AGI - Elly Schlein e Stefano Bonaccini come "La strana coppia" di Jack Lemmon e Walter Matthau: opposti, ma complementari. L'una rappresenta il cambiamento, l'altro l'esperienza. Così si sono presentati nel corso del congresso che li hanno visti l'uno contro l'altra schierati. Alla prima assemblea del Partito Democratico dopo le primarie si materializza l'asse fra Elly e Stefano, come li chiamano i delegati che si alternano sul palco.
Più che l'elezione del governatore a presidente dem, è la modalità con cui questa è maturata a raccontare di un rapporto di collaborazione fra i due che affonda le radici nella giunta dell'Emilia-Romagna, dove la promotrice di Occupy Pd era vice del governatore. I due hanno condotto i colloqui sugli assetti del partito lontani dalle correnti.
Lo confermano alcuni esponenti dem di primo piano nel confessare di essere sostanzialmente "tagliati fuori" dalle trattative. "Difficile capire cosa vogliono fare Elly e Stefano", ammettono. L'elezione di Bonaccini alla presidenza dell'assemblea, su proposta di Schlein, non ha reso tutti felici nella variegata area che si è andata formando attorno al governatore. La soluzione che si chiedeva da più parti era quella di un Bonaccini in segreteria, magari con il ruolo di vice. Un modo per incidere direttamente nella linea politica della segretaria. Altri, avrebbero preferito che il governatore rinunciasse alla presidenza per permettere ad alcuni dirigenti che guardano a lui di entrare nell'esecutivo dem. Niente da fare.
Bonaccini e Schlein hanno scelto di comune accordo una soluzione che a loro modo di guardare tutelano innanzitutto il partito, anche in vista delle prossime scadenze elettorali, a cominciare dalle elezioni europee. Passaggio fondamentale, questi, anche per le alleanze. Alle urne per rinnovare il parlamento di Bruxelles si vota, infatti, con un proporzionale che metterà in chiaro i rapporti di forza dentro l'opposizione in Italia e, in base a quelle, si apriranno i lavori per le alleanze alle politiche.
Prima di ragionare su quali compagni di viaggio scegliere, però, c'è da organizzare il partito per garantire una traversata del deserto il più possibile serena. Perché, come segnalato da Gianni Cuperlo, "per due volte il tentativo di cambiamento non ha retto alla forza degli eventi. Non possiamo permetterci un nuovo rovescio". Un riferimento a Nicola Zingaretti ed Enrico Letta, i due segretari che Schlein ringrazia per avere avviato il percorso di cambiamento.
Un percorso avviato ma non completato proprio a causa delle oligarchie interne di cui ha parlato anche Nicola Zingaretti e che lo portarono al passo indietro. Oggi, quelle stesse oligarchie appaiono depotenziate, oltre che smembrate. Una esponente di estrazione orfiniana come Chiara Gribaudo è oggi tra le esponenti più vicine a Schlein, mentre Matteo Orfini è uno dei "grandi elettori" di Bonaccini. Areadem ha vissuto una piccola diaspora, con il leader Dario Franceschini e Michela Di Biase che hanno sostenuto Schlein, mentre dirigenti come Piero Fassino e Pina Picierno hanno preferito Bonaccini.
Correnti frammentate anche nel fronte di Schlein: la sinistra 'movimentista' rappresentata dalla stessa segretaria non è, per stessa ammissione di dirigenti di primo piano come Goffredo Bettini o Andrea Orlando, sovrapponibile alla sinistra del partito. Ci sono poi gli esponenti che guardano a Zingaretti e, ancora, quelli che preferiscono Peppe Provenzano. Tutte declinazioni di una sinistra dem che ha avuto difficoltà anche nel trovare un proprio candidato alla segreteria, prima di convergere su Schlein. Questa frammentazione delle correnti, assieme alla 'consuetudine' tra Schlein e Bonaccini, è la chiave che ha permesso ai due di condurre in autonomia quasi totale il lavoro sugli assetti del partito.
Lavoro che ora andrà completato con la segreteria e le capigruppo. Anche in questo caso, c'è buio fitto fra gli esponenti dem. Le uniche indicazioni che arrivano riguardano precedenti. La composizione della segreteria ha sempre ricalcato la linea della leadership, viene spiegato. Ma c'è da considerare che nella segreteria Letta si era osservato un equilibrio quasi perfetto fra le correnti, con esponenti vicini a Orfini, altri come Provenzano provenienti dalla sinistra dem e altri ancora da Base Riformista, come Enrico Borghi.
L'impressione è che, per seguire l'imperativo di restituire una linea politica chiara al partito anche nell'unità, Schlein scelga di caratterizzare nettamente il suo esecutivo. Doveroso il discorso per quello che riguarda le presidenze dei gruppi parlamentari. Pezzi della sinistra dem vedono come un rischio il lasciare alla minoranza la presidenza della Camera, per la quale si fa il nome di Simona Bonafé.
In Parlamento, infatti, gli equilibri sono a favore di Stefano Bonaccini. Ma c'è anche da considerare tre elementi. Il primo: che la segretaria siede alla Camera e potrà vigilare sull'azione dei suoi deputati. Il secondo è rappresentato dalla scomposizione delle correnti di cui si è detto. Il terzo, infine, è la tendenza degli esponenti dem e degli eletti in primo luogo a essere 'liquidi' e spostarsi progressivamente verso la mozione vittoriosa al congresso.