Il Partito democratico scende in piazza a Roma per rilanciare il suo ruolo di maggiore forza di opposizione e per contrastare i provvedimenti annunciati dal governo.
Una manifestazione che, nelle speranze del segretario Maurizio Martina e degli altri esponenti Pd, dovrebbe ripetere il successo di quella di Milano del 29 agosto quando a mobilitarsi furono i dem ma anche le altre forze anti razziste che si oppongono alle politiche del ministero dell'Interno guidato da Matteo Salvini.
Tutti insieme, compatibilmente
Per raggiungere lo scopo arriveranno da tutta Italia 200 pullman e 6 treni. Al momento hanno dato la loro adesione tutti i big del partito, compresi Matteo Renzi e Nicola Zingaretti. Sul palco si alterneranno, però, soprattutto esponenti della società civile: aprirà il presidente del municipio val Polcevera di Genova, Federico Romeo, si proseguirà con i Giovani Democratici impegnati in iniziative sociali sui territori. E, ancora: una insegnante, una madre interverrà sui vaccini, esperienze dell'associazionismo antimafia, sindaci sui tagli ai fondi per le periferie, lavoratori dell'Ilva. A concludere la manifestazione sarà il segretario.
Renzi dice: guardiamo avanti
L’ex segretario Matteo Renzi dalle colonne del Corriere della Sera si dice pronto a lanciare “una battaglia di resistenza civile da combattere a ogni livello”. Poi sui social invita a guardare al futuro nonostante le sconfitte del passato: “I rigori si possono sbagliare, e anche a me è capitato nel calcio come in politica. Ma devi sempre avere la forza di andare sul dischetto: altrimenti meglio cambiare mestiere".
Ma le divisioni restano
Al di là degli appelli, tuttavia, è un Partito democratico quanto mai diviso quello che si dà appuntamento a Roma. Divisioni che riguardano il prossimo congresso, ma non solo. La scelta di Matteo Renzi di sottoscrivere il manifesto "Risvegliamo l'Europa" assieme al presidente di En Marche, Christophe Castaner, dal primo ministro di Malta Joseph Muscat, dal capogruppo dei liberaldemocratici di Alde al Parlamento Europeo Guy Verhofstad e dal presidente spagnolo di Ciudadanos, Albert Rivera. Una compagine a forte trazione liberal che apre una discussione accesa nel Partito Democratico.
Per l'ex guardasigilli Andrea Orlando è la prima mossa di Renzi in direzione di un addio al Pse, il partito dei socialisti europei nel quale lo stesso Renzi scelse di collocare il Partito Democratico, una delle sue prime mosse da neo segretario del Pd. "Il prossimo congresso sarà tra chi vuole restare nel partito Partito Socialista Europeo, allargandolo, e chi vuole andare con i liberali dell'Alde, spesso all'opposizione dei pochi governi socialisti rimasti in Europa", scrive Orlando sui social.
Il rebus del congresso
Tensioni che si aggiungono a quelle relative al congresso che sta per aprirsi. C'è una data indicativa per le primarie, domenica 27 gennaio; c'è la data del Forum nazionale che dovrebbe rappresentare anche l'avvio ufficiale del congresso, dal 26 al 28 ottobre; ci sono i temi. Quello che manca sono ancora i candidati. In campo, al momento, c'è solo Nicola Zingaretti, con i renziani alla ricerca di un nome in grado di competere ad armi pari, se non per vincere, almeno per limitare la portata della sconfitta.
“Il candidato arriverà con il Congresso” assicura Renzi confermando che lui non si candiderà perché la sua volontà è quella “di dare una mano contro questa cultura dello sfascio che Lega e 5stelle rappresentano”. Di certo, però, l’ex premier non giudica Zingaretti all'altezza del compito. Il sospetto di Renzi è che il governatore e la compagine larga che lo appoggia intendano arrivare ad un accordo con il Movimento 5 Stelle. Ipotesi duramente smentita dallo stesso Zingaretti e, nelle ultime ore, anche dal segretario Martina.
Al di là del Pd
In piazza domani ci sarà anche Carlo Calenda che in una intervista al Messaggero dice di non “capire” più Renzi e propone di andare oltre il Pd: “Il partito va superato. Deve partecipare alla costruzione di un fronte progressista molto ampio in vista delle elezioni europee. A capo di questo fronte deve esserci Paolo Gentiloni", "una persona seria" e di "grande autorevolezza in Italia e all'estero", afferma l’ex ministro dello Sviluppo economico.
Le intenzioni di Martina
Martina ha davanti a sé meno di un mese di permanenza al Nazareno. Fonti a lui vicine sottolineano che la data buona per l'addio rimane il Forum nazionale, e lui conferma la volontà di rispettare lo statuto del partito, dimettendosi alla convocazione del congresso e mettendo a disposizione del partito la sua esperienza per dare una mano a ripartire: "Sono consapevole che siamo in una fase in cui le attese verso il governo sono ancora alte e non sottovaluto il fatto che a 100 giorni dall'inizio di questo governo non hai ancora lo spazio per esplicitare la tua alternativa. Ma non esiste l'alternativa senza il Partito Democratico. Anche cambiando le persone, faremo un congresso, io mi dimetterò certamente, lo abbiamo detto all'assemblea di luglio. Il congresso lo facciamo prima delle europee, le primarie l'ultima domenica di gennaio. Una mia candidatura? Io darò una mano".