Economista di classe, allievo del Nobel Franco Modigliani e collaboratore di Guido Carli, Paolo Savona è stato un uomo di primo piano delle istituzioni nella Prima, nella Seconda e ora anche nella Terza Repubblica. Negli ultimi tempi qualcuno è arrivato a etichettarlo - a torto, come lui stesso sostiene - un euroscettico, anti-tedesco, anti-Maastricht, anti-euro. Fama che potrebbe essergli costato il posto di ministro dell'Economia nell'attuale governo. Proposto dalla maggioranza giallo-verde, sul suo nome sarebbero sorte perplessità da parte del capo dello Stato Sergio Mattarella, tanto che alla fine, per uscire dall'impasse, per Savona fu ritagliato l'incarico di ministro degli Affari europei.
Ora Savona sta per approdare alla presidenza della Consob, diventando così l'arbitro del mercato azionario italiano e dimostrando ancora una volta di essere capace di attraversare incolume i 'fuochi' di tre Repubbliche italiane di fila, tra mille polemiche e sempre sotto la luce dei riflettori. L'ultima polemica riguarda proprio l'incarico alla guida della Consob a cui è stato designato oggi dal Consiglio dei ministri. Incarico che, a detta del Pd, sarebbe incompatibile per due motivi. In primo luogo perché Savona, provenendo direttamente da una carica politica come il ministero per gli Affari europei, non sarebbe indipendente e non garantirebbe la 'piena autonomia' della Commissione, prevista dalla legge che la istituisce.
In secondo luogo, per i legami del ministro con il Fondo di investimento lussemburghese Euklid, dalla cui presidenza si è dimesso ma del quale, secondo l'opposizione, non è chiaro se sia ancora azionista. Euklid è un fondo hedge fintech, con base a Londra, il primo che coniuga blockchain e intelligenza artificiale, autorizzato dalla Consob londinese. "I nostri algoritmi utilizzano la bioinformatica, la nuova scienza che unisce matematica, fisica e biologia. Ci permettono di cogliere in anticipo i trend di mercato", ha spiegato Antonio Simeone, amministratore delegato e direttore del fondo, nonché ex allievo di Savona.
Un curriculum impeccabile
Insomma, Savona è un personaggio che non passa inosservato e di cui si continua a discutere. L'uomo, 82 anni, ha un curriculum impeccabile di economista, specializzato al Mit di Boston, tra i fondatori della Luiss, direttore del Servizio studi della Banca d'Italia, direttore generale della Confindustria, ministro delle Partecipazioni statali nel governo Ciampi tra il 1993 e il 1994, a capo delle Politiche comunitarie nel 2005-06 con il governo Berlusconi, responsabile della stesura del Programma per l'Occupazione che l'Italia redasse nel 2005 per la Ue, presidente della Fondazione Ugo La Malfa e vice presidente vicario dell'Aspen Institute Italia. Ma anche amministratore delegato della Bnl e vice presidente di Capitalia.
Savona sembra quindi avere il 'passepartout' delle stanze del potere economico italiano. E anche adesso, diventato l'economista preferito di sovranisti ed euroscettici, conserva questa capacità di entrare nelle stanze dei bottoni, di attirare l'attenzione su di sè, di avere legami importanti. Lo dimostra la presenza del ministro tra i dirigenti di Asimmetrie, centro studi che ha conquistato postazioni di rilievo dopo la svolta politica del 4 marzo.
Presidente, nonché principale animatore dell'associazione, è il leghista Alberto Bagnai, che ora guida la commissione Bilancio. Il vice di Bagnai è Marcello Foa, il giornalista voluto da Matteo Salvini alla presidenza della Rai. Uno degli argomenti forti del centro studi è che sono i trattati europei a impedire la crescita dell'Italia, sono i vincoli imposti dai poteri forti continentali, cioè la Germania, a ingabbiare il potenziale industriale del nostro Paese.
Cosa pensa davvero dell'Europa e dell'euro
Savona concorda con questi argomenti ma ci tiene allo stesso tempo a respingere l'etichetta di euroscettico. E lo fa a modo suo, spiegando a chi chiede "più Europa" che l'Europa, così com'è congegnata oggi, non va. "Passo per uno dei pochi economisti istituzionali anti-europeisti ma non è cosi'", ha precisato in un'intervista a 'Libero'. "Io sarei per l'Europa unita, per questo non posso che dire peste e corna di quello che vedo a Bruxelles. Le difficoltà dell'Ue sono colpa delle elite che la guidano: dicono di interessarsi del popolo ma si occupano solo di loro stesse e non ammetteranno mai il fallimento dell'Europa perché significherebbe autocondannarsi. E questo acuisce i problemi. La mancanza di diagnosi comporta l'assenza di terapia. Le elite italiane hanno voluto questa Europa, sbagliando. Si prendano la colpa o qualcuno gliela attribuisca".
Per l'euro prefigura uno smantellamento ordinato: "Ha portato più svantaggi che vantaggi a tutto il Continente". E ancora, come scrive nel 2010 sul 'Foglio', facendo ancora oggi venire i sudori freddi a Bruxelles e a Francoforte: "Anche se si fa finta che il problema non esista, il cappio europeo si va stringendo attorno al collo dell'Italia. È giunto il momento di comprendere che cosa stia effettivamente succedendo nella revisione del Trattato di cui si parla e nella realtà delle cose europee, prendendo le necessarie decisioni; compresa quella di esaminare l'opportunità di restare o meno nell'Unione o nella sola euro area".
50 miliardi per ripartire
Il ministro Savona, come ha spiegato più volte in tv e nelle interviste ai giornali, è convinto che l'Italia, toltisi di dosso i vincoli europei, sia in grado di riprendere a correre, ma sostiene anche che la soglia minima di crescita da raggiungere per dare una svolta all'economia nazionale, non possa essere intorno all'1%, ma debba essere non inferiore al 3 per cento, cioè più meno al livello del tasso di crescita toccato dall'Italia nel 2000, quando era cresciuta del 2,9%. Ma come fare? La risposta di Savona è secca: si pompano 50 miliardi di nuovi investimenti nel motore del Pil, che così sarà in grado di ripartire a tutta velocità. È questa, secondo Savona, la somma da mettere in gioco: 50 miliardi di euro.
Una cifra astronomica? Non tanto da scoraggiare Savona. "I soldi ci sono", assicura, spiegando che l'Italia ha un surplus di bilancia di pagamenti che si aggira proprio attorno a 50 miliardi. Tutto denaro che, secondo questa interpretazione, sarebbe "risparmio in eccesso degli italiani" e va rimesso in circolo al piu' presto. Solo così l'Italia potrà ripartire e marciare alla stessa velocità del 2000, quando la crescita del Pil toccò il 2,9%, un risultato mai piu' raggiunto da allora, ma a cui il ministro Savona e' convinto che si possa tornare.