AGI - Nella corsa alle primarie, fra correnti che fibrillano e candidati che si moltiplicano, su una cosa il Partito democratico sembra granitico: i tempi delle primarie non si toccano più. Il tema è riemerso nelle ultime ore per alcuni rumor che riportavano la data del 26 febbraio come quella su cui si era tornati a ragionare per fare in modo che non ci fosse una sovrapposizione con le Regionali. Uno spostamento in avanti di una settimana che, a sentire fonti parlamentari dem, non avrebbe cambiato nulla.
Negli ultimi giorni, è vero, dai territori si era riscontrata una certa inquietudine rispetto all'idea di anticipare: "Se lo chiediamo, i segretari provinciali ci riconsegnano le chiavi dei circoli", riferisce un deputato dem. Ma anche l'idea di posticipare non riscuote grandi entusiasmi: "Si farebbe solo confusione per niente: una settimana prima o una settimana dopo non cambierebbe nulla: la nuova segreteria si troverebbe comunque a mettere la faccia sui risultati delle regionali, qualunque essi siano".
Dal Nazareno spiegano che quella di posticipare i tempi "non è un'ipotesi e non se ne sta discutendo". Di sicuro, viene spiegato da fonti parlamentari, la proposta non arriva da Stefano Bonaccini che, fino a questo momento, si è attenuto a quanto deciso dagli organi del partito riguardo ai tempi, "già piuttosto lunghi", come sottolineano dal suo staff.
Le scelte dei dirigenti
Dalla sinistra del partito, poi, ci si interroga sulla ragione per la quale si dovrebbe posticipare: "Si era fissata una data, inizialmente, al 12 marzo. Poi c'è stato chi ha protestato dicendo che era troppo in là e sacrificando la discussione sulla costituente, ormai ai minimi termini. Ora si vuole posticipare ancora?". In questo contesto continua il posizionamento dei dirigenti di primo piano a favore dell'uno o dell'altro candidato. Posizionamenti che restituiscono l'immagine di un partito in cui le correnti subiscono un inevitabile rimescolamento.
L'inner circle del segretario Enrico Letta, in particolare, è sempre più vicino a Stefano Bonaccini. "Le candidature alla guida del Pd sono tutte e quattro ottime, ma penso che Bonaccini abbia qualcosa in più: quella giusta dose di solidità, pragmatismo e cultura di governo in grado di tenere unito il partito, minacciato a destra dal Terzo Polo e a sinistra dal M5S", dice iil senatore Marco Meloni, coordinatore della segreteria di Letta.
Il presidente dell'Emilia-Romagna ha fatto il pieno di big del partito, ultima in ordine di tempo la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno che correrà in tandem - la definizione di ticket non piace al candidato segretario - oltre a Piero Fassino, presente all'ultima iniziativa di Bonaccini a Roma, a Matteo Orfini e all'area che fa capo a Lorenzo Guerini. Con Schlein c'è Francesco Boccia, responsabile enti locali del Pd, un pezzo consistente della sinistra del partito e alcuni esponenti di Areadem, con Dario Franceschini in prima fila.
Proprio nell'area che guarda a Dario Franceschini è quella più in fibrillazione negli ultimi giorni. Se la candidatura di Cuperlo coglie di sorpresa la sinistra dem, il percorso di avvicinamento di Piero Fassino a Bonaccini è noto da tempo in Areadem.