Fioroni e Quagliariello ricordano Ratzinger: "Capì la modernità"
AGI - La gentilezza, la disponibilità all’ascolto ma anche la capacità di cogliere la modernità senza venire meno ai valori fondanti. L’ex ministro Giuseppe Fioroni ricorda Benedetto XVI come “un grande testimone del Vangelo e di Cristo in terra”.
Ha avuto modo di incontrarlo più volte, quando Ratzinger era cardinale, poi da Papa. “Aveva un tratto umano che ti colpiva – spiega Fioroni all’AGI – La sua mitezza si associava a un’immensa capacità di ascolto e alla gentilezza, una qualità che, come ha detto Papa Francesco, ci aiuterebbe a costruire un mondo migliore. Sapeva metterti a tuo agio anche nelle situazioni complesse. Un uomo animato da un’infinita voglia di apprendere e dalla curiosità ma unite a una fermezza sui valori di riferimento”.
Per dirlo con una battuta, “era uno che ci credeva davvero”, sorride Fioroni. L’ex ministro della Pubblica Istruzione è rimasto colpito dalla grande capacità di preghiera del Papa emerito, “che ha portato un contributo rilevante al pontificato di Francesco”.
Fioroni ricorda il discorso che Ratzinger tenne a Westminster Hall. Era il 2010, cinquecento anni dopo la condanna a morte di Tommaso Moro nello stesso luogo. L’ex ministro ripercorre l’intervento del Papa. “La questione centrale in gioco - disse Ratzinger - è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione”. Il ruolo della religione nel dibattito politico, continuava il Papa, è quello “di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi”.
Insomma, “il mondo della ragione e il mondo della fede – il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso – hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà”. “Era un teologo eccezionale – continua Fioroni – riusciva a parlare di cose molto complesse con semplicità”. L’ex ministro, tra gli esponenti più importanti del Pd e già sindaco di Viterbo, rammenta anche la visita di Benedetto XVI nella Tuscia tredici anni fa per ricordare S. Bonaventura.
“Contrariamente a quello che si può pensare e a come lo descrivono in molti, cioè come un Papa della conservazione, io sono sempre stato convinto che riuscisse a cogliere il senso della modernità”.
Infine, Fioroni sottolinea “il rispetto sacrale di Benedetto XVI per il libero arbitrio. Hanno provato a dipingerlo come il pontefice dei dogmi – insiste – io invece ho registrato la sua capacità di comprendere le difficoltà altrui nelle diverse responsabilità che ognuno era chiamato a rivestire”.
Sottolinea il carattere del Papa emerito anche Gaetano Quagliariello, che l’ha più volte incontrato: “Aveva una mitezza che trasferiva nel suo interlocutore un senso di serenità che, oggettivamente, aiutava il dialogo”.
L’ex ministro per le Riforme si concentra soprattutto sulla “condizione molto particolare” che ha vissuto Ratzinger, quella “di essere Papa e, allo stesso tempo, uno dei più grandi intellettuali, forse il più grande del suo tempo. Il nucleo della sua riflessione è stato il tentativo di conciliare fede e ragione. La prima rimaneva un dono ma lui riteneva che la seconda dovesse essere disponibile ad accettarla e non solo a non escluderla. In questo modo evitando le pagine più brutte del secolo del male”.
Ecco perché, continua Quagliariello, “ha affascinato tanti intellettuali non credenti”.
Infine, la decisione di ‘dimettersi’: “La sua scelta è stata un cambio di ruolo e non una rinuncia. E di quel punto fermo avevamo bisogno tutti, ma in particolare la Chiesa”.