AGI - Una stretta sull'utilizzo dei telefoni cellulari in maniera illecita da parte dei detenuti ma anche pene più severe a coloro che forniscono a chi è in carcere qualsiasi tipo di dispositivo elettronico "in grado di consentire la connessione sulle reti internet e di poter effettuare operazioni finanche bancarie": è quanto prevede un disegno di legge di Fdi depositato a palazzo Madama a prima firma del senatore Menia.
"Bisogna con ogni urgenza intervenire legislativamente nel sistema penitenziario italiano, al fine di contrastare e sanzionare più efficacemente l'uso illecito di telefoni cellulari", si legge nella premessa del testo che richiama "le vibrate richieste d'intervento legislativo che provengono dal mondo degli operatori penitenziari, in particolare, dagli appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria".
Anche se si riesce "a individuare e sequestrare i dispositivi cellulari telefonici illecitamente tenuti dalle persone detenute" non si può - questa l'analisi - "di fatto contare su una rigorosa risposta sanzionatoria, sia penale che disciplinare, adeguata al possibile vulnus che viene perpetrato nei confronti della credibilità del sistema penitenziario e giudiziario, non essendovi, a oggi, alcuna esplicita previsione in tal senso e risultando il tutto lasciato, in verità, alla creatività di quanti eventualmente giudicheranno sia sul piano giudiziario che amministrativo".
Mancano "esplicite e tassative disposizioni in materia", la denuncia, non c'è "una previsione di sanzioni penali e disciplinari". E ancora: "Le continue notizie, inoltre, che provengono dalla stampa, soprattutto quella locale, in merito a tali illeciti, inducono l'opinione pubblica a ritenere, non senza ragione, che attraverso i cellulari, i tablet et similia, i detenuti di fatto continuino a curare non solo i meri rapporti familiari, ma soprattutto, prima di tutto, i loro loschi affari, mantenendo le fila del controllo di gruppi criminali e di traffici".
Il ddl di Fdi ricorda "il contenuto dell'articolo 650 del codice penale il quale, avendo natura contravvenzionale, appare obiettivamente inefficace".
Da qui l'urgenza di un intervento "anche al fine di evitare un ulteriore rischio", ovvero che "pubblici ufficiali o addetti a servizi pubblici, o comunque persone autorizzate ad accedere all'interno degli istituti penitenziari, semmai perchè minacciati, oppure per trarne profitto, si prestino a introdurre illecitamente dispositivi telefonici o altri strumenti od oggetti che consentano ai detenuti di poter comunicare con l'esterno".
I numeri parlano di un fenomeno in crescita: nei primi 9 mesi del 2020 sono stati 1761 gli apparecchi rinvenuti nelle carceri italiane, requisiti all'interno o bloccati prima del loro ingresso. Nello stesso periodo del 2019 erano stati 1206 mentre nel 2018 se ne erano registrati 394. I detenuti a norma di legge hanno la possibilità di fare una telefonata a settimana, della durata massima di dieci minuti; due al mese se si è al 41 bis.
Al momento le norme prevedono una pena da 1 a 4 anni per chi introduce o detiene telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione all'interno di un istituto penitenziario.
"Si applica - è stabilito dal Codice Penale, all'art.391 ter - la pena della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena prevista dal primo comma si applica anche al detenuto che indebitamente riceve o utilizza un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni". Con l'art.391 bis è già stabilito che chiunque consente a un detenuto, "sottoposto alle restrizioni" conseguenti all'articolo 41 bis "di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte è punito con la reclusione da due a sei anni".
E che se il fatto "è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da tre a sette anni", la pena prevista "si applica anche al detenuto sottoposto" alle suddette restrizioni.
Il ddl a prima firma Menia inserisce un 'Art.391-quater': "Fuori dei casi previsti dagli articoli 391-bis e 391-ter, la detenzione indebita all'interno del carcere da parte del detenuto di apparecchi telefonici o altri dispositivi idonei a effettuare comunicazioni è punita con la pena di mesi sei di reclusione".
In caso di accertato effettivo utilizzo dell'apparecchiatura da parte del detenuto "si applica - si legge nel ddl - il terzo comma dell'articolo 391-ter", nel caso "in cui si accerti che attraverso l'utilizzo illecito dell'apparecchiatura la persona detenuta abbia mantenuto rapporti con appartenenti a organizzazioni criminali, anche se tra questi vi siano familiari e conviventi, la pena è aumentata.
"Le pene di cui ai commi precedenti possono, in ogni caso, essere - si aggiunge - ulteriormente aumentate nel caso in cui si accerti che attraverso l'utilizzo dell'apparecchiatura la persona detenuta non ancora condannata abbia cercato di influire sull'andamento del processo, tentato di inquinare le prove o comunicato con persone complici al fine di sottrarre all'acquisizione da parte dello Stato beni personali leciti o beni proventi del reato, o minacciato testimoni o comunque concretamente progettato o posto in essere un tentativo di evasione suo o di altri ristretti".
Inoltre "al pubblico ufficiale e all'incaricato di pubblico servizio di cui al presente comma che operino in ambito penitenziario si applica la pena accessoria della destituzione d'ufficio per infedeltà verso l'amministrazione penitenziaria e comunque, in caso di sospensione della pena e fino a che non siano effettivamente destituiti, la sospensione dal servizio con relativa riduzione stipendiale".
Il disegno di legge si compone di soli tre articoli. "La logica di questo provvedimento - dice Menia - è chiara. Servono misure certe". "Chi porta un telefonino in carcere - afferma Enrico Sbriglia, presidente dell'osservatorio internazionale della legalità di Trieste ed ex provveditore regionale delle carceri del Triveneto - causa un problema enorme, provoca ulteriori comportamenti dolosi. Con questa legge si puniscono coloro che tradiscono la loro funzione istituzionale e si macchiano del reato di introdurre un telefonino in carcere. E allo stesso tempo si tutela chi fa sempre il proprio dovere".