AGI - "Non so se qualcuno dalle parti del Pd pensa a un eventuale congresso. Io penso che non sarebbe compreso nè dai nostri iscritti nè dai nostri elettori. Anche perché ci vorrebbero mesi per discutere". Lo dice l'europarlamentare e presidente del Pd, Stefano Bonaccini, a "L'Aria che tira", su La7.
"Nessuno chiede le dimissioni della segretaria, sulla quale riponiamo fiducia e alla quale credo, io per primo. Abbiamo davvero dato una mano in questi due anni", aggiunge Bonaccini: "Abbiamo le amministrative e sei elezioni regionali in autunno nelle quali vota un terzo degli italiani. Io mi occuperei di quello perché sarà un voto politico".
Bonaccini si è poi soffermato su quanto avvenuto dopo lo 'strappo' della delegazione Pd a Bruxelles sul ReArm e su quel "chiarimento" chiesto a gran voce dalla minoranza interna, ma "necessario" anche per la segretaria Schlein. Quel chiarimento, sottolinea il presidente del Pd, "c’è stato con il voto alla Camera e al Senato, con il voto compatto dei gruppi parlamentari sulla risoluzione del Pd.
"C’è stata una differenza di opinione sul voto di astensione", ricorda Bonaccini, ma "alla Camera e al Senato" il Pd è stato "compatto e unito". Ora, per Bonaccini, occorre mettere insieme un campo in grado di vincere alle prossime elezioni politiche.
"Certamente nei territori siamo pronti" e "abbiamo dimostrato che il centrosinistra può stare insieme", ma bisogna "lavorare per mettere in rilievo le cose che uniscono e non quelle che dividono. C’è qualcuno nel mio partito che dice 'divisi si vince', io la penso esattamente al contrario perché basta essere memori dell'ottobre 2022: la destra tutta unita col 40% dei voti reali ha avuto i due terzi degli eletti in Parlamento perché la legge elettorale premia chi si coalizza, il centrosinistra ognuno per sè e nessuno con gli altri, divisi in tre parti abbiamo preso una bella batosta. Mi auguro che tutti quelli che si definiscono alternativi alla destra e a Meloni, se non vogliono tenerla al governo per i prossimi trent'anni, trovino le ragioni per una alternativa perché oggi questo non è certamente un Paese più giusto e competitivo di come Meloni l'aveva trovato prima delle elezioni", conclude.