Nicola Zingaretti disegna il Partito democratico che verrà: il lavoro della Commissione di riforma dello statuto è pressoché finito ed è stato un lavoro improntato a "grande collegialità", come viene sottolineato da chi in quella commissione siede. Un lavoro sul quale l'assemblea dem voterà a novembre, in un appuntamento ad hoc. Stop all'automatismo segretario-candidato premier e nuova piattaforma per la consultazione della base, ma sul tavolo rimangono delle incognite, come l'alleanza con il Movimento 5 Stelle, che il segretario affronta nella sua relazione.
Zingaretti si dice infastidito dalle ricostruzioni seguite alle sue parole sulla alleanza con il Movimento, da rendere più stabile. "Nessuno venga a spiegare a me le differenze fra Pd e M5s, le consideravo tanto rilevanti da avere avuto perplessità sulla nascita di questa esperienza di governo", sottolinea il leader dem davanti alla direzione nazionale.
E tuttavia, non si può rimanere fermi a contemplare le reciproche diffidenze lasciando il campo libero alle destre: "Insieme queste due forze rappresentano il 40 per cento dell'elettorato italiano. Occorre verificare se nell'azione dei prossimi mesi riusciamo a superare diffidenze e conflitti" senza aver timore che questo comporti "uno snaturamento del Pd. La nostra identità è nell'idea di Paese".
Una "verifica" tanto più importante in quanto è necessario, per il segretario, scongiurare il rischio di un ritorno a un sistema proporzionale puro, "senza soglia o con soglia molto bassa": Matteo Salvini vuole con forza il maggioritario e anche Zingaretti è dello stesso avviso, dato che si tratta dell'unico sistema in grado di garantire stabilità al Paese. Perché si possa percorrere senza tentennamenti la battaglia per il maggioritario, dunque, è importante creare un sistema di alleanze tale da produrre un largo - e quindi forte - polo progressista e riformista.
Il primo impegno, però, rimane quello sui correttivi da apportare alla carta Costituzionale e ai regolamenti parlamentari, così come scritto nero su bianco nel programma di governo, all'indomani del taglio dei parlamentari. Una misura che Zingaretti rivendica per il Pd, ma sulla quale è ancora alta l'attenzione dei dem.
Il timore è che gli alleati M5s, appagati dall'aver portato a casa l'obiettivo, non mantengano gli impegni: "Con fastidio ho percepito strane analisi sviluppate all'indomani del voto sul taglio dei parlamentari: quel vuoto era la precondizione stessa per dare vita al governo", dice Zingaretti: "La riduzione dei parlamentari è stato da anni un tema del Partito Democratico. Dobbiamo procedere ora con correttivi costituzionali e regolamentari".
Mentre lavora ad alleanze e legge elettorale, il leader dem porta a casa una riforma del partito a cui si accompagnerà anche una revisione complessiva del gruppo dirigente. A partire dalla segreteria. Dal congresso ad oggi molte cose sono cambiate, dalla nascita del governo con Pd e M5s alla scissione renziana.
Il quadro congressuale che lo ha portato alla segreteria è ormai superato, tanto che lo stesso segretario sottolinea come non abbia più senso, oggi, parlare di maggioranza e minoranza all'interno del Pd. Ecco, allora, l'idea: "Dobbiamo aprire una nuova stagione e superare gli attuali assetti, nuovi gruppi dirigenti e una nuova segreteria che mi auguro unitaria".