AGI - I contatti nell'opposizione vanno avanti da giorni, ma si sono infittiti, a poche ore dal voto per eleggere un giudice di Corte Costituzionale. L'appuntamento è per le 12.30 nell'Aula di Montecitorio. L'obiettivo è muoversi in modo coordinato, ritrovando quella compattezza che i partiti alternativi al governo Meloni hanno perso nel passaggio sul Cda Rai, il cui ricordo è più che mai vivo: M5s e Avs decisero di partecipare ai lavori, mentre il Pd rimase fuori dall'Aula.
Una ferita ancora aperta nell'opposizione. Per Carlo Calenda si è trattato "di una figura da imbecilli che domani bisogna evitare". La strategia si definirà meglio nelle prossime ore, anche perché dopo i contatti con i partiti, ci sono i passaggi interni ai gruppi. Italia Viva fa sapere che "in accordo con le opposizioni la scelta di Italia Viva è quella di non partecipare al voto per l'elezione del giudice della corte costituzionale". La linea, quindi, è quella di non partecipare al voto.
Sul come concretizzarla, però, le ipotesi sembrano due: rimanere fuori dall'Aula oppure entrare, ma senza ritirare la scheda per il voto. Questa seconda opzione risponderebbe alla necessità di mettere in evidenza "la gravità della scelta del governo di procedere a una forzatura eleggendosi da solo il giudice di un supremo organo di garanzia", come è stato sottolineato. Durante i colloqui a distanza fra gli ambasciatori dei partiti, infatti, è stata avanzata la proposta di intervenire in apertura di seduta per stigmatizzare la scelta dell'esecutivo.
Per niente entusiasta all'idea di rimane fuori dall'Aula, Calenda sottolinea che "non si può andare avanti continuamente sull'Aventino. Capisco la difficoltà perché la maggioranza non ha grande voglia di ascoltare, ma bisogna insistere. Ci sentiremo con le altre opposizioni e cercheremo una posizione comune".
Tutti fuori o non voto, dunque, sono i due poli fra i quali si muove il 'pendolino' delle opposizioni. Questo, sempre che il governo insista a perseguire la strada del "blitz". Angelo Bonelli di Avs rinnova "l'appello a Meloni affinché si fermi e avvii un confronto con le opposizioni, perché, in mancanza di dialogo, non parteciperemo alle votazioni". Tutti - da Pd ai Cinque Stelle passando per Avs, Iv, Più Europa ed Azione - si dicono convinti che la maggioranza abbia impresso una accelerazione all'elezione del giudice mancante per "accaparrarsi quella nomina".
Il nome individuato dalla maggioranza sarebbe quello di Francesco Saverio Marini, costituzionalista e consigliere giuridico di Palazzo Chigi. La fretta della maggioranza nell'arrivare al voto desta sospetti soprattutto fra i dem. Per il senatore Dario Parrini, infatti, "la destra esplicita la volontà, che non ha precedenti, di provare a consumare un colpo di mano sulla nomina di un giudice costituzionale. La Corte Costituzionale non è cosa della maggioranza. Arrivati a questo punto si è inevitabilmente indotti a pensare che il governo sia all'affannosa ricerca di scorciatoie per fermare il referendum" sull'autonomia "da cui è ogni giorno sempre più spaventato. Siamo dinanzi a un fatto molto grave".
Il ragionamento è che la raccolta di firme contro l'Autonomia differenziata, oltre 1 milione e 300 mila, abbia spaventato il governo che si vedrebbe indebolito da una massiccia partecipazione al referendum che portasse alla bocciatura della riforma. La "scorciatoia" di cui parla Parrini sarebbe, dunque, quella di far "bocciare" la riforma o parte di essa dalla Corte Costituzionale cosi' da disinnescare il referendum.