AGI - L'auspicio per chi alle Camere guarda alle feste natalizie in tempi rapidi è che al massimo il 23 dicembre arrivi la pausa dei lavori parlamentari. Lunedì prossimo si terrà una riunione del Consiglio dei ministri, sul tavolo dovrebbe finire un decreto sulla P.a, con misure di carattere emergenziale (e un ddl riguardante lo sviluppo delle carriere dirigenziali), probabilmente un altro sulla protezione civile e uno sulla cultura (conterrà fondi per le biblioteche, il ministro Alessandro Giuli ha parlato nei giorni scorsi di un 'piano Olivetti' che "accorci le distanze tra centro e periferia"), ma all'ordine del giorno non dovrebbero esserci altri provvedimenti delicati.
I fari sono puntati sulla legge di bilancio: dovrebbe arrivare in Aula a Montecitorio mercoledì pomeriggio (martedì 17 dicembre si terrà l'informativa del presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo, la maggioranza sta lavorando a una risoluzione unitaria), con la richiesta di fiducia e il via libera entro venerdì. Si punta al sì del Senato prima di Natale, ma il rischio (alto) è che i senatori debbano tornare per il semaforo verde il 27 o il 28 dicembre, lo scontro tra l'opposizione (che lamenta, oltre il contenuto degli emendamenti, la mancanza di schede tecniche) e maggioranza è acceso. Ma dopo l'annuncio di ieri della premier che ha sottolineato come il 2025 sarà l'anno delle riforme, in Parlamento si guarda anche al percorso dell'autonomia differenziata, del premierato e della separazione delle carriere.
Gennaio sarà il mese del primo sì (a Montecitorio) alla riforma della separazione delle carriere, contro la quale la magistratura ha alzato le barricate, ma anche il momento in cui si capirà se la Corte costituzionale stopperà i referendum sui quesiti. Qualora si andasse alla consultazione popolare sarebbero due le strade percorribili: la prima - quella di modificare in profondità il testo Calderoli - vorrebbe imboccarla FI, perché "non possiamo rischiare - dice un 'big' azzurro - che il Sud vada a votare contro il piano dell'esecutivo"; la seconda è 'praticabile' per Fdi (e a quanto pare anche per la Lega), ovvero la strategia sarebbe quella di auspicare che non si raggiunga il quorum.
Quella dei correttivi è una falsa pista, osserva il presidente della Commissione Affari Costituzionale, Alberto Balboni, la Corte costituzionale con la sentenza di novembre "ha già depurato" il ddl, "il problema lo ha già risolto la Consulta, magari ci può essere qualche aggiustamento, ma si può fare anche con un decreto". Insomma, si dovrà procedere "con la legge di differenziazione, rispettando la Costituzione, occorrerà definire i Lep, e non con un dpcm, bisognerà siglare le intese Stato-Regioni, dovranno arrivare poi in Parlamento e saranno emendabili".
"Il percorso è comunque lungo" mentre per quanto riguarda le altre riforme - osserva ancora l'esponente di Fratelli d'Italia - ce la dovremmo fare a completarle per la fine del prossimo anno". Dunque, il 'timing' del calendario delle riforme sarà più chiaro dopo la sentenza della Consulta sull'autonomia differenziata. Si capirà, ad esempio, se si vorrà o meno accelerare sul premierato. Il dossier dovrebbe essere ripreso a febbraio (a gennaio la commissione potrebbe continuare a lavorare sulla riforma della Corte dei conti) e si entrerà nel merito.
FI punta ad aprire il cantiere, "sciogliendo nodi emersi anche durante il confronto in prima lettura al Senato", dice una fonte parlamentare azzurra. Anche le altre forze politiche della maggioranza non escludono cambiamenti, come per esempio quello - osserva un esponente di Fratelli d'Italia - di aprire a uno statuto dell'opposizione e alla possibilità che alle forze politiche che non sostengono il governo sia 'destinata' la seconda o la terza carica dello Stato, mentre la Lega invocherà un maggior peso del Parlamento.
"Ma è l'opposizione che non vuole lo statuto, noi avevamo proposto - ricorda Balboni - di inserire una norma che prevedesse un portavoce dell'opposizione, ma si sono opposti". E poi c'è la questione della legge elettorale: il governo ha deciso di affrontare la discussione sul sistema di voto solo quando sarà chiaro quale il punto di caduta sul premierato, "ma un eventuale ballottaggio si dovrà - ragiona ancora il presidente della Commissione Affari costituzionali di palazzo Madama - per forza inserire se al primo turno non si arriva a una soglia, magari del 42%. Rischiamo che il premio di maggioranza venga dichiarato incostituzionale".
Il clima tra le forze politiche in campo non prevede al momento alcuna 'pacificazione', anche le nomine sulla Consulta sono bloccate, il raggiungimento dell'accordo è slittato a gennaio, quando tra l'altro si dovrà trovare un'intesa in maggioranza sul ddl sicurezza al Senato e convertire decreti quali il Milleproroghe e quello sulla giustizia. Ma - dice ancora Balboni - "penso che ce la faremo a rispettare il cronoprogramma sulle riforme, magari con l'ok definitivo alla separazione delle carriere a dicembre".
Anche se il Guardasigilli Carlo Nordio ha auspicato il semaforo verde entro l'estate, presupponendo conseguenze qualora non passasse poi il successivo referendum. Intanto la Lega vorrebbe accelerare sulle intese sulle materie non Lep. "Dopo 30 anni, a 'sto giro l'Autonomia la portiamo a casa, costi quello che costi", ha detto ieri Matteo Salvini durante il congresso lombardo del partito di via Bellerio. Il fronte del nord è in pressing: "Siamo stufi di essere trattati male. Va posta formalmente la questione dell'autonomia", ha rilanciato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che è tornato a parlare di 'Padania libera'. "La strada è in salita ma farò di tutto", la promessa del responsabile degli Affari regionali Roberto Calderoli.