AGI - La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha scelto Bruxelles per la sua prima visita all'estero. Un segnale chiaro che i leader delle Istituzioni europee hanno certamente apprezzato. Ma nel confronto di domani si affronteranno i primi punti spinosi nei nuovi rapporti tra Roma e Bruxelles: attuazione (o modifica) del Pnrr; solidità dei conti pubblici; misure comuni contro la crisi energetica e la postura europeista e atlantista nel sostegno a Kiev (e non solo).
Il primo appuntamento (alle 16.30) sarà con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. L'eurodeputata maltese, del gruppo del Ppe (al famiglia di Forza Italia) è stata eletta presidente anche grazie al sostegno del gruppo dell'Ecr, il partito europeo dei conservatori di cui Meloni è presidente (l'attuale ministro agli Affari europei, Raffaele Fitto, era invece co-presidente del gruppo). Con Metsola si tratterà quindi di avvicinare i fronti a Strasburgo dove l'Ecr è all'opposizione ma con un Ppe in diversi Stati sempre più vicino alle alleanze di destra (non solo in Italia ma anche in Svezia e probabilmente in Spagna). Non a caso il vice premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è stimato vice presidente del Ppe.
Sarà più sensibile invece l'incontro con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, al Palazzo Berlaymont alle 17.30. "La presidente si attende una cooperazione costruttiva con le autorità italiane. In particolare su Pnrr, energia e sostegno all'Ucraina", va ripetendo il portavoce di von der Leyen, Eric Mamer. I consiglieri della leader tedesca fanno sapere che "non ci sono pregiudizi" nei confronti dell'esecutivo italiano. "Va tenuta insieme la famiglia europea ed è ovvio che ci possono essere alcuni elementi di divergenza, vedete quanti ne abbiamo con la Germania", spiegano.
Il primo punto di attrito potrebbe essere la gestione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A Bruxelles quando ne parlano insistono sulla formula "continuare l'attuazione del Pnrr nei tempi e nei modi previsti". Quindi porte chiuse a modifiche sostanziali. Lo hanno detto chiaramente il vice presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, e il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni: "Non cambieremo i piani ogni volta che cambia un governo. Il regolamento prevede la possibilità di apportare degli emendamenti e su questo siamo pronti a confrontarci", spiegano.
L'articolo 21 del regolamento del Recovery prevede che "se il piano per la ripresa e la resilienza, compresi i pertinenti traguardi e obiettivi, non può più essere realizzato, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di circostanze oggettive, lo Stato membro interessato può presentare alla Commissione una richiesta motivata affinchè presenti una proposta intesa a modificare o sostituire le decisioni di esecuzione del Consiglio. A tal fine, lo Stato membro può proporre un piano per la ripresa e la resilienza modificato o un nuovo piano per la ripresa e la resilienza".
Sta alla Commissione comunque valutare l'oggettività delle circostanze che richiedono la modifica. Il Governo italiano potrebbe fare leva su due fronti: l'impennata dall'inflazione che rende difficile eseguire le opere ai prezzi concordati ormai due anni fa e la crisi energetica. Tuttavia per il primo problema, il regolamento già prevede la possibilità di adeguamento. Per il secondo, invece, la Commissione mette sul tavolo i fondi del RepowerEu (220 miliardi di euro) e i fondi di Coesione inutilizzati dal precedente bilancio (40 miliardi). Per Roma non saranno sufficienti ma dovranno costituire un punto di partenza.
Non è di seconda istanza la questione dei conti pubblici. Da mesi l'esecutivo europeo insiste, anche per domare l'inflazione, che gli aiuti anti-crisi energetica siano temporanei, mirati e non mettano a rischio la sostenibilità finanziaria pubblica. Tradotto: non bisogna esagerare con il debito, la politica anti-Covid non è replicabile contro la crisi attuale. La Commissione presenterà la sua proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita il 9 novembre: resteranno le tagliole del 60% del rapporto debito/Pil e 3% del rapporto deficit/Pil. Ma verrà modificato il criterio di riduzione del debito: non più il taglio obbligatorio annuo di un ventesimo della quota eccedente il 60%.
Ogni Paese negozierà con la Commissione un piano di riduzione del debito (quadriennale che si potrà estendere fino a sette). Per i più indebitati verrà inserito un obiettivo intermedio del 90%. Se e quando verrà adottata la riforma, Roma dovrà quindi negoziare con Bruxelles un piano credibile per il taglio del debito che sarà sottoposto a verifiche puntuali come avviene ora con il Pnrr. Pena la procedura d'infrazione. Infine il sostegno all'Ucraina. Bruxelles vuole garanzie di poter contare sull'appoggio italiano su due fronti: il sostegno finanziario a Kiev (saranno strutturali gli aiuti Ue per 1,5 miliardi di euro al mese); la fornitura di armi e il sostegno alle sanzioni. Insomma nessuno vuole avere al tavolo del Consiglio un'altra Ungheria.