AGI - Se Partito Democratico e Movimento 5 Stelle potessero aggiornare lo stato sentimentale dei loro profili social sceglierebbero: "In una relazione complicata". Difficile il dialogo e ancor più difficile il rapporto, con le elezioni europee alle porte e quella legge elettorale proporzionale con preferenze che non porta nessuno a investire in alleanze e coalizioni. Anzi, se c'è un momento in cui le forze politiche possono pesarsi e far pesare (specie con gli alleati) il loro consenso è proprio quello delle consultazioni europee. Se a questo si aggiungono le inchieste di Bari e Torino che hanno coinvolto a diverso titolo i dirigenti locali dem, l'impresa diventa ai limiti dell'impossibile.
Perché il Movimento 5 Stelle ha fatto della legalità la sua "stella polare", per dirla con il presidente Giuseppe Conte che, dopo aver 'ingoiato il rospo' delle primarie di coalizione a Bari, ha fatto saltare il tavolo quando sulla giunta pugliese a guida Michele Emiliano si è allungata l'ombra della compravendita di voti. A questo si aggiunge l'inchiesta piemontese che coinvolge il padre del capogruppo Pd in regione, Raffaele Gallo, subito dimessosi dall'incarico. Da qui l'appello rivolto dall'ex premier a Elly Schlein perché "cambi il Pd prima che il Pd cambi lei".
Un intervento a gamba tesa che è mal digerito in casa Pd, specie da quel pezzo di partito che ha sempre visto come fumo negli occhi l'asse con i Cinque Stelle. "Leggere di Conte che ingiunge a Elly Schlein di trasformare il Pd, pena lasciarsi trasformare dal vecchio Pd, mi fa davvero arrabbiare. Come si permette?", chiede il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: "Il Pd è fatto da migliaia di donne e uomini per bene. Un partito con un minimo di spina dorsale non dovrebbe consentire a nessuno di parlare cosi'".
Ma anche dalla segreteria nazionale Pd arrivano segnali precisi al leader M5s: "Prima di fare lezioni di moralità a destra e a manca, Conte valuti se sia eticamente raccomandabile l'opportunismo di fare e disfare accordi politici per calcolo elettorale", dice la responsabile Giustizia Debora Serracchiani. "Con i militanti del M5S stiamo tenendo aperti dialoghi costruttivi su molti territori e c'è rispetto reciproco, ma non sentiamo nessun bisogno che qualcuno fuori dal nostro partito venga a darci la linea e a dettare condizioni", aggiunge. La segretaria Schlein rimane lontana dalle polemiche, sebbene risuonino ancora le parole pronunciate a Bari: "Cosi' si aiuta la destra". Il Pd è fermo nel sostegno al candidato Vito Leccese cosi' come il M5s lo è su Michele Laforgia. Un braccio di ferro dietro il quale si muovono i 'pontieri', sia a livello nazionale - lo si è visto con l'appello di Goffredo Bettini e Andrea Orlando di virare su un terzo nome condiviso - sia a livello locale, come indicato dalle parole di Schlein. "Sosterremo Vito" Leccese "anche se vorrà tentare ancora il dialogo per trovare una soluzione unitaria, ma senza accettare alcuna imposizione".
E Leccese ha assicurato di voler continuare la ricerca di una soluzione unitaria che, tuttavia, richiese l'accordo di entrambi i candidati. Michele Laforgia non chiude, ribadendo che un ritiro di entrambe le candidature a favore di un terzo nome è difficile. Ipotesi respinta anche da Conte: "Non è nell'ordine delle cose". Mentre si confronta con l'alleato riluttante, Schlein continua a lavorare alle candidature per le liste europee, lasciando a Igor Taruffi, responsabile dell'Organizzazione, il compito di elaborare il codice di autoregolamentazione che nel Pd già chiamano "codice anti-cacicchi".
Lo strumento, viene spiegato da fonti parlamentari, potrebbe ricalcare quello varato oggi dal commissario Pd in Campania, Antonio Misiani in cui, tra le altre cose, si prevede che i candidati alle amministrative firmino un impegno scritto a denunciare qualsiasi tentativo di voto di scambio, corruzione, concussione, intimidazione che dovessero verificarsi nel corso della campagna elettorale. Assieme a questo, "l'impegno per ispirare l'azione politica e amministrativa ai principi di trasparenza, legalità, tensione al bene comune e per sviluppare forme di partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini". Un regolamento che sembra scritto alla luce di quanto visto a Bari e in Piemonte, sennonché il lavoro, spiega Misiani, "è cominciato tre mesi fa, riprendendo e sviluppando una serie di buone pratiche di trasparenza adottate in passato in alcune elezioni amministrative in Campania".
Una traccia su cui lavorare per il futuro. Anche perché, fra gli altri interventi, a livello nazionale potrebbero trovare spazio regole più stringenti su alcuni temi, come quello del numero dei mandati. Se è vero, infatti, che il codice etico del Pd è in vigore fin dalla nascita del partito e che è stato reso più stringente nel corso del tempo, è anche vero che il frequente ricorso a "deroghe" ha permesso di aggirare alcuni paletti come quello, appunto, dei mandati. Il dossier, che è "nella totale disponibilità" della segretaria dem, per dirla con una fonte parlamentare Pd, è invece quello delle liste per le europee. Il tempo stringe e si attende la convocazione della direzione, momento verità per gli aspiranti candidati Pd. I nodi principali riguardano il posizionamento della leader dem e quello degli esponenti civici, da Lucia Annunziata a marco Tarquinio passando per Cecilia Strada e Pietro Bartolo. Attesa anche per i big che contendono ai civici la pole position: Stefano Bonaccini nel Nord Est, Andrea Orlando nel Nord Ovest, Dario Nardella e Nicola Zingaretti al Centro, Antonio Decaro al Sud. Un sudoku per abili solutori che altre volte in passato ha prodotto fibrillazioni tali da portare il Pd vicino alla scissione (come accadde a Renzi nel 2018).