AGI - In linea con il governo Draghi nel sostegno pieno all'Ucraina, accenti diversi e talvolta anche aspri con i tradizionali partner europei, ma sostanziale continuità (soprattutto sul fronte conti pubblici) nei rapporti con Bruxelles e continuità 'atlantista' nelle relazioni con gli Usa. Attenzione all'Africa con la messa a punto del cosiddetto 'Piano Mattei' e una graduale presa di distanza negli accordi commerciali con la Cina, a partire dall'addio 'soft' al progetto sulla 'Via della seta'.
Questi, a un anno dall'arrivo di Giorgia Meloni a palazzo Chigi, i punti chiave della politica estera del governo guidato dalla leader di FdI. Sul fronte guerra in Ucraina, la posizione di Meloni, peraltro già sostenuta quando la premier era all'opposizione, è stata di completo sostegno a Kiev. Una scelta pragmatica ma che nella fase di formazione del governo non è stata semplice a causa della posizione filo russa di diversi esponenti della maggioranza.
Il sostegno all'Ucraina
La prima 'grana' di politica estera di Meloni arriva un mese esatto dopo il voto, con la pubblicazione degli audio in cui Silvio Berlusconi difende di fatto Vladimir Putin attaccando Volodymyr Zelensky. "Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara - fu la risposta di Meloni - intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L'Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell'Europa e dell'Alleanza atlantica. Chi non fosse d'accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo". "L'Italia con noi al governo non sarà mai l'anello debole dell'occidente", aggiunse la premier per stoppare i sospetti di una vicinanza a Mosca.
Il sostegno a Kiev è continuato nel corso dell'anno non solo in chiave politica, ma anche militare, con l'approvazione dei decreti sull'invio di armi all'esercito ucraino. L'autorizzazione a inviare, "previo atto di indirizzo delle Camere", la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina è stata infatti prorogata al 31 dicembre di quest'anno.
Parigi-Roma
Sfumature diverse, toni più aspri e qualche tensione invece, come molti commentatori si aspettavano anche alla luce delle posizioni di Meloni espresse in campagna elettorale e durante i suoi anni all'opposizione, hanno caratterizzato il rapporto con i tradizionali alleati europei dell'Italia, a cominciare dalla Francia di Emmanuel Macron. Tra crisi e riappacificazioni, strappi e ricuciture, i rapporti tra Roma e Parigi hanno attraversato un anno di montagne russe, soprattutto per le divergenze sulla gestione dei flussi migratori.
Il culmine dello scontro è stato raggiunto a maggio, quando il presidente del partito di Macron definì "disumana e inefficace" la politica migratoria del governo, costringendo il ministro degli Esteri Antonio Tajani a cancellare una visita a Parigi alla sua omologa Catherine Colonna.
L'asse con Bruxelles
Una certa discontinuità, non solo di toni ma anche di contenuti vedi la riforma del regolamento sul Mes, ha caratterizzato il primo anno di governo Meloni anche nei rapporti con Bruxelles. Anche se, soprattutto su fronte dei conti pubblici e delle regole di bilancio, l'esecutivo ha seguito il solco tracciato da Draghi in particolare nella legge di bilancio, in cui sono stati evitati aumenti di deficit e debito che avrebbero potuto creare tensioni con l'Unione europea.
L'importanza dell'Africa
Uno dei punti su cui Meloni ha più insistito sul fronte della politica estera e che sarà centrale durante il G7 a presidenza italiana dell'anno prossimo è il rapporto con l'Africa. Meloni fin dal discorso di insediamento ha parlato di un 'Piano Mattei' per l'Africa, ovvero un "modello di cooperazione non predatorio" con le nazioni del continente, "in cui entrambi i partner devono poter crescere e migliorare".
Il piano punta anche ad arrivare a uno sganciamento progressivo dalla dipendenza dal gas di Mosca e ha l'obiettivo dichiarato di trasformare l'Italia in un hub di distribuzione di energia dal Nord Africa al cuore dell'Unione europea. Meloni ha fatto diverse missioni in Africa, a partire dall'Algeria dove sono stati siglati diversi accordi e memorandum d'intesa, passando per Addis Abeba.
L'Italia inoltre, si è spesa per l'ingresso nel G20 dell'Unione Africana, ingresso formalizzato al vertice dei 'Grandi' di New Delhi. Meloni in quell'occasione ha annunciato che l'Italia "destinerà all'Africa il 70 per cento del Fondo per il clima, 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni".
Il rapporto con Pechino
Infine, una delle operazioni già iniziate con il governo Draghi e messe in pratica dal governo Meloni riguarda la Cina e il progressivo abbandono degli accordi della cosiddetta 'Via della Seta'.
L'operazione di sganciamento si è politicamente conclusa con il bilaterale che la presidente del Consiglio ha avuto a New Delhi con il premier di Pechino, Li Qiang, alla quale seguirà quella del formale di disimpegno dagli accordi. L'esecutivo è intenzionato a non rinnovare l'accordo e si profila l'uscita 'soft' già prospettata ai cinesi nella recente visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Resta il tema della visita di Meloni a Pechino entro l'anno, che è ancora in sospeso. La premier, proprio a Delhi, rispondendo alle domande dei giornalisti ha confermato che una data ancora non c'e' e che sarebbe meglio aspettare quando le condizioni saranno più chiare.