AGI - Ancora una settimana di vacanza e poi deputati e senatori dovranno far rientro nella Capitale per riprendere l'attività parlamentare. Ad attendere maggioranza e opposizioni diversi dossier, tra cui alcuni provvedimenti che potrebbero creare fibrillazioni in Aula, a partire dal ddl sull'accordo siglato con l'Albania sui migranti, incardinato alla Camera e per il quale il governo ha chiesto e ottenuto la procedura d'urgenza (dovrebbe arrivare in Aula verso fine mese).
Non meno 'spinoso' l'iter dell'Autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega, che approderà in Aula al Senato a metà gennaio e sul quale le opposizioni sono pronte alle barricate. C'è poi la norma contestata e già ribattezzata "legge bavaglio", inserita a Montecitorio nella legge di delegazione europea con un emendanmento di Azione votato da tutta la maggioranza, che vieta la pubblicazione, anche parziale, delle ordinanze con cui si dispone la custodia cautelare: la battaglia è attesa a palazzo Madama.
Sul fronte giustizia un altro provvedimento potrebbe innescare la contrapposizione politica: la riforma della prescrizione, in agenda a Montecitorio, dove prosegue - a rilento - anche l'iter sulla separazione delle carriere dei magistrati. Infine, il clima in Aula potrebbe surriscaldarsi in occasione della discussione del nuovo decreto Ucraina, all'esame del Senato, con i 5 stelle contrari a nuovi invii di armi e risorse e che sarà preceduto il 10 gennaio dal voto sulle risoluzioni che saranno presentate dopo le comunicazioni del ministro della Difesa, Guido Crosetto, atteso in Aula prima a Montecitorio e poi a palazzo Madama.
Sullo sfondo, il decreto Milleproroghe (che partirà dalla Camera), il cui iter si preannuncia, come da tradizione, non breve e non in discesa. Ancora in commissione al Senato, con le numerose audizioni, la riforma che mira a introdurre il premierato potrebbe catalizzare il dibattito politico: la maggioranza infatti, viene spiegato, punterebbe a non allungare troppo i tempi, ma dovrà scontrarsi con il muro delle opposizioni, contrarie al ddl Casellati.
Montecitorio riaprirà i battenti dopo le festività natalizie martedì 9 gennaio: all'ordine del giorno il decreto "Piano Mattei" per lo sviluppo in Stati del Continente africano. È l'ultimo passaggio prima del via libera definitivo. In calendario anche gli illeciti agro-alimentari e la riforma della prescrizione. Una conferenza dei capigruppo, già fissata per mercoledì 10 alle 14, stabilirà il prosieguo dei lavori del mese di gennaio alla Camera, dove è atteso in Aula anche il decreto Energia (contenente Disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del Paese, la promozione del ricorso alle fonti rinnovabili di energia, il sostegno alle imprese a forte consumo di energia e in materia di ricostruzione nei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali, ma non la proroga del mercato tutelato, esclusione criticata dalle opposizioni).
Sempre da Montecitorio partirà anche l'iter del decreto Superbonus, approvato nell'ultimo Cdm del 2023, il 28 dicembre, che non prevede alcuna proroga della misura ma, tra le norme, un'agevolazione per i redditi sotto i 15mila euro. Infine, il 17 gennaio appuntamento a Montecitorio con il 'premier time', rinviato da dicembre per impegni della presidente del Consiglio Meloni.
L'Aula del Senato riprenderà i lavori il 9 gennaio alle 17, ma solo per comunicazioni del presidente sul calendario. L'indomani l'ordine del giorno prevede la Riforma del Regolamento del Senato sull'introduzione di una disposizione transitoria per l'integrazione del Consiglio di Presidenza nella XIX Legislatura (voto a maggioranza assoluta dei componenti del Senato).
Ma a palazzo Madama i riflettori saranno puntati soprattutto sull'Autonomia differenziata: è attesa in Aula il 16 e già si preannuncia battaglia da parte delle opposizioni, schierate tutte contro il ddl Calderoli, che - è l'accusa - "spacca in due l'Italia" e "danneggia il Sud".
Non meno periglioso sarà il cammino del ddl Casellati sul premierato, all'esame della commissione Affari costituzionali, e sul quale la stessa maggioranza dà per scontato il referendum, visto che i numeri non consentono di sperare in una approvazione con i due terzi dei voti delle due Camere.