AGI - Elly Schlein assicura che il confronto con Giorgia Meloni si farà: dove, quando e, soprattutto, come rimangono però delle incognite. La finestra temporale più probabile rimane quella di fine maggio, ma il leit motiv che arriva da entrambi i partiti, e che viene ribadito anche dalla segretaria del Pd, è che "gli staff stanno discutendo".
Intanto, però, è entrata a regime la par condicio, con tutti i pali e i paletti che ne conseguono. Il precedente più recente è quello del 'duello' Meloni-Letta durante la campagna elettorale delle ultime elezioni politiche. Duello che si tenne sul web, ospitato dal sito del Corriere della Sera, dopo che l'Agcom aveva bocciato l'idea di un confronto nello studio di Bruno Vespa. Il patron di Porta a Porta cercò di porre rimedio invitando tutti gli altri big in quella che sembrava essere la nascita di un nuovo format e di un nuovo palinsesto.
Una strada ancor più difficile da percorrere oggi con quasi tutti i leader dei partiti candidati nelle liste delle europee, da Renzi a Calenda, e con Giuseppe Conte che può rivendicare al pari di Schlein il ruolo di anti-Meloni.
I rapporti fra la segretaria e l'ex premier sono segnati da alti e bassi, complice la campagna elettorale per le europee. Ma ieri i due si sono ritrovati a Portella della Ginestra per celebrare la Festa dei Lavoratori e lì Schlein ha constatato ancora una volta che "le persone ci chiedono di costruire una alternativa". Conte, ha aggiunto, "è un potenziale alleato. Non dipende solo da noi, ma noi continueremo a essere ostinatamente unitari". Ma anche l'ostinazione del più unitario fra i dem si piegherebbe di fronte alla chance rappresentata dal confronto con la premier. Così, fra i parlamentari Pd, c'è già chi azzarda alternative a confronto Tv.
Una di queste - azzardata - prevede un evento cross-mediale, con una intervista su Instagram o su un altro social da trasmettere sui canali dei rispettivi partiti. E ancora: un festival, un evento pubblico, magari legato ai temi dell'Europa e organizzato da un quotidiano o da un sito.
Quello che è certo è che "il confronto ci sarà", come ribadisce Schlein, "dove e come vogliono. Io penso che sia un momento di chiarezza per il Paese". Per la segretaria del Pd, d'altra parte, il duello con la premier è una occasione più unica che rara per provare a dare una spinta al suo partito, dopo l'ufficializzazione della propria candidatura. Perché se il mantra di Schlein recita "l'asticella porta iella" è pur vero che un risultato alle europee che vedesse il Pd sotto al 20 per cento rappresenterebbe una delusione e aprirebbe una fase quantomeno faticosa per Schlein. La leader dem rivendica di aver fatto recuperare al suo partito sei punti percentuali di consenso da quando è alla guida. Ovvero dal momento più basso per i dem, dopo la sconfitta alle politiche e l'addio di Enrico Letta, con il che Pd faceva registrare tra il 14 e il 15 per cento nei sondaggi.
Al contrario, un risultato al di sopra di quella soglia garantirebbe a Schlein una navigazione più serena e la possibilità di marcare di più una linea 'schleiniana' che, fino a questo momento, sembra essere stata sacrificata all'equilibrio fra maggioranza e minoranza interne. Come nel caso della raccolta di firme per il referendum promosso dalla Cgil contro il Jobs Act: "Ogni iniziativa del sindacato noi la guardiamo con grande attenzione nel rispetto della sua autonomia", dice Schlein auspicando "che tante e tanti del Pd daranno una mano anche in quella raccolta". Insomma, la leader dem apprezza l'iniziativa del sindacato, la sua critica al Jobs Act è nota ma, come osserva un senatore Pd, "non può spingersi a far votare il referendum Cgil alla direzione del partito senza correre il rischio di una spaccatura interna".
Nonostante questo, c’è chi intravede all'orizzonte anche la possibilità che si realizzi presto una sorta di diarchia nel Pd: dopo le europee, è il ragionamento, l'attuale presidente del partito, Stefano Bonaccini, potrebbe assumere il ruolo di capodelegazione a Bruxelles. A quel punto, intorno al mese di novembre, si realizzerebbero le condizioni per vedere Paolo Gentiloni eletto presidente del partito. Uno scenario che, al momento, sembra rispondere più all'auspicio di pezzi di partito - e non solo della minoranza interna - che a una possibilità concreta.