Su una cosa tutti i retroscenisti sono d'accordo: è il Pd la prima scelta del Movimento 5 Stelle come possibile partner di governo. Una scelta che arriva dalla logica dei numeri: il centrodestra ha tenuto e a Di Maio sembra pertanto andata la stragrande maggioranza dei voti in uscita dal Pd. L'atteggiamento attendista di Sergio Mattarella sembra provenire da questa consapevolezza: dovranno essere i partiti a trovare la quadra per la formazione di un esecutivo, senza che il Quirinale giochi, almeno nelle prime fasi, un ruolo di guida attiva. E l'unico ostacolo verso questo scenario è Matteo Renzi, il segretario dimissionario che congela le dimissioni almeno fino alla formazione di un governo, con l'obiettivo manifesto di impedire tale "inciucio". Un atteggiamento che, però, non fa che esacerbare l'insofferenza di quello che, all'interno del Pd, viene chiamato il "partito di Mattarella", i pontieri consci che - se il Nazareno non sarà disponibile - lascerà al Movimento, come sola alternativa, tentare un'alleanza anti-establishment con Matteo Salvini. Pontieri tra i quali figurano, in prima linea, Dario Franceschini, Graziano Delrio e, ormai, lo stesso presidente del Consiglio uscente, Paolo Gentiloni.
"Arrabbiato, deluso e sorpreso". Il Day After di Gentiloni
La Repubblica parla di un Gentiloni "arrabbiato", "deluso" e "sorpreso" dopo una breve telefonata con Renzi. "Mi ha dato dell'inciucista. Lui a me! Un'accusa spudorata. Sa bene che qui nessuno pensa a fare accordi con nessuno", avrebbe sbottato in privato l'ex ministro degli Esteri, che il quotidiano di Largo Fochetti definisce "sconvolto per il discorso di Renzi, per la ricostruzione della sconfitta e soprattutto per le dimissioni finte". "Conoscendolo ha capito che non si fermerà, che travolgerà tutto, compreso il loro sodalizio", aggiunge Repubblica, "ma adesso deve prendere una decisione: se essere davvero in campo per convincere Renzi a farsi da parte". E la fronda interna ormai valica ben oltre i confini della corrente orlandiana, nella cui chat qualcuno scrive che il segretario "è matto". Lo dimostra lo sfogo di Luigi Zanda, affidato a una nota: "Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno".
"Un partito fantasma con obiettivi assai concreti"
"Dentro il Partito democratico - questa è la certezza di Matteo Renzi - è nato un nuovo partito: il partito di Sergio Mattarella", scrive La Stampa, "è nato alle prime luci dell’alba del 5 marzo ed ha registrato subito due iscritti d’eccellenza: Paolo Gentiloni e Dario Franceschini. Primo punto del programma di questo partito, sarebbe lavorare al varo di un governo che veda assieme Movimento Cinque Stelle e Pd. Il secondo punto del programma è solo la logica conseguenza del primo: isolare e dare scacco matto al segretario in difficoltà. Un partito-fantasma, dunque. Ma con obiettivi assai concreti".
"Il capo dello Stato, alla luce dei risultati, non esclude la possibilità di un governo del Movimento Cinque Stelle. Ma come elemento di garanzia (verso i mercati, Bruxelles e i grandi investitori) vorrebbe che di quell’esecutivo facessero parte anche ministri del Pd", sottolinea il quotidiano torinese, "un rospo difficile da ingoiare per un segretario che aveva chiuso la sua campagna elettorale con due slogan fatti più o meno così: mai al governo con estremisti e populisti".
"Paolo Gentiloni e Dario Franceschini sono stati i primi a valutare legittime le preoccupazioni e le intenzioni del Capo dello Stato. Ma a loro si sono rapidamente accodate altre personalità di primo piano. Per esempio Del Rio e altri esponenti dell’ala cattolica del Pd che - al di là dell’opportunità di stare in un governo a trazione Cinque Stelle - non hanno apprezzato affatto toni e contenuti delle comunicazioni svolte ieri dal segretario", aggiunge La Stampa, ".se le cose in casa democratica si mettessero per il peggio, quel folto drappello - in fondo - è lì pronto per due diversi utilizzi. Il primo: costituire una «opposizione di blocco» capace di ostacolare la nascita di qualunque governo. Il secondo: rappresentare il nucleo fondante di una nuova formazione politica".