AGI - Le asticelle non la appassionano, ripete spesso Elly Schlein, e i sondaggi sono da prendere con le molle, come dimostra la sua vittoria al congresso del Pd: "Se avessi dato retta ai sondaggi, non sarei mai stata eletta". Ma la segretaria del Pd il problema della sfida delle europee se lo pone, eccome. I dirigenti a lei più vicini sono da tempo al lavoro per studiare le mosse e le contromosse di una partita che segnerà, nel bene o nel male, il futuro della leader dem e quello del suo partito.
"Se il Partito Democratico va sotto il venti per cento saranno guai per tutti", si continua a ripetere nei conciliaboli di Camera e Senato nei quali, evidentemente, si stenta a credere a quell'obiettivo di cui si parla in segreteria: un 25 per cento che rappresenterebbe una vittoria incontestabile per la leader dem.
"Sostenere la segretaria", in questo momento, è il refrain che offrono anche gli esponenti della minoranza più intransigente nei confronti del nuovo corso Pd, consapevoli che una sconfitta potrebbe portare a conseguenze che nessuno, in questo momento può prevedere.
Il malessere di alcuni pezzi di partito è un fatto acclarato dai trenta esponenti liguri che hanno lasciato il partito due settimane fa, ma anche dagli addii di esponenti storici come Enrico Borghi, prima, e Rosa Maria Di Giorgi, che oggi annuncia il suo passaggio a Italia Viva. Anche perchè, a differenza di quanto fatto dagli esponenti liguri, Di Giorgi una ragione politica per il suo addio.
"Il partito si è spostato verso sinistra e verso il Movimento 5 Stelle" rinnegando - è il ragionamento di Di Giorgi - la sua stessa ragione sociale: mettere e tenere insieme le due culture politiche eredi dei due grandi partiti di massa, Pci e Dc. Un segnale, spiega una fonte dem, che c'è in atto un "forcing" da parte di Renzi e Calenda per cercare di conquistare spezzoni di classe dirigente per dire "siamo attrattivi".
Ma a preoccupare le correnti è soprattutto la prospettiva di arrivare tanto indeboliti all'appuntamento con le urne da non riuscire a eleggere i nomi su cui puntano per le europee, le regionali e le amministrative che si terranno da qui a nove mesi. L'incastro tra sindaci e governatori di regioni non rieleggibili e i seggi al Parlamento europeo è da sudoku e nessuno, in questo momento, "può giocare contro la propria squadra", ripete un esponente di spicco del partito. Nonostante questo, il peso delle correnti si fa sentire sul Nazareno.
La segretaria ha rivendicato, fin dal suo insediamento, il diritto di dettare la sua linea. Non sfugge agli esponenti a lei vicini, tuttavia, che fra gli iscritti ha vinto Bonaccini e questo ha un peso anche negli organi statutari. Cosi', l'idea di una conferenza sulla forma partito lanciata da Schlein nell'intervento conclusivo alla festa di Ravenna è suonata a molti come "un avvertimento".
L'idea di Schlein, viene riferito, sarebbe quella di "democratizzare" ancora di più la vita interna del Pd, prevedendo primarie anche per la scelta dei segretari locali. Una prospettiva che genera, al momento, dubbi trasversali, tra chi paventa "guerre tra cacicchi locali" e chi segnala che il tentativo di aprire il partito all'esterno in chiave anti correnti è una sorta di tradizione per i segretari entranti.
Lo ha fatto, da ultimo, Enrico Letta con le Agorà e, prima di lui, Nicola Zingaretti con la convention Piazza Grande. Tentativi rimasti tutti sulla carta. Fatto sta che Schlein si trova nella scomoda posizione di dover affrontare una campagna elettorale da tutti contro tutti - come impone la legge proporzionale delle europee - con un partito mai pacificato e in cui si susseguono i momenti di fibrillazione. Non solo. Il Movimento 5 Stelle, con Giuseppe Conte, ha dato segno di voler premere sull'acceleratore della campagna elettorale.
Contro la maggioranza e il governo, certo. Ma anche contro i dem. Le parole di Giuseppe Conte, ieri nella doppia intervista a Bruno Vespa, sono state colte con fastidio dai vertici Pd. "Il blocco navale è una presa in giro", dice il presidente del M5s riferendosi alla linea del governo: "Ma non possiamo nemmeno dire agli italiani, come fa il Pd, che si può dare accoglienza indiscriminata a tutti".
La stessa Schlein, togliendo i guanti bianchi con cui ha trattato fino a ora il potenziale alleato, risponde netta: "Conte non ha letto le sette proposte presentate dal Pd. Aspettiamo di vedere le sue". Conte, rileva un deputato Pd, "è pur sempre colui che ha firmato i decreti Salvini, poi rinnegati". Tradotto: la distanza su questo tema fra Pd e M5s non è una novità.
La segretaria ha sempre detto di non amare le passerelle: "A cosa sarebbe servito, in un momento come questo, andare a Lampedusa?", è la domanda con cui un esponente della segreteria risponde a chi chiede per quale ragione Schlein non sia volata sull'isola.
Tuttavia, osserva un parlamentare della minoranza interna, l'immagine di Conte a Lampedusa "rischia di essere un messaggio più efficace di cento proposte". Di fronte a tante incertezze, si moltiplicano voci e scenari sul futuro prossimo del Pd e della sua segretaria. In caso di un risultato soddisfacente alle europee (sopra il 21 per cento), nessun problema.
Ma se le cose dovessero mettersi male? Schlein è determinata, in ogni caso, a concludere il suo mandato e accompagnare il Pd alle elezioni politiche. Ma, stando a quanto riferisce una fonte parlamentare, all'interno del partito c'è chi ragiona anche sullo scenario peggiore. In caso di sconfitta alle europee, l'ipotesi 'di scuolà è quella delle dimissioni della segretaria e del mandato a termine conferito al presidente, Stefano Bonaccini.
L'altra ipotesi, avanzata da fonti parlamentari, è che Schlein possa convocare un nuovo congresso per cercare una riconferma. Una possibilità che, stando a quanto riferiscono fonti della segreteria, non viene contemplata al momento dalla leader dem. Questo perchè, viene spiegato, in caso di convocazione del congresso dovrebbe riunirsi l'assemblea e, in quel caso, sarebbe quasi sicura l'elezione di Bonaccini che, nel parlamentino dem, avrebbe i numeri per tentare la 'promozionè da presidente a segretario.
C'è infine chi avanza il nome di Gentiloni come "riserva di lusso" per pacificare un partito che, in caso di sconfitta, sarebbe da rifondare. Tuttavia, quello del commissario agli Affari Economici dell'Unione Europea è un profilo "troppo alto" per essere "bruciato" con la segreteria: "Sarebbe un nome da spendere in caso di crisi politica e di fine anticipata del governo. O, al limite, come federatore di un campo di centrosinistra", viene sottolineato.
Anche per rispondere a questa 'offensiva, la segretaria si è convinta della necessità di imprimere una svolta alla sua azione, dentro e fuori il partito. Dopo aver presentato le sette proposte del Pd in tema di immigrazione, oggi sono state presentate le proposte dem contro il caro vita. Le risposte dirette contro il governo si sono fatte più forti, da "Meloni campionessa di boomerang" sui migranti, al "Giorgetti si ricordi che è lui che sta al governo da un anno", sulla manovra.
Una inversione di marcia comunicativa rispetto a formule come "esternalizzazione del fenomeno migranti" che le sono costate dure critiche durante e dopo la trasmissione Otto e Mezzo.