AGI - Tempi stretti e regole certe, con poche deroghe. La direzione del Partito Democratico ha dato il suo via libera al regolamento per le candidature in vista del voto del 25 settembre.
Il segretario Enrico Letta cerca di blindare un passaggio che, in passato, è risultato traumatico. L'ultima volta era il 2018, al Nazareno c'era Matteo Renzi, e si rischiò la scissione dell'ala sinistra del partito. La seconda in pochi mesi, dopo quella di Pier Luigi Bersani.
"Ci saranno molti scontenti", avverte Letta. Non potrebbe essere diversamente, dato che i posti si sono ridotti sensibilmente a causa della riforma del taglio dei parlamentari.
"Ci sono 30 collegi al Senato e 60 alla Camera da cui dipenderanno le elezioni. Siamo sotto di 5-6-7-8 punti, dobbiamo scegliere il candidato giusto. E la gente va a vedere se c'è il paracadute oppure no", avverte il segretario nella relazione alla direzione nazionale, riunita per l'occasione con i gruppi parlamentari.
Con più ottimismo, una fonte del Pd osserva che i dem potrebbero anche guadagnare seggi rispetto ad oggi. Da una parte perché il consenso del Pd è superiore a quel 18% che segnò una sconfitta storica per il partito cinque anni fa.
In secondo luogo perché, da allora, c'è stata la scissione di Articolo Uno e, poi, quella di Italia Viva, con una sensibile riduzione dei parlamentari Pd rispetto al 2018. Questo, tuttavia, non esclude che molti rimarranno fuori.
"Letta dovrà anche inserire dirigenti a lui vicini che oggi sono fuori dal parlamento", viene sottolineato da fonti dem.
Da questo punto di vista, il comma del regolamento che prevede la possibilità per il segretario di indicare dei nomi da inserire in lista viene interpretata come la volontà di riservarsi una quota di candidature.
Il Nazareno, interpellato dall'AGI, esclude però che ci sia questo intento. Piuttosto è un modo per lasciare aperta la porta a Demos e Articolo Uno.
Sembra essere questa la lettura di Goffredo Bettini, che plaude alla scelta del segretario: "Molto bene misurare la prospettiva e l'orizzonte temporale delle elezioni al 2027 e bene la lista Pd aperta a Demos e Articolo Uno, altre soggettività democratiche".
Gli spazi sono comunque stretti: "Se si vuole pescare dai territori, confermare una buona parte dei gruppi, inserire alte personalità della società civile, non è che rimanga molto", osservano fonti parlamentari.
Dai gruppi, infatti, c'è ancora molto da cogliere visto che, "sono tutti abbastanza giovani, in pochi hanno 15 anni di parlamento", viene sottolineato.
Al momento l'unico a fare un passo indietro è stato Luigi Zanda che oggi ha ribadito la sua volontà di non candidarsi davanti alla direzione.
Tra i dirigenti del Pd, tuttavia, nessuno sembra credere che, nonostante i fisiologici mal di pancia che la stesura delle liste sempre porta con sè, qualcuno possa cogliere l'occasione per bersagliare il quartier generale: con i tempi stretti e la destra alle porte, è il ragionamento, nessuno si sentirà in condizione di scalciare.
E poi c'è il passaggio negli organi statutari - dalla segreteria ai gruppi passando per la direzione che ha approvato la road map all'unanimità - a mettere su binari sicuri il cammino del segretario.
Non ci sono correnti che tangano, è il ragionamento che viene fatto da fonti parlamentari: "La direzione è servita a dire che in questa fase serve più che mai unità e non bisogna mettere i bastoni tra le ruote al conducente".
Messo al riparo il percorso per arrivare alle liste, rimane aperto il dossier delle alleanze. Il segretario ha chiarito che quelle con cui il Pd si presenterà agli elettori saranno alleanze dettate solo dal Rosatellum.
Altrimenti, sarebbe impossibile sperare di averla vinta sulla destra. Rimane aperto, quindi, il canale di dialogo con Carlo Calenda e, questo, nonostante le fughe in avanti del leader di Azione, ora sulla premiership offerta a Mario Draghi, ora sulla sua disponibilità ad andare a Palazzo Chigi.
"Giustamente Calenda si candida premier: la legge elettorale non prevede un candidato di coalizione e ogni leader di partito, con questa legge elettorale, è anche candidato premier naturale", sdrammatizzano dal Nazareno.
Rimane da capire quale sarà il destino di Matteo Renzi e di Italia Viva. Il senatore di Rignano sull'Arno ha già detto di essere pronto a correre da solo, ma fra i dem non si esclude che possa trovare "ospitalita'" proprio da Calenda che probabilmente "avrà a disposizione una serie di collegi proprio dal Pd", viene spiegato: "una parte di collegi buoni", cioè contendibili, "una parte medi e una parte di collegi impossibili. In questi, è il ragionamento offerto da fonti parlamentari Pd, potrebbero essere candidati Renzi e qualcuno dei suoi.
Una strategia che, tuttavia, sembra preoccupare alcuni esponenti dem che vedono il rischio di una contraddizione fra il sistema dei valori e il programma, da una parte, e il sistema di alleanze dall'altra: "Ora noi dobbiamo costruire un sistema di alleanze che però non entri in contraddizione con il messaggio che vogliamo costruire. Il tema è come si sviluppa la campagna elettorale perche' se dobbiamo autocensurare il nostro messaggio per tenere in piedi una alleanza tecnica, rischiamo di rinunciare a larga parte della potenza di fuoco del messaggio proposto oggi dal segretario", avverte Andrea Orlando.