AGI - Da Montecitorio a Bruxelles. Dal voto sull'Autonomia differenziata, ai negoziati sugli incarichi interni al gruppo dei Socialisti e Democratici. Una ventiquattr'ore di fuoco per Elly Schlein che, dopo la piazza di Roma, dopo la notturna alla Camera sul disegno di legge dell'autonomia differenziata, è volata nella capitale europea. In ballo c'è, soprattutto, il ruolo di capogruppo che il Psoe vorrebbe mantenere e che, salvo sorprese, manterrà con Iratxe Garcia Perez. Lo schema, spiegano fonti dem a Roma, vedrebbe Peres rimanere alla guida del gruppo per lasciare almeno due commissioni di peso e la vicepresidenza del Parlamento Europeo ai dem. Una partita, quella di Bruxelles, che ha spettatori interessati anche fra i dem rimasti a Roma. Perché il candidato 'naturale' a guidare la delegazione è Stefano Bonaccini in virtù dei 389.284 voti ottenuti alle elezioni. Tuttavia, Bonaccini è al suo esordio al Parlamento europeo e prassi vuole che a guidare la delegazione sia un parlamentare al secondo mandato. Per questo l'incarico, fanno notare fonti parlamentari dem, potrebbe essere appetibile anche per Nicola Zingaretti o Camilla Laureti, entrambi alla seconda legislatura europea. Sia Zingaretti che Laureti sono esponenti della maggioranza schleiniana. Laureti è considerata una fedelissima della segretaria e, per questa ragione, potrebbe partire con il favore dei pronostici. A favore di Bonaccini, invece, gioca il fatto che, pur essendo volto della minoranza Pd, è un esponente su cui la segretaria Elly Schlein ha sempre fatto affidamento per mantenere nel partito quello spirito di pluralismo necessario a evitare strappi con le correnti. La fotografia di Schlein e Bonaccini insieme la notte delle elezioni europee rendono plasticamente questo rapporto di collaborazione che dura dagli anni della giunta dell'Emilia-Romagna. E vista l'eterogeneità della delegazione dem, una personalità abituata a fare sintesi come Bonaccini potrebbe tornare molto utile alla leader. La domanda che a Roma ci pone è se Bonaccini conserverà anche il ruolo di punto di riferimento della minoranza.
Negli ultimi mesi, c'è da dire, i rapporti tra un pezzo di riformisti dem e l'ormai ex governatore sono andati usurandosi. A Bonaccini verrebbe rimproverato di non aver esercitato abbastanza il compito di fare opposizione interna. Tuttavia, in pochi arrivano a immaginare un passo indietro di Bonaccini. Questo perché, malgrado la messe di voti arrivata ai candidati della minoranza dem alle europee, la pax interna sembra reggere. La stessa segretaria, d'altra parte, ha incassato 255 mila voti oltre ad averne portati tanti altri al partito con una campagna elettorale giocata in prima persona, "strada per strada, casa per casa". Oltre a questo, fanno notare fonti della minoranza dem, quello che manca è una alternativa a Bonaccini. Lorenzo Guerini, ex ministro e già esponente di riferimento di Base Riformista, interviene sempre più raramente nelle questioni interne al Pd. Lo fa, per lo più, per raddrizzare la barra quando si parla di Ucraina e politica estera. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo appena eletto in Europa, si è fatto sentire più volte in dissonanza con il Nazareno, ma non risponde a un'area culturale dem. È più' un battitore libero. Alessandro Alfieri e Davide Baruffi sono considerati all'interno della minoranza Pd i due 'collettori' fra la segreteria e Bonaccini, avendo ruoli di peso al Nazareno.
Un nome al quale in molti guardano sarebbe quello di Antonio Decaro, campione di preferenze alle ultime europee, con quasi 500 mila voti. Fin troppo per poter aspirare a un ruolo di leader della minoranza. Il suo è il nome a cui si guarda come alternativa a Schlein al prossimo congresso o nel caso il vento dovesse cambiare e le cose dovessero mettersi male per la segretaria Schlein. Per le stesse ragioni, Bonaccini potrebbe conservare il ruolo di presidente. Nelle scorse settimane è circolato con forza il nome di Paolo Gentiloni, ma chi ha avuto modo di avvicinarlo sottolinea che a tutto pensa l'ex premier, tranne che a fare il presidente Pd. Se per Bonaccini dovesse concretizzarsi il ruolo di vicepresidente del Parlamento europeo, per lui sarebbe più facile mantenere il ruolo nel partito. Se, al contrario, dovesse finire per fare il presidente di una commissione di peso o, addirittura, capodelegazione il ruolo al vertice dell'assemblea dem sarebbe più difficile da conservare. Nel Pd c'è chi ricorda come Irene Tinagli, presidente della commissione Econ al tempo in cui era vicesegretaria del partito, fosse sparita dai radar del Nazareno.