AGI - Il loro motto è "dove la politica divide, la cucina unisce". Sono gli chef meno star ma più potenti del mondo, cucinano per i presidenti, i re e i capi di Stato di tutti i paesi e si sono riuniti al Quirinale per il loro meeting annuale. "Gli chef dei capi di Stato aiutano nelle relazioni in modo concreto, rendendo più accoglienti gli incontri tra i capi di Stato" ha detto Sergio Mattarella accogliendoli nel Salone delle Feste. "Il mondo è caratterizzato da reti di connessione, ma non penso solo alle telecomunicazioni: una rete è anche quella di arte culturale in cui rientra la cucina, che crea uno scambio e una apertura di orizzonti" ha fatto notare.
Tra i 'clienti' di questi super-chef Joe Biden e Kamala Harris, Xi Jinping, re Carlo d'Inghilterra; molti non possono parlare dei piatti che cucinano per motivi di sicurezza, ma qualcuno si lascia andare a qualche breve ricordo che apre la porta delle cucine sui grandi momenti della storia. "La cena più importante e impegnativa? Quella per l'incoronazione di Carlo III" racconta Mark Flanagan, che da due anni guida i fornelli a Buckingham palace. Il re? "È molto attento al cibo, serviamo molti piatti salutari a base di verdure e pesce". E un aneddoto sulla regina Elisabetta inorgoglisce anche Fabrizio Boca, capo chef al Quirinale, premiato anche da Macron: "Anni fa ho ricevuto i complimenti dalla regina per un risotto alle erbe che definì insolito e molto fresco. Mentre un altro capo di Stato mi ha chiesto la videoricetta della nostra torta alle pere".
Boca spiega lo spirito che ha unito quasi cinquant'anni fa gli chef presidenziali nel prestigioso club Chefs des chefs: "I miei colleghi e amici che guidano le brigate di cucina dei palazzi istituzionali esprimono le diverse culture del mondo. Con i nostri ricevimenti, in cui la cucina è un atto d'amore, creiamo uno spazio in cui potersi confrontare in modo libero. E tra di noi c'è una salda amicizia che supera gli ostacoli della stagione che stiamo vivendo". I gusti di Mattarella? "Serviamo sempre piatti della tradizione italiana, unendo innovazione e tradizione e cercando i prodotti di piccole aziende dimenticate che fanno un lavoro di qualità".
A riunire i direttori delle cucine istituzionali più famose del mondo è stato, ovviamente, un francese, Gilles Bragard. "Il simbolo della cucina è il simbolo della pace" ha spiegato Bragard nel regalare a Sergio Mattarella una casacca da chef personalizzata. "La conserverò con cura pur sapendo di essere un po' abusivo rispetto a questo simbolo" ha ironizzato il presidente. "Quando ho creato il club - ricorda ancora Bragard - volevo rendere onore agli chef che lavorano dietro le quinte e hanno nelle mani benessere leader mondo, sono custodi delle tradizioni perché la loro cucina è una vetrina del loro paese". Bragard cita Tayllerand: "datemi dei buoni cuochi e io farò dei buoni trattati. La gastronomia è una parte importante del soft power dei nostri paesi".
Dopo Roma gli chef dei presidenti visiteranno Parma e Milano, in un tour culinario ma anche benefico. Stamani regaleranno i loro dolci ai piccoli pazienti del Bambin Gesù e a Milanno metteranno a tavola 300 persone scelte dalla Fondazione Francesca Rava. Ma i loro racconti sono soprattutto legati ai loro piatti e ai nomi altisonanti che snocciolano. Lo chef del principe Alberto di Monaco Christian Garcia ricorda ancora la cena a base di aceto balsamico di Modena per Nelson Mandela. Lo chef dell'Eliseo Fabrice Desvignes si illumina quando parla delle cene ufficiali "per il presidente cinese Xi Jinping e per il presidente degli Stati uniti Joe Biden".
E Cristeta Comerford, chef dei presidenti Usa, racconta che proprio Biden ha fatto entrare la cucina tricolore alla Casa bianca. Lui e anche la candidata presidente Kamala Harris hanno un debole infatti per i piatti italiani: "sono persone semplici che lavorano molto. Amano il cibo semplice e sostanzioso, anche spaghetti e pomodoro".