AGI - La tregua nel Partito Democratico, incassata solo una settimana fa con il voto sulle risoluzioni riguardanti il ReArm, potrebbe essere messa presto alla prova. Il Movimento 5 Stelle ha depositato una sua mozione sul piano di riarmo europeo e chiederà, domani nella capogruppo della Camera, di calendarizzarla il prima possibile. Lo stesso avverrà al Senato. Giuseppe Conte spiega che l'iniziativa mira a restituire la parola al Parlamento su un tema che tocca da vicino le famiglie italiane: "Il Parlamento deve votare, non possono portarci a una economia di guerra senza che si esprima", spiega Conte davanti Palazzo Montecitorio, affiancato dai capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Ricciardi e Stefano Patuanelli.
"Ci chiedono di riempire le nostre case con le scorte alimentari, di fare scorta di farmaci, ma le famiglie non riescono nemmeno a riempire il carrello della spesa. Vogliamo che si aiutino famiglie e imprese". La chiosa di Conte è nettissima: "No al piano di riarmo". Così, senza se e senza ma. La stessa nettezza si ritroverà nel testo della mozione. Un modo per segnare la distanza dal PD, è la lettura che arriva da fonti di centrosinistra. E magari mostrare in Aula l'esistenza di due opposizioni ben distinte, una formata da M5S-AVS e l'altra da PD, Italia Viva, Azione e Più Europa.
La mozione del Movimento 5 Stelle
"Non si capisce perché presentare la mozione oggi, a una settimana dal voto sulle risoluzioni. Forse vogliono promuovere la manifestazione del 5 aprile". Manifestazione, quella dei Cinque Stelle, alla quale i dem non sembrano intenzionati a partecipare. A scandagliare fonti parlamentari, nessuna indicazione è arrivata dalla segretaria e, tra impegni in famiglia e appuntamenti nei rispettivi collegi elettorali, nessuno dei dem sembra aver cerchiato in rosso la data del 5 aprile.
Per un altro dem, la mossa di Conte potrebbe essere "un tentativo di metterci in difficoltà". Se non che, anche gli alleati rosso-verdi annunciano con Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni una loro mozione sul riarmo europeo: "Accogliamo positivamente la mozione del Movimento 5 Stelle sul piano di riarmo di Ursula Von der Leyen. Anche noi come AVS depositeremo un nostro testo", dicono i due alleati.
La risposta del Pd
In casa dem ci si prepara a ripresentare pari pari il testo votato una settimana fa in occasione delle comunicazioni della presidente del Consiglio che ha ottenuto l'effetto di ricompattare il partito con le due formule di "radicale revisione" del piano Von der Leyen e di "avvio di un percorso" verso la difesa comune europea, che è l'obiettivo finale a cui punta Schlein. In questo modo, spiega il dem Peppe Provenzano, "ognuno voterà le proprie mozioni", replicando lo schema di sette giorni fa. In occasione delle comunicazioni di Meloni, tuttavia, il PD si era astenuto sulle mozioni delle altre opposizioni. Riuscirà a farlo anche questa volta? "Vedremo quali saranno le dinamiche parlamentari, cosa faranno le altre opposizioni sulla nostra mozione, e decideremo".
Un accenno non banale quello alle dinamiche parlamentari. Se il contenuto della mozione M5S dovesse essere molto netto nel respingere il ReArm sarebbe difficile per alcuni parlamentari PD astenersi. Ma la linea della segretaria si regge su tre 'pilastri': no a finanziare il riarmo dei singoli Paesi sacrificando la spesa sociale e le politiche industriali; revisione radicale del piano, ma anche difesa comune europea come obiettivo essenziale del percorso di integrazione. Tre pilastri che ricorrono, forse non casualmente, anche nella dichiarazione congiunta Bonelli-Fratoianni che annuncia la mozione AVS: "Aumentare le spese nazionali in Europa di 800 miliardi per armamenti è una follia. Significa sottrarre risorse decisive alla spesa sociale, alle politiche industriali della transizione ecologica, all'istruzione e alla ricerca scientifica. E per di più, non produce nessun passo in avanti sulla difesa comune", aggiungono Bonelli e Fratoianni.
Una mano tesa alla segretaria del PD? Presto per dirlo. Di certo, Schlein non ha mai interrotto il canale di comunicazione con AVS e Più Europa, come dimostra anche il vertice a quattro a Montecitorio, subito dopo la votazione dell'Aula sulla mozione di sfiducia a Nordio. Un colloquio di circa mezz'ora in cui si è segnalato, tra le altre cose, l'urgenza di stringere i bulloni di un'alleanza che stenta a decollare e che deve garantire unità e coerenza pur nel rispetto delle diverse sensibilità presenti nei partiti.
Assenti due degli alleati che al momento sembrano più riluttanti: Giuseppe Conte e Carlo Calenda. È sul leader di Azione che sono puntati i fari del resto delle opposizioni in queste ore. Non è piaciuta la scelta di invitare al congresso di sabato mezzo governo, a partire dalla Premier Giorgia Meloni. Una mossa che, all'interno del centrosinistra, qualcuno legge come una chiara scelta di campo di Calenda e del suo partito che continua a non votare le mozioni di sfiducia nei confronti dei ministri (l'ultimo caso oggi, con Azione che si è astenuta su Nordio).