AGI - La più convinta appare la 'new entry' Elly Schlein. A meno di una settimana dalla sua investitura ufficiale all'assemblea del Pd, la neo segretaria dem cerca di lasciare il segno lanciando un appello al dialogo ai leader degli altri partiti dell'opposizione, Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Nicola Fratoianni. La scenografia è quella del palco del congresso nazionale della Cgil a Rimini. Tutti e quattro i leader sono ospiti del segretario generale Maurizio Landini. E Schlein chiede che il confronto "continui anche altrove, per essere più efficaci nel ruolo di opposizione". Un dialogo che vorrebbe trasferire "nelle piazze" e nei palazzi della politica, pronta a chiudersi "in una stanza, anche fino a notte fonda, per trovare qualcosa da fare insieme". L'idea è subito accolta con favore dal segretario di Sinistra italiana. "Io comincerei subito, siamo già in ritardo", accoglie l'appello Fratoianni.
Sul palco di Rimini, speculare la proposta di Conte. Il leader M5s chiede agli ex alleati un patto "su istruzione, sanità, lavoro e rilancio produttività, lotta alle disuguaglianze". "Il tutto in una visione ecologica", puntualizza, avendo come "stella polare i valori costituzionali". Come è speculare l'interesse di entrambi - Schlein e Conte - all'incontro con Yolanda Diaz, ministra spagnola del Lavoro e dell'Economia sociale. Il leader M5s la vede appena arrivato al Palacongressi e fa trapelare "l'asse" siglato con la promotrice della riforma del lavoro a Madrid. La segretaria dem elogia il modello spagnolo e porta Diaz con sè nel punto stampa organizzato al termine del dibattito.
La cautela di Conte
Ogni riflessione sulle alleanze - frena, però, Conte - è un discorso "astratto" e "prematuro". "Partiamo da questi quattro grandi patti" su lavoro, sanità, scuola e disuguaglianze e "cerchiamo di costruire contenuti che ci possano dare un orizzonte di marcia comune e poi di lì si vedrà se c'è un perimetro", sottolinea. "Parlare di alleanza - avverte - significa anticipare una prospettiva di strutturazione delle forze assolutamente prematura, questo è il momento del dialogo, del confronto e dell'elaborazione di soluzioni concrete".
Le distanze tra le diverse forze politiche del centrosinistra permangono. E sono evidenti nelle punzecchiature tra Conte e Carlo Calenda, il quale, ancora prima di salire sul palco, chiarisce che a Rimini non si rifarà la "foto di Vasto" e che con Pd e M5s non ha alcuna intenzione di andare. Il leader del Terzo Polo, che ammette di 'cercare' voti anche nell'elettorato di centrodestra, è il più timido rispetto a una riapertura del dialogo. Un confronto "sul merito deve esserci sempre, non c'è mai una preclusione ideologica", premette Calenda. "Questo non è un comitato di liberazione nazionale, perchè siamo in democrazia. Ci sono punti che ci dividono profondamente e altri su cui possiamo lavorare insieme e abbiamo il dovere di farlo", aggiunge poi.
Il risultato è che la più 'risolutiva' rispetto alla prospettiva di ripresa del dialogo appare la moderatrice, Annunziata. "Visto che siamo in Romagna, propongo di chiamarlo il cooordinamento dell'antiPapetee", suggerisce la giornalista, citando lo storico luogo di villeggiatura del leghista Matteo Salvini.
Affinità e divergenze
I temi in cui si possono costruire convergenze tra le diverse forze emergono comunque sul palco della Cgil: in primo luogo il salario minimo, cavallo di battaglia di M5s, come tiene a rivendicare Conte, su cui Schlein ha mostrato di voler puntare, facendone oggetto del dibattito di ieri nel 'premier time' a Montecitorio; oltre alla sanità e alla scuola. Comune anche il giudizio negativo sulla riforma fiscale del governo Meloni. Su questo tema interviene nuovamente anche Landini. "Il Paese sta in piedi con le tasse che pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati. Io mi sono rotto le scatole, non ci sto più che sono io che pago le tasse anche per quelli che non le pagano, quando le potrebbero pagare più di me", scandisce il numero uno del sindacato.
Evidenti, però, anche le divergenze tra i partiti del centrosinistra, sottolineate soprattutto da Conte e Calenda. Per il presidente pentastellato il Jobs act è stato un "fallimento"; per il leader del Terzo Polo ha portato 1,2 mlioni di nuovi occupati. Frecciatine tra Calenda e Conte anche sull'aggressione russa all'Ucraina, con il primo che tiene a rivendicare la politica estera filo-atlantica senza tentennamenti, suscitando brusii in platea. O quando l'ex premier ricorda al leader di Azione tutte le volte che, insieme all'amico Matteo Renzi, ha "votato con la destra", suscitando gli applausi della platea. "A me va bene tutto, ma mi dite quando avrei votato con la destra? Sulla guerra? Allora ho votato anche col Pd: il Pd è di destra? Noi con la destra non abbiamo mai votato, informatevi invece di fare i pecoroni", reagisce Calenda.