AGI - Nell'imminenza del voto in Italia, diffidenza è lo stato d’animo degli americani nei confronti di un possibile governo guidato da Giorgia Meloni.
Ma dal punto di vista delle misure economiche e della guerra in Ucraina, gli analisti in Usa si aspettano poche novità sul breve periodo, in attesa del vero confronto: la discussione del nuovo patto di stabilità in ambito Unione Europea, in calendario nel 2023.
Quello che si chiedono in molti a Washington è se con un governo Meloni l’Italia diventerebbe più simile alla Polonia o all’Ungheria, entrambe tentate dall’idea di rendere più forte il sistema politico, ma con il premier ungherese Viktor Orbàn che ha definito il suo modello una “democrazia illiberale”. I giornali progressisti mostrano la stessa diffidenza, ma con toni meno drammatici.
Il New York Times ha ritratto Meloni come un politico che da un lato vuole chiudere con il passato e dall’altro non alienarsi il sostegno della base nostalgica e ha dedicato un lungo servizio da Roma in cui evidenzia il paradosso di un Paese al bivio: da un lato le donne faticano ad affermarsi, dall’altro si teme la leadership di una donna, che non convince una parte dell’elettorato per le sue posizioni “poco femministe”, a cominciare dal diritto all'aborto.
Il Washington Post preferisce evidenziare il “tratto distintivo” di Meloni rispetto a una classe dirigente politica maschile. “Ha sostenuto con forza la Nato - ha scritto il Post nei giorni scorsi - e mostrato nessuna affinità con il presidente russo Vladimir Putin”. Ma soprattutto, aggiunge, “dice che non guiderà una svolta autoritaria”. Quello che cambierà, è la previsione del Post, sarà il rapporto con le “lobby Lgbt” e la “sinistra globalista”. Ma se dovesse vincere, Meloni “si troverà di fronte un duro compito: guidare un Paese alle prese con un lungo declino e che vede la sua ascesa con diffidenza”.
Per il Wall Street Journal sarà il primo test politico sulla tenuta del fronte occidentale: la vittoria della destra può dare uno spiraglio a Vladimir Putin e incrinare il fronte favorevole alle sanzioni verso Mosca. Ma nel breve periodo gli analisti americani non prevedono cambiamenti.
Secondo il think tank economico Think.ing.com, “a giudicare dalle indicazioni contenute nel programma, Meloni seguirà la linea tracciata da Mario Draghi”.
Dunque: pieno sostegno all’Ucraina, completa adesione all’Alleanza Atlantica e pieno supporto al processo di integrazione europea”. Diverso, secondo gli analisti, il programma che prevede un sistema meno legato alla burocrazia dell’Unione Europea e che dia più potere ai governi. “Noi - spiegano gli esperti del think tank americano - non vediamo rischi sul breve periodo, ma bisognerà capire cosa succederà nel 2023 quando verrà discussa la riforma del patto di stabilità. Un atteggiamento di opposizione da parte di Meloni non può essere escluso”.
Rassicura la prudenza mostrata dalla leader di Fratelli d’Italia sulla riforma fiscale rispetto al leader della Lega Matteo Salvini, che “ha già scelto di aumentare il deficit per finanziare le famiglie e le attività nel caso di un aumento del prezzo del gas”. La diffidenza emerge in molti interventi, come quello dell’economista Carlo Bastasin, del think tank Brookings.
“Durante la sua campagna - sostiene Bastasin - Meloni ha alternato dichiarazioni rassicuranti ad altre estremamente controverse riguardo la sua agenda politica. Ha anche definito in modo ambiguo l’ex primo ministro Benito Mussolini come una personalità che ha bisogno di essere inserita in un particolare contesto storico”.
“L’elezione - sottolinea Bastasin - arriva esattamente cento anni dopo la marcia su Roma, che aprì la strada alla dittatura”. “Spingere l’Italia verso un sistema autoritario - continua l’economista - non sarebbe compatibile con l’obiettivo di raggiungere una crescita economica. Una ragione è data dal fatto che l’economia dell’Italia è tenuta a galla dalle istituzioni europee. La Banca Centrale Europa, in modo implicito e qualche volta esplicito, ha garantito che l’Italia non andrà in default o uscirà dall’euro”.
Gli aiuti nei prossimi cinque anni ammontano all’11-12 per cento del prodotto interno lordo italiano. Aiuti che saranno garantiti a parità di condizioni già sancite sotto il governo Draghi. Per Meloni, spiega l’economista, “non sarà facile ridurre i diritti civili o avviare politiche autocratiche e continuare a ricevere i fondi europei”. L’esempio è proprio uno dei leader di riferimento di Meloni: Orbàn. I trasferimenti dei fondi all’Ungheria sono attualmente rinviati perché il regime del premier ungherese non soddisfa i parametri di Bruxelles.