AGI - In attesa che Elly Schlein ufficializzi la sua discesa in campo, Stefano Bonaccini si appresta a siglare un patto con Dario Nardella. A Nardella, che avvierà un percorso con Bonaccini in vista delle primarie, potrebbero seguire altri big dem, fra capi corrente e membri della segreteria in carica.
Al momento, chi sta lavorando all'operazione Bonaccini-Nardella, parla di una "collaborazione" ed esclude che si tratti di un ticket. Se ci sarà, il ticket sarà tra Bonaccini e una donna. Sembra quasi certo, tuttavia, che l'operazione avrà come tema centrale il ruolo dei sindaci nel futuro del partito e del suo progetto per il Paese.
A scandagliare ambienti Pd, tuttavia, emerge il timore che la diffidenza mostrata da Schlein nei confornti degli 'emissari' delle aree politiche del Pd, possa convincere i capicorrente a guardare sempre di più al presidente dell'Emilia-Romagna e trasformare il congresso, che sembrava aperto fino a ieri, in una corsa solitaria.
Non solo: a guardare a Bonaccini sarebbero anche alcuni esponenti del 'partito del Sud' trasversale nel Pd che, fino ad oggi, hanno fatto muro nei confronti del governatore, spaventati dalle posizioni aperturiste di Bonaccini nei confronti dell'Autonomia differenziata.
Una ricostruzione che non convince tutti nel partito. L'apertura di Nardella a Bonaccini, riferisce una fonte parlamentare vicina alla sinistra dem, "era scritta nella pietra". Le forze che stanno con il governatore, è il ragionamento che viene fatto, sono note da tempo: c'è Base Riformista e ci sono i dem in Toscana e in Emilia-Romagna. Non tutti.
Di certo, a Bonaccini guardano Simona Bonafè, deputata e segretaria del Pd toscano, e il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani. Ma nella regione di Nadella è presente anche la sinistra dem che guarda ad Andrea Orlando, mentre in Emilia Romagna il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha espresso una posizione più "labour", accolta con favore anche da Nicola Zingaretti e Brando Benifei.
Chi rimane lontano dalla partita sui nomi è Andrea Orlando. L'esponente della sinistra Pd non ha ancora scelto il suo candidato o la sua candidata, ma continua a battere sul tasto della necessità di una costituente "seria e profonda" che possa gettare le basi di un nuovo Pd, a cominciare dalla Carta dei Valori che risale al 2007 e che risente del clima di infatuazione per idee neoliberiste impersonate da Clinton e Blair.
Una impostazione superata dalle crisi economiche e sociali che si sono, da allora, susseguite senza quasi soluzione di continuità. Dalla crisi dei subprime, a Lehman Brothers, passando per l'irruzione delle piattaforme logistiche e degli "Over the top" nel mercato italiano, fino ad arrivare alla pandemia e alla guerra in Ucraina.
Non sono sfuggite le parole di elogio di Orlando - e anche di Bettini - nei confronti delle dieci idee per il congresso lanciate dal sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, ma nel Partito Democratico in pochi sembrano credere in un passo decisivo verso la candidatura da parte di Ricci.
Si moltiplicano, al contrario, le voci di chi crede in una candidatura di Orlando. Un modo per contarsi e far pesare il proprio consenso nella fase che si aprirà dopo il congresso. "Vediamo in questi giorni cosa succede", dice una fonte del Pd alla Camera secondo la quale "Orlando sta cercando di tenere insieme l'area della sinistra del partito, da Nicola Zingaretti a Gianni Cuperlo e contatti sono in corso fra tutti i big della sinistra dem con l'obiettivo di evitare una frammentazione dell'area".
Date queste premesse, non stupisce l'attesa che si vive nel partito per l'appuntamento di domenica al Monk, quartiere Tiburtino, dove Elly Schlein ha chiamato tutte le realtà interessate al processo di rinnovamento del partito sotto la parola d'ordine "Parte da noi!". La speranza della sinistra dem è che faccia riferimento al mondo del lavoro e sul partito sociale.