La giustizia rischia di far saltare il banco. Tra Pd e M5s è guerra di ultimatum, con Luigi Di Maio che blinda l'entrata in vigore dal 1 gennaio della riforma della prescrizione senza concedere nulla agli alleati e il Pd che avverte: la situazione è grave, basta provocazioni o si può anche tornare al voto. Contro lo stop alla decorrenza della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o condanna, si schierano anche i renziani, che non escludono di appoggiare la proposta di Forza Italia all'esame della commissione Giustizia di Montecitorio, che mira proprio ad abrogare la riforma Bonafede.
Tra i 'litiganti' interviene il premier in persona, che tenta di stemperare i toni e rasserenare il clima. "Troveremo una soluzione", afferma Giuseppe Conte, impegnato a Londra per il vertice Nato. "Stiamo lavorando in questi giorni, ci sono posizioni politiche che ciascuno tiene a rimarcare, ma c'è un tavolo e stiamo trovando una soluzione tecnica" per "contemperare due esigenze: che un processo si concluda con una condanna o una assoluzione e non con l'estinzione e che si concluda in tempi ragionevoli".
Ma la soluzione è tutt'altro che vicina dall'essere trovata. Il clima tra alleati di governo resta tesissimo e a gettare altra benzina sul fuoco ci pensa Alessandro Di Battista, che si schiera senza tentennamenti al fianco del leader pentastellato. E mette in guardia dem e renziani: "Se il Pd, con Salvini, Meloni, Berlusconi e Renzi dovesse bloccarla se ne assumerà la responsabilita'".
I dem, però, non si lasciano intimidire, per nulla intenzionati a cedere: "Le provocazioni di Di Maio e Di Battista sono incomprensibili e dannose. Sono degli irresponsabili", è il tenore del contrattacco Pd.
Le opposizioni solleticano i democratici
Contro l'entrata in vigore della riforma Bonafede si schierano anche le opposizioni, con Forza Italia che 'solletica' i dem (no alle "lacrime di coccodrillo") affinché sostengano il testo a prima firma Costa. Gli azzurri, che ieri hanno incontrato il presidente della Camera, hanno chiesto a Fico di calendarizzare per l'Aula la loro proposta di legge prima dell'entrata in vigore della nuova prescrizione.
Difficile, tuttavia, che ciò avvenga, visto il calendario fitto da qui a fine anno, tra manovra, decreto fiscale e altri decreti in scadenza. Che la tensione interna alla maggioranza sia arrivata oltre i livelli di guardia, rischiando di avere ricadute sulla tenuta stessa del governo, è chiaro sin dalla mattinata. "La nostra riforma dal 1 gennaio diventa legge, su questo non discutiamo", sentenzia un lapidario di Maio dai microfoni del Gr1. Intanto, Matteo Renzi, in un'intervista, ribadisce: "Ci sono due alternative, la prima è che la nuova maggioranza trovi una soluzione. E sarebbe meglio. Se non ci sarà accordo, voteremo il testo di Enrico Costa".
"Se il tema è prescrizione o morte, allora morte sia"
E il capogruppo Iv al Senato, Davide Faraone, rincara la dose: "Se il tema è prescrizione o morte, allora morte sia". Al che Di Maio insiste: "Sulla prescrizione credo sia opportuno mettere le cose in chiaro. La nostra riforma dal primo gennaio diventa legge. Su questo non discutiamo", scrive su Facebook. Non si fa attendere la controreplica dem che si trasforma ben presto in un fuoco di fila contro Di Maio: "Il Pd non cerca e non vuole lo scontro e la rottura sulla giustizia, ma la pazienza non è infinita", è l'avvertimento lanciato dal capogruppo in commissione Giustizia Alfredo Bazoli, a cui segue a stretto giro l'aut aut del capogruppo Andrea Marcucci: "Di Maio forse non ha capito la gravita' della situazione. Non faremo passi indietro. Consiglio al capo del M5s di smetterla con le provocazioni".
E su twitter la sottosegretaria dem Alessia Morani osserva: "Ho l'impressione che sulla prescrizione si stia tirando troppo la corda". Per Walter Verini "i toni ultimativi e ai limiti dell'arroganza politica che usa Di Maio sono inaccettabili". Anche Leu chiede a M5s di trovare una soluzione, con Federico Conte che invita a mettere fine agli ultimatum e a rinviare l'entrata in vigore della riforma.