo al Governo”, ha aggiunto Zaia. Da Bressa è subito arrivata una piena apertura al dialogo e alla discussione sulle richieste, disponibilità che peraltro era stata anticipata e comunicata già diverse settimane fa.
I tempi tecnici
Che non sarà un negoziato facile e quindi breve lo dimostrano anche le affermazioni del ministro dell’Agricoltura e vicepremier Maurizio Martina: “Le materie fiscali — e anche altre, come la sicurezza — si legge su Repubblica, “non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto, né con la Lombardia e neanche con l’Emilia Romagna, che ha avviato un’interlocuzione con il governo senza passare da un referendum. Non lo dico io: lo dice la Costituzione, con gli articoli 116 e 117 che indicano chiaramente gli ambiti su cui ci può essere una diversa distribuzione delle competenze”. Per Martina, Zaia e Maroni potranno avviare lo stesso percorso di confronto aperto dal presidente emiliano Bonaccini. Partirà una discussione e, in caso di accordo, questo andrà votato dal Parlamento con una legge. Credo sia giusto discutere con alcune regioni su chi deve gestire determinate materie: ma nell’ambito di una idea federalista equilibrata, cooperativa. E con un referendum consultivo da fare magari a valle del percorso, avendo già lavorato a un testo chiaro”. Insomma, se il tema sono i soldi dei contribuenti, la trattativa con Roma non sarà per niente facile e il rischio che il negoziato non riuscirà ad entrare nel vivo con il governo uscente è più che un sospetto.