Quattromila persone sabato, tremila venerdì, altre 1.600 per la cena a sostegno di Stefano Bonaccini sabato sera. "E questo è solo l'inizio, ne vedremo delle belle", promette un raggiante Nicola Zingaretti.
La tre giorni di assemblea aperta del Partito Democratico registra numeri inaspettati anche per i più ottimisti fra gli organizzatori e il leader dem approfitta della 'vetrina' per lanciare un segnale al governo e agli alleati della maggioranza: "Si va avanti governando bene, non stiamo lì a occupare le poltrone".
E a chi paventa che sia il Pd a lavorare per il voto anticipato, risponde netto: "Noi non abbiamo alcuna tentazione di andare a votare, forse siamo la forza che con maggior determinazione chiede di sostenere le scelte che si fanno insieme. Ma è importante motivare l'esistenza del governo tutti i giorni, con il buon governo".
Il messaggio è diretto a Matteo Renzi, che nelle stesse ore tiene la contro-assemblea di Italia Viva a Torino e che ha posto come condizione per il proseguimento dell'esperienza di governo "l'abbassamento delle tasse e la riapertura dei cantieri". E anche Debora Serracchiani segnala la difficoltà di "governare con chi vuole distruggerci". Ma Renzi non è l'unico problema interno alla maggioranza per i dem.
Le elezioni in Emilia Romagna sono lo spartiacque per il futuro del governo e dell'Italia: per vincere, Zingaretti e tutto lo stato maggiore del Pd sono convinti che occorra non scendere sullo stesso campo di Salvini, non 'personificare' la sfida, ma concentrarsi sui temi locali, valorizzando al massimo l'esperienza di governo del Pd nella regione. "Il voto in Emilia Romagna peserà, prima di tutto, sui cittadini di questa regione. Qui c'è una eccellente esperienza di governo e soprattutto c'è la volontà degli emiliano romagnoli di non farsi usare per i giochi di potere che si giocano nei palazzi di Roma. Dietro l'impostazione di Salvini, non c'è l'interesse della regione ma degli esponenti leghisti", sottolinea il leader dem.
Ecco quindi la necessità di creare "alleanze larghe" per allontanare quella che David Sassoli chiama "una deriva nazionalista" alla quale "tutta Europa guarda con preoccupazione e che soltanto l'Italia sembra non vedere". Il Movimento 5 Stelle ha detto già 'No' all'alleanza in Emilia Romagna, ma ci sono altre partite da giocare da qui alla fine della legislatura. E alle politiche, per fermare quell'onda di destra, occorrerà dialogare, più e meglio di quanto fatto fin qui.
Il nuovo statuto
È anche per questo che il Pd si è dotato di un nuovo statuto che, tra le altre cose, prevede la fine dell'automatismo segretario-candidato premier. Non è che il leader del partito non potrà essere candidato a Palazzo Chigi, ma non sarà più una scelta obbligata. In altre parole, se ci sarà modo di dare vita a quella coalizione di centro sinistra auspicata dai dem, si potrà scegliere come procedere per la scelta del candidato premier, non escluse le primarie di coalizione.
Assieme a questa strada, Zingaretti è deciso a percorrerne un'altra, parallela: quella del dialogo con le forze civiche e dei territori, secondo una declinazione della 'questione morale' che vede il partito mettersi al servizio di quelle realtà senza occuparne gli spazi. Particolarmente importante, da questo punto di vista, quanto vista a Bologna con la manifestazione delle Sardine a cui Zingaretti rivolge un "grazie da italiano" perché "ho grande rispetto per questa grande forza civica e non ho mai avuto dubbi sul fatto che un partito che si rinnova, si apre, deve rispettare la ricchezza che in Italia c'è".