AGI - Il centrosinistra gioca la carta dell'unità per cercare di strappare l'Umbria alla destra. Una sfida che metterebbe il segno più davanti all'intera tornata elettorale, portando il punteggio dal 2-1 per il centrodestra all'1-2 per il centrosinistra. "Abbiamo affiancato a Stefania Proietti una coalizione molto coesa, l'Umbria è l'unica regione in cui tutte le forze alternative alla destra sono andate da una persona a chiederle di guidare un progetto collettivo", dice Elly Schlein davanti all'ospedale in cui si sono ritrovati i leader di Pd, M5s e Avs. "Non litigate, state insieme", è la richiesta che arriva dalle persone che circondano il palchetto su cui salgono Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Qualcuno, più pragmatico, si spinge a dire: "Se dovete litigare, fatelo di nascosto". A chi gli fa notare che ci si poteva presentare compatti prima dell'ultimo giorno utile di campagna elettorale, Conte risponde: "Non c'è puntualità da rispettare. Qui siamo con un progetto politico serio come in Emilia Romagna".
Il presidio unitario è stato ufficializzato poche ore prima dell'appuntamento, mentre i leader del centrodestra arrivavano a Perugia per tenere il comizio finale a sostegno della governatrice uscente. La sfida nella regione, spiega una fonte Pd, è tesissima: il centrodestra è avanti di pochi decimi, ma Stefania Proietti "si sta muovendo bene". L'elemento che preoccupa di più è, però, l'astensionismo: fra i cittadini, osserva un dem umbro, sembra esserci poca attenzione per questa tornata elettorale. Per conquistare il voto degli indecisi i leader del centrosinistra puntano tutto sui temi locali, declinandoli sull'attualità della politica nazionale quando se ne presenta l'occasione. La sanità, da questo punto di vista, è il cuore di tutta la campagna elettorale, come dimostra la scelta di riunirsi davanti a un ospedale.
Mentre i leader del centrosinistra si presentano uniti davanti all'ospedale Santa Maria di Terni, le rispettive truppe parlamenti accennano a qualche scaramuccia. Subito sedata. A creare malumore sono le parole di Paolo Gentiloni che, prima attacca il superbonus, misura-simbolo del governo Conte 2. Poi si sofferma sul 'nodo' Fitto, ricordando che cinque anni fa il coordinatore di Ecr, la famiglia europei dei conservatori di cui è parte anche Fratelli d'Italia, votò a suo favore. Una sottolineatura, questa, che ha fatto storcere il naso anche ad alcuni esponenti di rango del Partito Democratico. I dem sono impegnati in questi giorni a frenare lo "sbandamento a destra" della prossima Commissione Von der Leyen. Un obiettivo che si sono dati assieme a tutto il gruppo S&D. Per farlo, sono pronti a dire 'no' alla vicepresidenza della Commissione affidata a Raffaele Fitto.
"Noi abbiamo sempre detto che l'Italia doveva avere un portafoglio di peso in quanto Stato fondatore", dice Schlein: "Il problema politico, lo stallo lo hanno creato i Popolari che in Parlamento, non nella Commissione, stanno cercando di allargare la maggioranza strutturalmente alla destra. Il problema non è mai stato Fitto e le sue deleghe", rimarca la leader dem, "il problema politico è questo allargamento della maggioranza a destra". Un problema Fitto lo è, eccome, per Giuseppe Conte. "Fitto non votò il Pnrr. Se tu proponi un commissario con delega al Pnrr che non ha votato il Pnrr e che è responsabile dei ritardi del Pnrr, vuol dire che non vuoi bene all'Italia". Oltre a questo, osserva un dem, c'è da tenere conto del contesto europeo.
Fitto, secondo questa lettura, si sarebbe trovato in mezzo a un braccio di ferro fra Socialisti e Popolari. Da una parte Von der Leyen che, in vista del voto in Germania, ha l'interesse ad apparire il più lontano possibile dalla sinistra europea e frena sulla socialista Teresa Ribera. Dall'altra Pedro Sanchez che, assediato dalla destra in patria, non può mostrarsi debole con l'interlocutore europeo. Un linea che i dem hanno maturato nel tempo, dopo un confronto interno e con le altre forze socialiste europee. All'inizio della discussione sulla prossima Commissione, la posizione del Pd appariva infatti più 'laica': "Ascolteremo le varie audizioni e decideremo sulla base dei contenuti", assicuravano i dem. Oggi, invece, la priorità è "evitare che la commissione si sbilanci verso destra", come hanno ripetuto un pò tutti i parlamentari europei a cominciare da Nicola Zingaretti. Per questo le parole di Gentiloni sono state accolte da qualche mugugno in casa dem. E poi, è vero che l'Ecr votò per Gentiloni, ma la linea di Giorgia Meloni era ben diversa: la premier chiamò la gente in piazza contro la nomina di Gentiloni, ricorda Dario Nardella.
Se le parole di Gentiloni sulla nomina di Fitto creano malumori fra i dem, quelle sul Superbonus riaccendono gli animi nel Movimento 5 Stelle. Dopo la pandemia, ha spiegato Gentiloni, c'è stata una riduzione del debito pubblico italiano che, poi, è andato stabilizzandosi e, infine, è tornato a crescere. E questo per il "protrarsi dell'impatto di quello che noi italiani chiamiamo il Superbonus", misura che "ha avuto un impatto più negativo che positivo". La reazione del M5s è immediata: "Gentiloni ha dentro di sè un algoritmo che gli fa dire sciocchezze", dicono i parlamentari M5s delle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato. Davanti a un possibile nuovo scontro interno all'opposizione, Fratelli d'Italia prova a soffiare sul fuoco: "Volano stracci tra Pd e Movimento 5 Stelle", dice il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti: "I grillini non si rendono conto che tra due giorni si presenteranno alle elezioni con il Pd che oggi attaccano. Stanno insieme solo per convenienza politica".