AGI - Le tensioni erano state messe in conto al Nazareno. In pochi, tuttavia, immaginavano che sarebbero esplose sul logo elettorale del Partito Democratico, nel giorno in cui la segretaria annuncia la sua candidatura al Centro e nelle Isole. Il caso nasce durante la segreteria riunita prima della direzione. Stando a diverse fonti del partito, i nodi da sciogliere riguardano la collocazione di alcuni esponenti di area Bonaccini, come Lello Topo e Pina Picierno. Ma anche il posizionamento come capolista del presidente dem.
Nelle trattative che intercorrono fra l'inner circle della segretaria e l'area Bonaccini, spunta l'idea di inserire il nome di Schlein nel simbolo elettorale: un modo, viene spiegato, per allargare il consenso del Pd e 'blindarè la segretaria. L'esecutivo dem approva, sebbene alcuni esponenti di maggioranza come Marco Sarracino e Peppe Provenzano non manchino di sollevare più di qualche perplessità. Poco dopo, Schlein si presenta alla direzione per annunciare la sua candidatura.
"Sono anche io disponibile a candidarmi e a dare una mano in queste liste, per una campagna strada per strada, cercando di dare una spinta a questa squadra". Plaude la direzione. Segue la presentazione delle liste da parte di Igor Taruffi: Pina Picierno è terza al Sud, dopo Lucia Annunziata e Antonio Decaro, ma prima di Jasmine Cristallo, animatrice della prima ora del movimento delle Sardine e vicina alla segretaria. Lello Topo, campione di preferenze in Campania, è presente, ma molto in basso. Bonaccini, come annunciato, è primo nel Nord Est, e 'stacca' il nome forte della segreteria Schlein, Alessandro Zan. A portare la proposta alla direzione è Stefano Bonaccini.
Un adempimento, spiegano fonti vicine al presidente dell'Emilia-Romagna, che gli spetta il qualità di presidente del Pd. Tuttavia, un pezzo di minoranza dem storce il naso e legge quella di Bonaccini come la prova di una eccessiva vicinanza alla segretaria e alla maggioranza che la sostiene. La reazione è immediata. I contrari all'idea, emerge dal dibattito, temono in particolare una eccessiva personalizzazione del partito e della campagna elettorale. Inoltre, a non convincere è la tempistica della proposta: la discussione, ha sottolineato ad esempio Giuseppe Provenzano, non andava aperta oggi, ma dopo le europee e inserita in un lavoro più ampio sull'organizzazione del partito e del suo modello. Un modello che, per chi si oppone all'inserimento del nome di Schlein nel simbolo, non può essere quello leaderistico che si vede in altri partiti.
"Elly, tu non sei Giorgia Meloni, Matteo Salvini, non sei Tajani, non sei Renzi, Calenda. Sei meglio di loro e vieni da una cultura diversa", ha sottolineato Gianni Cuperlo. La guida di Schlein, per Cuperlo, "è più autorevole e forte senza necessariamente quella scelta". Alfredo D'Attorre, responsabile Università e Ricerca del Pd ed esponente dell'area ex Articolo 1, respinge l'idea di un partito leaderistico, ma apre all'ipotesi del nome di Schlein nel simbolo: "Sono contrario in linea di principio a una scelta leaderistica. Ma in questo passaggio, inserire il nome di Schlein nel simbolo può servire a rispondere a quella necessità di apertura e cambiamento a cui in questo anno non sempre siamo riusciti a rispondere compiutamente. Non sia un modello di partito, ma uno strumento per rilanciare rispetto a quella fase costituente che avevamo promesso durante il congresso". Una scelta che si muoverebbe nella direzione di contrasto all'astensionismo indicato come prioritario da Schlein nella relazione che ha preceduto la presentazione delle liste.
"Dobbiamo, in queste settimane che ci separano dal voto, dare un messaggio di speranza a quelle persone che non vanno più a votare, per dimostrare che votare fa la differenza", ha spiegato la segretaria citando Tina Anselmi: "Fare politica è organizzare la speranza". Intanto, però, le fila dei contrari si ingrossano allargandosi anche all'area di Dario Franceschini. Lo stesso ex ministro, a chi lo ha avvicinato al Nazareno, avrebbe definito "un problema" il logo con il nome della segretaria. Un parlamentare dem di lungo corso, poi, ricorda il precedente di Veltroni: è vero che l'ex segretario aveva messo il suo nome nel simbolo, ma - punto primo - era l'esordio del Pd alle elezioni e serviva un pò di "pubblicità". E - punto secondo - erano elezioni politiche e nello statuto dem è previsto che il segretario sia automaticamente anche il candidato premier. Chi difende l'idea di inserire il nome della leader dem nel simbolo è Francesco Boccia, capogruppo dem al Senato. "Io penso che il nome della segretaria nel simbolo serva, per queste elezioni, a confrontarsi con Giorgia Meloni e a garantire quel valore aggiunto, nella competizione europea, che tutti le riconoscono. Sono sempre stato per una sua pluricandidatura in tutte le circoscrizioni. Perché penso che Elly Schlein sia valore aggiunto per il nostro elettorato e penso che il lavoro che stiamo facendo sia assolutamente positivo: siamo ad un bivio e per questo dobbiamo presentarci uniti a questa sfida", è l'appello di Boccia.
Nel tirare le somme, la segretaria mette al voto le liste e chiede il mandato alla direzione per adempiere agli altri passaggi, simbolo compreso. La direzione approva le liste e conferisce il mandato sul simbolo. Che va presentato al Viminale entro lunedì 22 aprile alle 16. Qualche applauso accoglie il varo delle liste.
Critico Romano Prodi
Chi non applaude è Romano Prodi che da Napoli boccia la scelta della segretaria di candidarsi: "Quel che sta succedendo dimostra proprio che non mi dà retta nessuno. Perché dobbiamo dare un voto a una persona che, se vince, di sicuro non va a Bruxelles? Queste sono ferite della democrazia".