AGI - C'è chi, come Monica Cirinnà, tira in ballo la notte delle liste di renziana memoria per descrivere il post candidature del Partito Democratico. In quell'occasione, l'allora segretario si chiuse nel suo studio al Nazareno per vergare di proprio pugno l'elenco dei candidati.
Un paragone figlio della "delusione" di Cirinnà, senatrice di lungo corso e madrina delle unioni civili. Si aspettava un trattamento diverso, invece si è ritrovata calata nella "fossa dei leoni" di un collegio, Roma 4, considerato enclave della destra estrema.
La tentazione di lasciare è stata forte, ma la senatrice sarà della partita. Dal Nazareno si scorrono le dichiarazioni e si fa notare che, se non è stato possibile accontentare tutti è per la legge elettorale, il Rosatellum che gli stessi parlamentari dem in carica hanno votato a suo tempo, così come hanno votato anche il taglio dei parlamentari.
Ma va anche ricordato che dal 2018, quando i gruppi parlamentari dem sono stati formati sotto la guida di Matteo Renzi, c'è stato un congresso che ha ribaltato gli equilibri del Pd, senza che a questo corrispondesse un rinnovamento dei gruppi di Camera e Senato.
Insomma, i tempi per il Pd sono maturi per procedere a un rinnovamento da tempo atteso. Non a caso è entrato in lista il 26 enne Paolo Romano a Milano, per non citare i quattro capilista under 35.
"Scegliere cinque giovani capilista per una legislatura in cui metteremo i giovani al centro delle politiche del lavoro e dell'istruzione. Per evitare che i giovani italiani continuino ad andarsene", sottolinea il leader dem sui social.
Così, esponenti di lungo corso come il deputato Stefano Ceccanti si troveranno a combattere dal quarto posto del collegio Toscana 3, dietro a Simona Bonafè, Arturo Scotto e Caterina Bini. Al contrario, il collegio uninominale di Pisa 4 sarà a disposizione dlela coalizione, con il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, in pole per la candidatura.
Alla coalizione spetterà anche decidere la collocazione in lista di Marco Bentivogli, in quota Più Europa, viene riferito. Ma quella delle candidature di coalizione è una partita ancora tutta da giocare, spiegano fonti parlamentari.
Mentre, con ogni probabilità, la lista Un rinnovamento che, viene rivendicato ai piani alti del partito, sta avvenendo nel rispetto degli equilibri interni. Non c'è stato, è il ragionamento, alcun repulisti: "Tanto che anche esponenti di Base Riformista hanno votato il via libera alle liste".
Semmai, è il segretario ad aver dovuto rinunciare a candidare dei nomi su cui voleva puntare. Fonti Pd riferiscono del rammarico di Letta per aver dovuto lasciare fuori lista Francesco Russo o Susanna Cenni.
"Non è stato un lavoro facile, né indolore per il segretario", confermano dallo stato maggiore del Pd. "Altro che rancore personale", aggiungono riferendosi alle accuse mosse da Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva vede nella scelta di Letta un tentativo di fare piazza pulita degli ex renziani del Pd.
"Ma il rancore è una categoria dell'anima, non della politica", osservano ancora dal Nazareno. E poi, viene fatto notare, in lista ci sono ex renziani, come il senatore Dario Parrini, che sono in posizione ottimale per essere rieletti: "Parrini è stato indicato dal territorio di Empoli", sottolineano fonti del Pd: "Il territorio di Luca Lotti".
L'esclusione di Lotti è quella che fa più discutere nel partito. L'ex ministro ha affidato ad un post su Facebook tutta la sua amarezza, parlando di "scelta politica" di Letta, ma assicurando che rimarrà nel Pd.
E, stando a quanto viene riferito da chi era presente in direzione, nella notte di ieri, a Lotti è stato rivolto un lungo elogio da parte del ministro Lorenzo Guerini. "ma nessuna polemica, nessuna accusa", è arrivata dal responsabile della Difesa, aggiungono dal Nazareno.
"Nessuna indicazione da parte della città metropolitana di Firenze è arrivata per Luca Lotti", viene aggiunto: "Quindi, se si cercano dei responsabili, citofonare in Toscana". L'altro caso è quello della senatrice Monica Cirinnà che, a direzione ancora in corso, annuncia di voler rinunciare a quel collegio di Roma che la porterebbe a battersi in un territorio fortemente innervato dalla destra estrema.
"Per me è stato uno schiaffo", dice in conferenza stampa accusando il segretario di aver "sbandierato il tema dei diritti", salvo poi metterla nella condizione di perdere. "Tuttavia non lascio, continuo la battaglia con gli occhi di tigre. Lotterò come un gladiatore", assicura.
Una scelta che viene apprezzata al quartier generale dem: "è un bene che accetti la candidatura. Siamo il partito dei diritti e siamo tutti fondamentali". Lo prova anche il forte endorsement del segretario ad Alessandro Zan, padre del disegno di legge sui crimini d'odio.
"Forza Alessandro, dobbiamo vincere il 25 settembre e avere la maggioranza in Parlamento anche per farcela finalmente", scrive Letta su twitter. "Nessuno mai, prima di noi, ha scritto un programma così ardito sul tema dei diritti: dal matrimonio ugualitario ai crimini d'odio, passando per l'uso terapeutico della cannabis e per lo Ius Scholae", rimarcano al Pd.
E intanto arrivano le bocciature del Viminale per i simboli presentati. Sulle schede per le elezioni del 25 settembre prossimo non dovrebbe esserci il simbolo di "Italiani con Draghi. Rinascimento". Era stato presentato in zona Cesarini, domenica pomeriggio. Ora i presentatori dovranno modificare il simbolo oppure integrare la documentazione necessaria per legge. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi non aveva dato "alcun avallo" a questo simbolo. Potrebbe mancare, salvo integrazioni o modifiche, il simbolo di "Palamara. Oltre il sistema". Il Viminale non lo ha ammesso.