AGI - I contatti informali avviati dal Partito Democratico con le altre opposizioni sul tema della sanità cominciano a dare i primi risultati. Nonostante distinguo e frenate, stando a quanto apprende AGI, la prossima settimana un primo incontro ufficiale fra gli ambasciatori dei partiti e i responsabili per materia potrebbe essere convocato per "iniziare la discussione sul merito delle proposte".
Al tavolo, al momento, dovrebbero sedersi Pd, M5s, Azione, Avs e Più Europa. Rimarrebbe fuori Italia Viva, che pure era stata invitata, per tramite di Carlo Calenda, a partecipare al lavoro. I renziani hanno declinato l'invito per protestare su quello che considerano "l'ostracismo del Pd" nei loro confronti. "Ci hanno detto di 'no' al coordinamento delle opposizioni in parlamento, ci hanno escluso dal confronto sulle presidenze della commissione Schengen e di quella sulle Ecomafie", è la spiegazione che arriva da parte renziana: "La collaborazione si fa su tutto, non solo su quello che fa comodo a loro".
Un passo avanti, quello sulla proposta per la sanità (si vedrà poi se si tratterà di una proposta di legge o di un pacchetto di emendamenti alla manovra), al quale si aggiunge l'indicazione del mese di ottobre per la calendarizzazione del testo unitario dell'opposizione sul salario minimo. "Il Salario minimo non è archiviato", dice la capogruppo dem alla Camera, Chiara Braga: "La riunione dei capigruppo di oggi ha deciso il ritorno in aula nel mese di ottobre del provvedimento voluto dal Pd e dalle opposizioni perche' l'estate non ha cancellato stipendi miseri per tre milioni di lavoratori".
Nel frattempo, aggiunge Arturo Scotto, "dalla destra, a eccezione di qualche finzione diplomatica, non e' arrivata nessuna proposta concreta. Dunque, al voto in Parlamento arriverà solo la nostra proposta. L'unica in campo". E il capogruppo M5s avverte: "Ora il governo Meloni non cerchi stratagemmi per rimandare un provvedimento tanto atteso da tutto il Paese".
Verso le elezioni europee
In questo contesto si inserisce il pressing di alcuni big del partito perché si cominci a istruire il dossier delle elezioni europee. L'obiettivo è non farsi trovare impreparati quando ci si sarà da costruire le liste elettorali. Il suggerimento per Elly Schlein arriva da alcuni big del partito, alcuni dei quali, stando a quanto risulta all'AGI, avrebbero chiesto alla segretaria di discuterne.
Il tema, tuttavia, è relegato in fondo all'agenda della leader dem: "Non sta pensando minimamente alle candidature", viene riferito da fonti qualificate del Pd. E a domanda diretta, a margine dell'ultima assemblea dei deputati dem, la segretaria si è smarcata con una risata alla quale ha fatto seguito un saluto cordiale ai cronisti.
Nonostante questo, il tema è ben presente fra i parlamentari dem. E, in mancanza di certezze, si affastellano ipotesi e ricostruzioni. Ormai da giorni, tra parlamentari e addetti ai lavori, si parla della tentazione di Schlein di candidarsi in prima persona, presentandosi in tutti i collegi.
Una mossa che, viene spiegato da un senatore Pd, consentirebbe alla segretaria di massimizzare il risultato e raggiungere quella soglia psicologica del 25 per cento che rappresenterebbe un successo per il partito. Non solo. Al fine di mettere in campo tutto il potenziale del Pd, un esponente di primo piano dell'esecutivo dem avrebbe 'sfidato' tutti i nomi di peso del partito a scendere in campo in prima persona.
Tuttavia, "Schlein non ne parla. Potrebbe essere tentata dalla chance di candidarsi personalmente, visto che rappresenterebbe un traino importante di voti. Ma al momento non ne ha fatto parola", conferma un parlamentare vicino alla leader Pd. In ogni caso, le elezioni europee sono il vero test elettorale del mandato da segretaria di Schlein. Se il partito arriva al 25-27 per cento, come spera la maggioranza, non ci saranno problemi. Ma se si dovesse fermare al 21 per cento, o addirittura sotto quella soglia, ogni scenario sarebbe aperto.
Un primo totonomi
Quanto visto con l'addio degli esponenti liguri, e soprattutto nelle ore successive, è la dimostrazione che la tregua interna è fragile e che basta poco a dare carburante a una minoranza interna in vigile attesa.
Tra i nomi che vengono citati quali potenziali candidati alle europee ci sono quelli di amministratori che hanno sostenuto Stefano Bonaccini al congresso: da Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro, a Dario Nardella, sindaco di Firenze, per arrivare ad Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, e Giorgio Gori, sindaco di Bergamo.
Seguono i presidenti di Regione che non possono essere rieletti: Michele Emiliano (che però starebbe pensando anche all'ipotesi di candidarsi a Foggia), a Vincenzo De Luca, per arrivare allo stesso Stefano Bonaccini. La minoranza dem potrebbe, inoltre, ricandidare alcuni uscenti come Pina Picierno o il capodelegazione Brando Benifei, animatore di una lista di giovani per Bonaccini al congresso. In quota maggioranza, a Bruxelles c'è Camilla Laureti, fedelissima della segretaria, unica a sostenerla al congresso.
Tra gli esponenti vicini a Schlein (sprovvisti al momento di seggio in Parlamento) ci sono, tra gli altri, Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del Pd e Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio e coordinatrice della segreteria dem. Infine, Chiara Gribaudo, deputata e vicepresidente del partito. Lo spazio per fare delle liste aperte alla societa', che allarghino il perimetro del Pd, rischia di essere ristretto.
All'Italia, nonostante l'aumento di 15 seggi deciso dal Parlamento Europeo, continueranno a spettare 76 eletti sui 720 totali. Da qui, la necessità di affiancare agli esponenti politici di lungo corso alcuni nomi fuori dalla politica, ma capaci di far presa sull'elettorato di centrosinistra. Tramontata la suggestione Lucia Annunziata, si parla di Roberto Saviano e Cecilia Strada. Ma, anche qui, si tratta di ipotesi alle quali, al momento, non sono seguiti tentativi di approccio con i diretti interessati. D'altra parte, come spiega un senatore dem, "se ci saranno nomi dal forte richiamo anche fuori dal partito, saranno presentati sullo scadere del gong, perché non vengano bruciati".