AGI – C’è un tema che è intrinsecamente legato a quello del terzo mandato e quindi al futuro del Veneto e del suo (amatissimo) governatore Luca Zaia: quello della data del voto.
Se è vero che il destino del presidente uscente appare, norme alla mano, già scritto visto il blocco dei mandati, gli scatti in avanti della Regione Campania e il conseguente ricorso del governo, sembra altrettanto chiaro che guadagnare una manciata di mesi di tempo significherebbe non solo rinviare il voto (e anche semplicemente essere presenti alle cerimonia di apertura e chiusura delle Olimpiadi invernali di Milano e Cortina del prossimo anno) ma significherebbe lasciare aperta una porta, nella speranza che il quadro normativo muti.
Sotto questo profilo tutto è cambiato oggi alla luce della precisazione, fatta proprio a Venezia, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che rispondendo a una domanda della stampa ha riaperto una partita che sembrava ormai chiusa. “Il sistema nazionale prevede che le Regioni abbiano una autonomia decisionale. In Veneto si prevede quindi una finestra per il voto che a oggi offre la possibilità di votare in primavera. E’ una ipotesi realistica ma è rimessa all’autonomia della Regione” ha spiegato in maniera il capo del Viminale.
Tradotto: Zaia non dovrà necessariamente dire addio a Palazzo Balbi nell’autunno di quest’anno, ma ci potrà restare fino alla prossima primavera. Nell’immediato il governatore Zaia ha confermato il suo consueto equilibrio limitandosi a parlare di “dicotomia tra legge nazione e regionale” da chiarire, di “approfondimenti giuridico necessari visti che legge regionale prevede la convocazione delle elezioni nella sola finestra primaverile”.
Ma è innegabile che si è trattato di un rinvio che suona un po’ come una, seppur parziale, vittoria. A maggior ragione visto che, tirato per la giacchetta ad ogni piè sospinto tra ipotesi di corsa in solitaria o “piani B”, il governatore Zaia ha sempre risposto che ogni sua eventuale mossa sarebbe stata valutata sulla base della data del voto.
Poche settimane fa parlando di terzo mandato e di possibili corse in solitaria aveva spiegato ironizzando: “A da passà a nuttata… abbiamo dieci mesi prima del voto e dieci mesi sono la notte che porta consiglio anche ai più irredentisti”. Ma ora i mesi non sono più dieci, sono almeno quindici. E in quindici mesi davvero tutto può accadere.