Via l'Imu sulla prima casa, bonus di 80 euro, sforbiciata all'Ires. Sono i tre principali interventi messi in campo per la riduzione della pressione fiscale in questa legislatura. Niente di fatto per il taglio dell'Irpef e per l'ipotizzato addio all'Irap. L'annunciato taglio del cuneo fiscale è arrivato in extremis, scatterà dal prossimo anno e sarà selettivo, a favore dei giovani neoassunti.
Le misure a favore del lavoro dipendente
Si chiude così il bilancio della legislatura sul fronte fiscale. Manca all'appello la riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, un caposaldo del programma del governo Renzi. Ma figura il bonus di 80 euro, ovvero il bonus Irpef mensile (che può arrivare fino a 960 l'euro anno) riservato ai lavoratori dipendenti (nella sua versione originale spetta per intero fino ai 24 mila euro lordi annui e in misura ridotta tra i 24 e i 26 mila euro, ma le soglie di reddito sono state ritoccate al rialzo con l'ultima manovra in vigore dal 2018) fatto salvo con il rinnovo del contratto degli statali, che ha avuto il primo via libera a fine anno per i circa 250.000 dipendenti che lavorano nei ministeri, nelle agenzie fiscali e negli enti pubblici non economici.
Quello che, insieme al Jobs Act, viene considerato il fiore all'occhiello, del governo Renzi, è stato oggetto di non poche polemiche da parte di chi avrebbe preferito l'impiego dei 9 miliardi per scopi differenti. Prima ancora attacchi analoghi erano stati rivolti al bonus Letta (poco più di 1,5 miliardi per aumentare nel 2014 le detrazioni Irpef a favore di 15,9 milioni di lavoratori dipendenti, con redditi compresi fino a 55 mila euro lordi annui).
Le misure a favore delle imprese
Quanto alle imprese hanno incassato, invece, la cancellazione del costo del lavoro dalla base imponibile Irap (l'imposta regionale sulle attività produttive in vigore dal 1997) e una riduzione dal 27,5 al 24% dell'Ires, l'imposta sul reddito delle società di capitali (misura inserita nella Legge di Stabilità del 2016, con applicazione dal primo gennaio 2017 che, secondo i calcoli del Governo, riguarda circa 1,2 milioni di imprese). Colpo di freno sull'Iri, l'imposta sul reddito imprenditoriale, introdotta dalla precedente legge di bilancio e rinviata, con l'ultima manovra, al 2018.
Le tasse sulla casa
Una vera e propria rivoluzione si è registrata sul fronte delle tasse sulla casa, uno dei temi caldi del dibattito in questi cinque anni. Tra abolizioni, ripristini e cambi di nome, le imposte sugli immobili sono state al centro della disputa politica. Con la riforma del federalismo fiscale, è stata introdotta l'Imposta municipale unica (Imu) che ha sostituito sia l'Irpef sui redditi fondiari delle seconde case, sia l'Ici, vale a dire l'Imposta comunale sugli immobili, introdotta nel 1992 (in una prima versione come Imposta straordinaria sugli immobili).
Con il decreto Salva-Italia era stato deciso di anticiparne l'entrata in vigore al 2012. Il provvedimento, varato dal Governo Monti, aveva inoltre stabilito che l'Imu venisse reintrodotta anche per la prima abitazione. Il Governo Letta ha dapprima sospeso fino al 31 agosto il pagamento della prima rata dell'imposta e poi lo ha definitivamente cancellato. La legge di stabilità 2014 ha previsto l'abolizione dell'Imu sull'abitazione principale e alcune fattispecie assimilate, nonché della componente della Tares relativa ai servizi indivisibili e ha introdotto un'imposta unica comunale, la Iuc.
L'imposta unica comunale (Iuc)
Le componenti della Iuc sono: l'Imu, di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, non di lusso; e per la componente riferita ai servizi, il tributo per i servizi indivisibili (Tasi), a carico sia del possessore sia dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le abitazioni principali, e la tassa rifiuti (Tari) corrisposta dall'utilizzatore del locale, destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Tale assetto è tuttora in vigore.
Nel 2014 e nel 2015 la Tasi ha colpito le abitazioni principali mentre dal 2016 in poi (in virtù della legge di stabilità 2016) non si applica più alle prime case. E ancora. Tra le novità di rilievo introdotte sul fronte fiscale, le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione degli edifici, il regime forfetario agevolato per i cosiddetti minimi nonché il regime di tassazione agevolata per marchi e brevetti (patent box).
E poi la fatturazione elettronica: obbligatoria per tutta la Pubblica amministrazione a partire dal 31 marzo 2015, è divenuta facoltativa tra i privati dal 1 gennaio 2017 al fine, non solo di semplificare il fisco italiano ma, anche e soprattutto, di aumentare la tracciabilità delle operazioni, e quindi come strumento di lotta all'evasione fiscale dell'Iva e dell'elusione. E sarà obbligatoria per tutti dal 2019. Un cambio di rotta è stato segnato dall'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata.
La 'rivoluzione copernicana' del rapporto tra Fisco e contribuenti
Una "rivoluzione copernicana" nel rapporto tra Fisco e contribuenti, così è stata definita dal governo. Introdotta in via sperimentale, a partire dall'anno 2015, per i redditi prodotti nel 2014, ha registrato negli anni un trend positivo costante: le dichiarazioni trasmesse direttamente dai cittadini, senza l'intervento di intermediari, come indicato recentemente dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, sono passate da 1,4 milioni del 2015 a 2,5 milioni del 2017. Sul fronte della lotta all'evasione fiscale, sono stati messi in campo interventi come la voluntary disclosure, ovvero la collaborazione volontaria in materia fiscale, il ravvedimento operoso, il reverse charge e lo split payment.
A completare la rivoluzione fiscale, l'addio a Equitalia. Dal 1 luglio scorso la società per azioni partecipata da Entrate e Inps non esiste più e ha lasciato il posto all'ente pubblico economico Agenzia delle Entrate-Riscossione, sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'Economia e delle Finanze, che ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, nato con l'obiettivo di migliorare l'attività di riscossione nazionale. Di fatto attività, servizi e sportelli sono rimasti immutati.
La web tax
Ultimo atto della legislatura l'attesa web tax, già introdotta dal Governo Letta con la Legge di Stabilità del 2013, poi stralciata l'anno successivo da Matteo Renzi con uno dei decreti salva-Roma. Operazione rimasta incompiuta fino a pochi mesi fa, quando nella manovrina di primavera si è compiuto il primo passo con la norma-ponte, promossa dal presidente della Commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd). Il traguardo finale è stato raggiunto nella legge di bilancio 2018: in attesa di una soluzione a livello europeo, l'Italia si è portata avanti introducendo un prelievo fiscale per i big della Rete, che scatterà dal 2019. L'imposta sarà del 3% e si applicherà solo ai soggetti che effettuano oltre tremila transazioni digitali in un anno. Nonostante le intenzioni iniziali, non sarà estesa all'e-commerce.