AGI - Sono quelli di Marta Bonafoni e Andrea Pacella i nomi nuovi che si fanno per la nuova segreteria del Partito Democratico targata Elly Schlein.
La prima arriva dal consiglio regionale del Lazio, dove è stata rieletta dopo aver guidato per cinque anni la lista civica Zingaretti ed è data in rampa di lancio per le prossime elezioni europee.
Il secondo è piemontese, uno dei leader dei Giovani Democratici, vicino a un nome di peso dell'area Schlein, Chiara Gribaudo, e con ottimi rapporti con lo stesso Nicola Zingaretti. Due volti nuovi del Pd, dunque, cosi' come promesso dalla leader dem fin dalla campagna congressuale.
Nomi che si vanno ad aggiungere a quelli in pole per l'esecutivo Pd: Chiara Gribaudo (data in pole per il ruolo di vice), Chiara Braga (alla quale potrebbe andare la delega del lavoro), Alessandro Zan (diritti), Marco Furfaro (coordinatore della segreteria o vice segretario), Marco Sarracino (organizzazione), Antonio Misiani (economia). A questa partita è legata quella dei gruppi parlamentari, con la possibilità di vedere riconfermata a Montecitorio Debora Serracchiani, in quota Bonaccini, e con le quotazioni di Francesco Boccia sempre più alte per palazzo Madama (dove rimane anche l'ipotesi Cecilia D'Elia).
La neosegretaria è alle prese con l'avvio del nuovo corso che ha promesso per il Partito Democratico con l'obiettivo di preservare l'unità del Pd e la chiarezza nella linea politica. Un obiettivo niente affatto scontato come si ricava anche dalla dichiarazione di Graziano Delrio, "la nostra scommessa deve essere di attrarre la società tutta", che fa a botte con chi nel partito predica la necessità di dare una chiara identità di sinistra ai dem.
In questo quadro, la formazione della squadra di governo del partito è un dossier chiave.
L'incontro di giovedì fra Schlein e Bonaccini ha certificato il comune desiderio di unitarietà.
Come questa vada declinata da qui in avanti rimane pero' un rebus di difficile composizione. "Siamo in una fase di attesa", dicono fonti parlamentari vicine a Stefano Bonaccini "è tutto in evoluzione e tutto ruota attorno al ruolo di Stefano". Un ragionamento che conferma come il presidente dell'Emilia-Romagna sia ormai considerato il punto di riferimento dell'area liberal-riformista del Pd.
Il dubbio che attraversa quest'area è se accettare l'incarico di presidente del partito o chiedere la vice segreteria. Stando a quanto viene riferito, la prima ipotesi sarebbe quella più gradita dall'area Bonaccini. E anche la più coerente: il ruolo di vicesegretario, infatti, viene assegnato di prassi a esponenti che hanno un comune punto di vista con il leader Pd, anche per evitare 'strappi' potenzialmente destabilizzanti per il partito. Le dimissioni di un vicesegretario, infatti, potrebbe innescare una reazione a catena che coinvolgerebbe la segreteria tutta. Legarsi mani e piedi alla linea della segretaria, è il ragionamento che viene fatto fra i sostenitori di Bonaccini, minerebbe la capacità di incidere dell'area liberal-riformista.
"Per accettare un incarico di vice bisogna che le deleghe siano significative, altrimenti se devi stare li' a fare la foglia di fico, meglio pensare ad altro", ragionano gli esponenti che hanno sostenuto la corsa congressuale di Bonaccini. Meglio la presidenza del partito, dunque. Il presidente del partito è, infatti, il presidente dell'assemblea, 'metronomo' dell'azione politica e unico organo del partito a poter sfiduciare il segretario. La minoranza interna, nel frattempo, studia le prime mosse della segretaria ricavandone un giudizio tutto sommato positivo. "Si' è mossa bene, le prime scelte sono state quelle giuste", osservano. Anche la manifestazione di Firenze viene considerato un atto dovuto, azzeccato. E questo al di la' di ogni discorso riguardante le alleanze.
Perché, se è vero che Schlein e Giuseppe Conte hanno marciato insieme contro gli squadristi visti in azione davanti al liceo Michelangiolo, è pur vero che Schlein non ha al momento, compiuto alcuno strappo rispetto alla linea del Pd sull'Ucraina. Anzi, quella linea è stata ribadita dalla segretaria dem che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a esponenti riformisti come Enrico Borghi.
"Le parole di Elly Schlein al New York Times e a Che Tempo che fa sgombrano il campo: è necessario sostenere il popolo ucraino, ma i conflitti non si risolvono solo con le armi. Serve un protagonismo diplomatico da parte dell'Ue per una pace giusta, l'integrità territoriale Ucraina è stata violata e va ristabilita", scrive sui social network il senatore del Pd e membro del del Copasir.
Chi, come Alessandro Zan, lavora per ristabilire il dialogo fra Pd e M5s vede comunque segnali incoraggianti dall'incontro di Firenze. Alla manifestazione antifascista, Elly Schlein e Giuseppe Conte "si sono parlati. È un inizio e questo è un fatto positivo e necessario: ci sono dei temi che vanno dal salario minimo al tema del lavoro ai migranti che devono trovare delle convergenze e dei punti di coerenza", spiega Zan.
Un ragionamento che, seppur da posizioni diverse, fa suo anche Graziano Delrio. L'ex ministro si mostra molto più cauto sull'eventuale abbraccio con i Cinque Stelle: "Certo non mi preoccupano le prove d'intesa. Non mi preoccupa davvero un Pd di sinistra su immigrati e pacifismo. Contano le convergenze sulle cose da fare", dice Delrio senza rinunciare a una stoccata ai Cinque Stelle: "Nel 2018 presentai un disegno di legge sul salario minimo che allora non fu nemmeno preso in considerazione dal governo Conte. Cosi' come sull'immigrazione i Cinque Stelle hanno cambiato idea, per fortuna".
Nel Movimento si guarda al nuovo corso inaugurato da Schlein con un misto di timore e speranza. Roberto Fico sottolinea che "non si puo' pensare solo alla competizione in una fase cosi' complessa, dobbiamo invece aggiungere le idee, sommare le esperienze" e, quindi, "è bene che il M5s e il Pd, su tematiche come quelle che animavano il corteo di sabato, siano uniti. È chiaro che dai discorsi di Schlein ci siano affinità in tanti punti con il M5s. Dobbiamo pero' capire come si declineranno all'interno del partito", continua l'esponente Cinque Stelle per il quale il dialogo con i dem puo' partire "dalle battaglie che più caratterizzano il nostro tempo: il salario minimo, le sperimentazioni sulla riduzione dell'orario di lavoro a parità di retribuzione e una transizione ecologica integrale". In ogni caso, assicurano fonti dem, se abbraccio deve essere questo arriverà solo dopo le elezioni europee.