AGI - Il faccia a faccia non c'è, le 'duellanti' non si incrociano nemmeno dietro le quinte del Teatro Sociale di Trento che ospita il Festival dell'Economia. Eppure, il botta e risposta fra Meloni e Schlein è reale e non esclude alcun colpo. Dal fisco al piano casa, passando per le riforme e le politiche sul lavoro. Quando i microfoni si spengono, poi, la segretaria del Partito democratico affonda il colpo sulla Liguria e le dimissioni, chieste dai dem, del presidente Giovanni Toti. Andando con ordine: la prima a salire sul palco è la premier che, intervistata da Maria Latella, si mostra determinata a tirare dritto sulle riforme nonostante la mobilitazione dell'opposizione. "O la va o la spacca", spiega, "nessuno mi chieda di salvare la sedia o di restare qui a sopravvivere". Le argomentazioni sono quelle di sempre: oltre a una misura democratica, che rimette la scelta dei governi in mano ai cittadini, il premierato è anche "una misura economica" perché "la stabilità di un governo rafforza la possibilità di far crescere l'economia".
La segretaria del Pd (che al 'no' al premierato dedicherà la chiusura della campagna di Roma il 2 giugno) ribatte che si tratta di una riforma che va a impattare sulle prerogative del Capo dello Stato. Se è la stabilità che si cerca, aggiunge Schlein, il Pd ha presentato le sue controproposte alla stessa Meloni nel primo e unico incontro che c'è stato quasi un anno fa, non ricevendo risposta. "Noi siamo andati al confronto con il governo, il primo e l'unico nel giugno 2023. Non siamo andati a mani vuote, ma con sei proposte per rafforzare la stabilità dell'esecutivo: la sfiducia costruttiva che impedisce di buttare giù un governo senza avere una maggioranza alternativa. Questo evita di lasciare il paese in una pericolosa crisi al buio. Non hanno nemmeno considerato questa proposta. Dietro il decidete voi di Giorgia Meloni c'è un colossale decido io per voi". E allora il 'no' dei dem è netto e inscalfibile: finché c'è il premierato non c'è margine di confronto, ma se si toglie dal tavolo l'elezione diretta del presidente del Consiglio, "siamo disposti al confronto sempre e dovunque". Meloni, però, guarda già avanti. La sfida, per la premier, resta il referendum: "Rimettiamo il boccino delle decisioni in mano agli italiani. Perché un governo scelto dal popolo è un governo che al popolo risponde". Sembra un 'all in' sul referendum gia' visto in passato. Il precedente è quello di Matteo Renzi. Il capo dell'esecutivo, tuttavia, assicura che non c'è alcun interesse personale in questa partita. E quando la giornalista le chiede se ne valga la pena, Meloni risponde: "Secondo me sì. Non sono il tipo di persona che riesce a ripagare con la vanità le rinunce che deve fare per ricoprire questo incarico. Io mi alzo la mattina, cerco di risolvere i problemi e quando riesco vado a dormire. Non c'è altro che il poco tempo che riesco a passare con mia figlia, mediamente un'ora al giorno tra la mattina e la sera. Per me vale la pena di fare questa vita se quando hai finito ti puoi guardare alle spalle, puoi guardare l'Italia.
Schlein sale sul palco due ore dopo
A intervistarla è Ferruccio de Bortoli. Il focus è più economico, ma gli spunti per rinfocolare il duello non mancano. La progressività del fisco: "chi più ha più contribuisce al bene comune è un principio costituzionale", dice Schlein incalzata da de Bortoli. E se Schlein accusa il governo di andare avanti solo a colpi di condoni, favorendo i "furbi e penalizzando i lavoratori dipendenti", Meloni rivendica di puntare a un fisco che "dia una mano ai cittadini in difficoltà", respingendo le accuse di "essere amica degli evasori. I numeri non dicono questo. Il 2023 è stato l'anno record nel recupero di evasione fiscale in Italia", sottolinea la premier. Schlein attacca sul redditometro, "un disastro" da parte di "un governo confuso che prima propone e poi fa un passo indietro". Meloni assicura di non aver cambiato idea, "resto sempre contraria" al redditometro, ma "occorre una norma a garanzia dei contribuenti, che non dia poteri illimitati alle autorità".
Prima di lasciare il festival, Schlein segnala ai giornalisti quello che definisce "il silenzio degli indecenti". Una citazione cinematografica per dirsi "stupita che Meloni non abbia colto l'occasione per dire una parola sulla situazione della Liguria e sull'arresto di Giovanni Toti. È il silenzio degli indecenti: Meloni subisce il diktat di Salvini che chiede a Toti di resistere, ma chi rischia di non resistere è la regione Liguria". Nemmeno la premier risparmia le stilettate nei confronti della sinistra, soprattutto per rilevarne "i disastri del passato" sul tema dei salari. E per sottolineare che "Tele Meloni è una fake news. Al Tg1 sono ultima in classifica rispetto ai miei predecessori a partire da Renzi. Il problema non è che c'è Telemeloni, ma che non c'è più Tele Pd".