AGI - Il Partito Democratico, davanti al braccio di ferro in corso nella maggioranza sul terzo mandato, non ha alcuna intenzione di "togliere le castagne dal fuoco" a Lega e FdI. Anche, durante la riunione del gruppo di lavoro varato dalla segretaria, è emersa una certa distanza fra la sensibilità dei parlamentari - in larga parte contrari al superamento dei due mandati per governatori e sindaci - e quello di alcuni suoi amministratori di peso a favore della norma. L'unica cosa certa in casa Pd è che i senatori dem non voteranno mai a favore dell'emendamento della Lega per il superamento del limite dei due mandati. "Anche la giornata di oggi dimostra che sulla questione del terzo mandato la destra è divisa", viene riferito al termine dei lavori: "Incertezza sulla grandezza dei comuni per cui dovrebbe valere un limite ai mandati, ipotesi di ritiro di emendamenti poi rimangiate. Una confusione totale nella maggioranza".
Sulla questione il Pd ribadisce che "il Dl elezioni non è lo strumento corretto per affrontare il tema". Secondo il mandato che Schlein ha conferito al gruppo di lavoro, infatti, i dem dovranno calare l'eventuale superamento dei due mandati all'interno di una più generale riforma del testo unico degli enti locali. Su questo, c'è la volontà di "misurarsi sul merito" della questione, come dice il responsabile Enti Locali del Pd, Davide Baruffi, componente del gruppo di lavoro. Non prima, però, che la destra abbia fatto chiarezza al proprio interno.
"Sembrano intenzionati a trasformare la commissione del Senato di domani in un ring su cui si sfideranno FdI e Lega. Se sarà così se la vedranno da soli e se ne assumeranno la responsabilità", avverte l'esponente dem. Oltre a questo, viene ribadito, il Pd non ha intenzione di prestarsi "al braccio di ferro tra FdI e Lega". Il ragionamento è che "non ci si fascia la testa prima che gli altri se la siano rotta", dice una fonte dem. Come tradurre questa volontà in azione parlamentare lo si deciderà domattina, a ridosso del voto in Commissione a Palazzo Madama. Se ci sarà. Le incognite, infatti, sono due. La prima è l'eventuale ritiro in extremis dell'emendamento da parte della Lega che il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, è tornato a chiedere: "Sarebbe saggio se la Lega ritirasse l'emendamento. Andare alla conta non sarebbe utile a nessuno, né alla Lega né alla maggioranza", ha detto l'esponente di governo. La seconda incognita davanti al Pd è se votare contro o uscire dall'aula.
Su questo, viene riferito da fonti dem, le sensibilità fra i parlamentari sono diverse: non tutti accetterebbero volentieri di uscire dall'aula. Il voto contrario, d'altra parte, è la strada che è intenzionato a seguire un bel pezzo di opposizione, quello formato da M5s e Avs. Votare assieme a questi ultimi darebbe un senso di unità delle forze di minoranza, si ragiona in Senato. "Chiederemo a tutte le opposizioni di raccordarsi per lasciare la maggioranza a se stessa, per lasciare che si spacchi", dice il capogruppo del Pd Francesco Boccia: "La destra si è sfasciata, sfasciando anche il sistema delle autonomie locali, modificando un sistema di limiti dei mandati che funziona da anni, per di più in un decreto che doveva solo fissare la data delle elezioni. Noi siamo stati chiari: siamo disposti a confrontarci su un testo complessivo che affronti tutte le questioni degli Enti locali", conclude.
Il Movimento 5 Stelle ha fatto del limite dei mandati una sua bandiera oltre che un valore statutario. Tanto da estendere il limite dei due mandati anche ai parlamentari. E Beppe Grillo, 'padre nobile' del Movimento, ha recentemente promosso una campagna per trasformare quel limite statutario in legge dello Stato. "Noi siamo contrari", detta la linea Conte: "A noi più che al futuro dei sindaci, dei presidenti di regioni e del loro terzo mandato, interessa il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori italiani".
Contrarissima anche Avs che, stando a quanto viene riferito, avrebbe potuto discutere una strategia comune con i colleghi del Pd, ma il confronto in corso fra i dem ha convinto anche i senatori Avs a scegliere una linea autonoma che sarà, salvo sorprese, quella che porta al voto contrario in commissione. Per tenere insieme le opposizioni, così da cogliere l'opportunità rappresentata dalle distanze che l'emendamento Lega ha fatto emergenze nella maggioranza, il capogruppo di Italia viva al Senato, Enrico Borghi, scrive al resto delle opposizioni "per proporre un incontro congiunto delle minoranze al fine di stabilire una unità di azione, fare emergere tutte le contraddizioni della maggioranza e, in linea di principio, anche mettere il governo in minoranza. Noi", aggiunge Borghi, "in vista dell'interesse politico superiore costituito dal mettere il governo in minoranza, siamo pronti a una iniziativa. Auspichiamo possa essere un tema condiviso". Al momento, tuttavia, fonti parlamentari dem si mostrano scettiche sulla reale possibilità di arrivare a mettere in difficoltà numericamente le forze di centrodestra: non ci sono i numeri, viene sottolineato.