Nelle ultime settimane si è registrata una sostanziale assenza di avvenimenti politici di rilievo, in grado di incidere in modo significativo sugli orientamenti dell’opinione pubblica. Se si eccettua la separazione tra Azione e Italia Viva, dopo il divorzio che ha messo fine all’esperimento di un partito unico del Terzo Polo, la nostra Supermedia di oggi è quasi identica a quella di due settimane or sono, con Fratelli d’Italia primo partito appena sotto il 29%, seguito dal Partito Democratico (20,4%) e dal Movimento 5 Stelle (15,9%). Si conferma, anche questa settimana, un dato di Azione (4,3%) superiore a quello di Italia Viva (2,9%).
Se però si osservano le variazioni dal punto di vista delle aggregazioni, si nota effettivamente una tendenza, sia pur lieve: tutte le aree di opposizione (centrosinistra, M5S ed ex Terzo Polo) guadagnano qualcosa, crescendo complessivamente dello 0,7%; l’area di maggioranza invece arretra leggermente (-0,3%), con il che la distanza tra forze di governo (45,7%) e l’insieme delle forze parlamentari d’opposizione (48,5%) aumenta esattamente di un punto.
Durante un periodo segnato da due festività in rapida successione (la Liberazione e il Primo Maggio) tipicamente associate a temi progressisti, il governo di centrodestra si è adoperato per approvare, annunciandolo proprio nel giorno della festa dei lavoratori, un nuovo decreto Lavoro.
Quello del lavoro è un tema particolarmente delicato, non solo per la sua oggettiva centralità nel nostro sistema economico e sociale, ma anche per l’importanza che, secondo i sondaggi, gli italiani attribuiscono al tema quando si parla delle priorità che la politica deve affrontare. Da questo punto di vista, però, le misure previste dal governo potrebbero non risultare particolarmente apprezzate. In particolare, le opposizioni (PD e M5S in testa) hanno duramente contestato la maggiore flessibilità sui contratti a tempo determinato introdotta dal decreto. Secondo un sondaggio di EMG, il 54% è contrario a questa modifica, contro un 26% di favorevoli.
E in effetti, stando a quanto emerge da un’ulteriore indagine realizzata da Ipsos, 6 italiani su 10 sono dell’opinione che il precariato sia un problema, il doppio di chi (30%) pensa invece che una maggiore flessibilità dei rapporti di lavoro costituisca un’opportunità per i lavoratori e per le imprese. Il problema principale legato al lavoro, secondo la percezione degli italiani, non riguarda però la flessibilità dei contratti, bensì le retribuzioni. Secondo il sondaggio Quorum/YouTrend per Sky, ben il 50% ritiene che gli stipendi in Italia siano troppo bassi, e che il livello insufficiente delle retribuzioni sia anche alla base della carenza di forza lavoro, talvolta denunciata pubblicamente da alcuni imprenditori – sia piccoli che grandi.
Secondo il nostro sondaggio per @skytg24 per la metà degli italiani la difficoltà che alcuni imprenditori incontrano nel trovare lavoratori dipende in primo luogo dagli stipendi troppo bassi. Una posizione sostenuta soprattutto dai più giovani e dai laureati. pic.twitter.com/ARUr52Rhth
— YouTrend (@you_trend) May 3, 2023
Almeno per quanto riguarda i lavoratori che guadagnano fino a 35 mila euro, il taglio (temporaneo) del cuneo fiscale previsto dal decreto dovrebbe rispondere – anche se parzialmente – a questa esigenza. Tra le altre misure previste, poi, alcune riguarderanno il superamento dello strumento del Reddito di cittadinanza, che dal 1° gennaio dell’anno prossimo dovrebbe essere sostituito da un nuovo strumento meno “generoso”.
Su questo tema non si registra né una contrarietà prevalente né un apprezzamento maggioritario: tra gli italiani che si esprimono, secondo il sondaggio EMG, favorevoli e contrari alla riforma del RdC sarebbero pressoché equivalenti (38% i primi, 39% i secondi).
Quando si parla di lavoro, quindi, il governo non sembra intercettare le preferenze della maggioranza degli elettori; ma ci riesce ancora meno la controparte “naturale” dell’esecutivo su questi temi, e cioè il sindacato. Secondo una rilevazione di Tecnè, la maggioranza degli italiani (52%) ritiene che i sindacati non rappresentino gli interessi di chi lavora. Indicativo, a questo proposito, è il fatto che coloro che invece hanno un’opinione positiva dei sindacati sono meno numerosi proprio tra quelle categorie di lavoratori meno tutelate: ad esempio, solo il 26% degli autonomi ritiene che i sindacati facciano gli interessi dei lavoratori, il 29% dei disoccupati, e il 32% degli operai e dei precari – tutti dati inferiori alla media nazionale, pari al 34%.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto. La ponderazione odierna, che include sondaggi realizzati dal 20 aprile al 3 maggio, è stata effettuata il giorno 4 maggio sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. I sondaggi considerati sono stati realizzati dagli istituti Demos (data di pubblicazione: 29 aprile), EMG (1° maggio), Euromedia (26 aprile), Quorum (2 maggio), SWG (24 aprile e 1° maggio) e Tecnè (22 e 29 aprile).
La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.