Aggiornato il 17 settembre 2018 alle ore 18:00 (In una precedente versione di questo articolo vi erano alcuni errori e imprecisioni).
Il 14 settembre è entrato in vigore il decreto legislativo 104, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 10 agosto, che modifica le norme sul possesso di un’arma e dei relativi permessi. Nell’emanare il decreto, il governo italiano ha dato attuazione alla direttiva europea 853/2017, (che modifica la precedente direttiva Ue 477/1991) diventando uno dei primi paesi a farlo.
I punti chiave
- aumento da 6 a 12 delle armi sportive detenibili.
- aumento a 10 per le armi lunghe e a 20 per le armi corte, dei colpi consentiti nei caricatori (oggi limitati rispettivamente a 5 e 15).
- riduzione della durata della licenza di porto d'armi per la caccia/uso sportivo da 6 a 5 anni.
- invio della denuncia di detenzione a Carabinieri o alla Questura anche tramite mail, da un portale certificato.
- nessun obbligo ad avvisare i propri conviventi del possesso di armi.
- introduzione della categoria di "tiratori sportivi" di cui faranno parte gli iscritti ad un poligono affiliato CONI o a una Federazione sportiva.
- retroattività al 13 giugno 2017 dell’obbligo di essere tiratori sportivi per poter detenere le armi di categoria A6 (demilitarizzate) e A7 (armi a percussione centrale con caricatore superiore a dieci colpi per arma lunga e venti per arma corta).
Spiega Andrea Favaro, delegato dell'associazione Comitato Direttiva 477: "Il Decreto introduce di fatto una ulteriore prescrizione (ovvero essere iscritti ad un poligono affiliato CONI o a una Federazione sportiva) per possedere carabine semiautomatiche di aspetto militare (che nulla hanno a che vedere con i fucili d'assalto in dotazione alle forze armate, se non l'aspetto esteriore). Queste armi, prima del decreto, potevano essere possedute senza alcun balzello, si tratta quindi di una restrizione ulteriore, non di una liberalizzazione. Di un ulteriore aggravio burocratico ed economico per chi detiene legalmente tali armi".
Ma secondo alcuni critici di questo decreto legislativo, però, il governo ha sì attuato una direttiva europea, ma lo ha fatto nella maniera più ampia possibile. "Mi sembra evidente - ha dichiarato a Repubblica, Piergiulio Biatta presidente dell'osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia - che, più che alle esigenze di sicurezza pubblica ma anche alle reali necessità dei veri sportivi, le modifiche introdotte rispondano alle pressioni della lobby delle armi. L'impressione è che il M5s abbia dato carta bianca alla Lega e che Salvini abbia così cominciato a dar corso a quel patto d'onore".
Quante armi ci sono nei Paesi del mondo e in Italia
Tra i 4 e i 10 milioni di armi da fuoco. Questo il numero più accreditato di armi in Italia secondo lo Small Arms Survey, un rapporto che, pur risalendo ben a dieci anni fa, resta il più accurato studio di settore, come cita anche il New York Times. Talmente tanto tempo che, dovendo fare riferimento a numeri così datati, viene da pensare che la vera notizia sia l’assenza di certezze e di studi recenti sul numero di armi in Italia.
Nel report americano, esce il ritratto dell'Italia come di un pesce piccolo, soprattutto se paragonato alle 270 milioni di armi da fuoco diffuse sul territorio americano. Negli Stati Uniti, infatti, già nel 2007 circolavano circa 90 armi ogni 100 persone, più che in Yemen (55%), Svizzera (46%) e Finlandia (45%). Il numero di armi personali possedute negli Usa non ha eguale nel resto del mondo, e si basa su un tessuto sociale che vede il diritto di possedere una pistola scritto nero su bianco sulla Costituzione a stelle e strisce.
Eppure, pur distanziandosi dagli Usa per numero di armi da fuoco detenute, secondo i dati delle Nazioni Unite l’Italia li segue con il triste primato di essere il primo paese del G8 per numero di omicidi commessi con arma da fuoco.
“Dati di questo tipo dovrebbero portare a monitorare il numero di armi presenti in Italia. Invece, viviamo in un paese in cui è possibile sapere quanti cellulari o automobili possiedono gli italiani, ma non quante armi da fuoco ci siano nelle loro case”. Giorgio Beretta è analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL). Beretta e Opal hanno ripetutamente posto all’attenzione la necessità di un’informazione ufficiale e pubblica riguardo la diffusione di armi legalmente detenute in Italia. “Non dovrebbe essere un problema, considerato che il Viminale è in possesso dei dati: per legge, infatti, ogni arma da fuoco deve essere denunciata entro 72 ore”, continua Beretta.
Un giro d’affari di 100 milioni di euro
In Italia, ci sono 1.300 punti vendita al dettaglio di armi e munizioni, ai quali si aggiungono più di 400 associazioni sportive dilettantistiche e tiri a volo. “Un sistema che, complessivamente, produce un volume di affari pari a 100 milioni di euro”. A dirlo l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili (ANPAM) che ha sottolineato anche come la vendita sia più o meno uniforme in tutto il territorio, con picchi del 31% degli acquisti al sud e livelli di vendita che non vanno al di sotto del 20% nelle regioni.
Gli italiani hanno paura
Ma chi sono gli italiani che nascondono nel loro cassetto una pistola? Il 14% di chi ha un'arma da fuoco la ha per difesa personale. A dirlo un report della Commissione Europea di quattro anni fa, l’ultima indagine internazionale ad essersi posta questa domanda. Le disparità nei territori europei sono accentuate, e mentre in Svezia lo zero per cento di chi detiene un’arma adduce come motivo la difesa personale, in Italia questa risposta è data dall’8% mentre in Repubblica Ceca e Lettonia dal 44% di chi ha una licenza. Tanto che, in media, il 37% degli intervistati ha indicato come “alto” il livello di crimini correlati all’uso di armi da fuoco. E la percentuale più alta è proprio quella degli italiani (76%).
I grafici e le tabelle sono di Formicablu