AGI - Sarà la direzione del Partito Democratico, che dovrebbe tenersi all'inizio della prossima settimana, a dare lo start definitivo alla fase congressuale.
Ma per le "candidature vere" alla segreteria bisognerà attendere, spiegano autorevoli fonti del partito.
Al momento, infatti, in molti sono in 'surplace' aspettando che qualcuno fra i nomi più attesi per questo congresso faccia la prima mossa.
C'è sempre l'ipotesi Stefano Bonaccini, che non ha ancora sciolto la riserva sulla sua candidatura.
C'è una folta truppa di presunti candidati giovani, da Brando Benifei a Marco Sarracino passando per Elly Schlein, ma "nessuno di questi nomi sembra in grado di accendere gli animi", viene osservato da un parlamentare dem di lungo corso che fa riferimento alle "candidature pesanti" del passato, come quelle di Pier Luigi Bersani, Matteo Renzi o Nicola Zingaretti capaci di "muovere il copraccione del partito da una parte all'altra".
Dunque, le candidature vere arriveranno, "su questo non ci sono dubbi". La previsione è che la corsa vera possa cominciare tra novembre e dicembre, quando si concluderà la "fase della chiamata" con cui Enrico Letta vuole aprire il congresso alle realtà sociali, alle associazioni, agli amministratori esterni al Partito Democratico. Fino ad allora sarà "tutto un marcarsi a uomo".
In questa fase si parlerà, come in molti chiedono, anche dell'identità del Partito Democratico.
Tema che si aggancia strettamente a quello, da sempre spinoso, delle alleanze. Da una parte Renzi e Calenda, dall'altra il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. Questo, almeno, in una versione semplificata e quasi brutale, della dialettica interna ai dem.
In realtà, viene spiegato, in gioco c'è anche un posizionamento geografico, sociale ed economico. Perché l'abbraccio con i Cinque Stelle vuol dire puntare a un maggior radicamento al Sud, dove il partito di Giuseppe Conte ha dimostrato di essere ancora competitivo.
L'abbraccio con Calenda e Renzi significa guardare al nord industriale, al ceto produttivo. Due identità che oggi convivono nel partito e che in molti, soprattutto nella sinistra dem, vedono come uno dei nodi da sciogliere al più presto.
Sarà durante questa discussione, ma non necessariamente in conseguenza di questa discussione, che emergeranno i nomi che si misureranno, a fine febbraio, con le primarie.
"Il nuovo segretario si insedierà, quindi, a marzo", è il timing su cui puntano al quartier generale del Pd. Parallelamente, proseguirà lo sforzo del Pd teso ad organizzare l'opposizione al nascituro governo Meloni.
Un compito che si annuncia, al momento, tutt'altro che semplice: gli strascichi dell'elezione degli uffici di presidenza delle Camere peseranno sui tentativi di stabilire un dialogo con i calendian-renziani.
Il leader di Italia Viva, ancora oggi, parla di uno "scandalo istituzionale e un errore politico" in riferimento all'asse che si è formato tra Pd e M5s alla Camera e al Senato.
E a questo Renzi aggiunge una notazione personale, sottolineando il silenzio dei dem sull'assoluzione dei suoi genitori. Silenzio a cui fa da contraltare il post di Guido Crosetto, esponente di Fratelli d'Italia a cui va il grazie del leader Iv. I rapporti fra Renzi e il suo ex partito sono, per questo, ai minimi termini.
Intelligente e non pregiudiziale. Non faremo la stampella di nessuno, questo è poco ma sicuro". Il vicesegretario di Azione, Enrico Costa, spiega all'AGI che una posizione comune con i Cinque Stelle è "impossibile". Ma anche con il Pd le prospettive non sono rosee.
"Una posizione comune con i Cinque Stelle? Chi parla si occupa di Giustizia". Dice Costa. Non ci sarà, dunque, un fronte comune contro la maggioranza. "Per noi, una posizione comune con i Cinque Stelle è impossibile. Anche sulla posizione dell'Italia a livello internazionale, ieri Conte è stato molto ambiguo". Dall'altra parte c'è un Pd che "non ha posizioni univoche sul M5s, tutt'altro".
Per Azione, dunque, "l'opposizione si fa sui contenuti e non su un format predefinito. Sui vicepresidenti si poteva costruire una piattaforma perché si trattava di un passaggio che non era sui temi. Ma è stata persa l'occasione. Il Pd e il M5s non hanno fatto quello che avrebbero potuto e dovuto fare: c'era la possibilità di avere una rappresentanza concordata delle opposizioni, ma hanno preferito fare i fatti loro. Ora, accordarsi sui contenuti, è un po' difficile. Anche perché il Pd su tanti contenuti non ha una posizione bene precisa".
Per questa ragione, Costa assicura che "il Terzo Polo rimarrà terzo, ovvero indipendente, rispetto a due forze come i Pd e i Cinque Stelle che sono interdipendenti: si scrutano, si annusano, vivono l'una in funzione dell'altra. Noi invece guardiamo ai contenuti e procederemo sulla nostra strada. Avremo una forte attività di proposta e non possiamo attendere le liturgie dell'asse Pd-M5s".