AGI - Dal decreto di luglio su caro-energia e aiuti a famiglie e imprese al Pnrr, dalla manovra alla riforma delle pensioni: una crisi di governo ora rischia di bloccare una lunga serie di dossier economici. Con l'inflazione che continua a correre e lo spettro della recessione alimentato dallo stop delle forniture di gas russe, la fine dell'esecutivo Draghi potrebbe aprire la porta a un'estate caldissima, non solo per motivi climatici. Molto dipendera' dalla durata dell'impasse, ma se si dovesse andare a votare, Costituzione alla mano, le urne non potrebbero essere aperte prima della fine di settembre. E un nuovo governo difficilmente vedrebbe la luce prima dell'autunno inoltrato. Con il paese che, nel frattempo, rimarrebbe fermo e in balia della crisi internazionale.
IL DECRETO DI LUGLIO
Il primo effetto di una crisi sarebbe la mancata proroga oltre il 2 agosto del taglio delle accise della benzina e oltre il terzo trimestre degli sconti in bolletta alle famiglie piu' povere. Soltanto ieri, dopo l'incontro con i sindacati, Draghi aveva promesso il varo, entro fine mese, di un nuovo importante provvedimento a sostegno di famiglie e imprese. Tra le ipotesi in campo, ci sono anche il taglio dell'Iva su alcuni beni di largo consumo e l'introduzione di un salario minimo agganciato ai contratti nazionali di categoria. Il dubbio e' che un esecutivo dimissionario non possa agire per decreto legge, con conseguente dilatazione dei tempi.
MANOVRA, CUNEO FISCALE E PENSIONI
Con un nuovo governo che non entrerebbe in carica prima di novembre, sarebbe anche difficile vedere una legge di Bilancio capace di andare oltre l'ordinaria amministrazione. La ex Finanziaria va infatti approvata entro il 31 dicembre, pena l'esercizio provvisorio e il congelamento di tutti i capitoli di spesa. Complicato che, con tanta fretta, possa essere inserito il taglio al cuneo fiscale da 5-10 miliardi promesso dall'attuale esecutivo.
E ancor di piu' che si possa studiare una riforma delle pensioni con Quota 102 in scadenza a dicembre. - IL PNRR Sono passate appena due settimane da quando, il 29 giugno scorso, il ministero dell'Economia ha inviato alla Commissione europea la richiesta di sbloccare la seconda rata degli oltre 190 miliardi di euro previsti da Bruxelles per finanziare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'Italia e' riuscita a rispettare le 45 scadenze fissate entro la fine del mese scorso per poter sbloccare i 24,1 miliardi lordi della seconda tranche.
Ora pero' ne devono esserne soddisfatte altre 55, tra traguardi e obiettivi, entro la fine dell'anno per incassare la terza. In gioco ci sono ulteriori 21,8 miliardi. Ma per metterci le mani sopra il Parlamento dovra' lavorare non poco.
Tra i vari obiettivi da completare entro i prossimi sei mesi, ci sono riforme importanti, dal fisco alla concorrenza, il completamento del Polo strategico nazionale, l'adozione della riorganizzazione del sistema di istruzione primaria e secondaria, l'aggiudicazione dei progetti per rafforzare la resilienza del sistema elettrico, l'aumento del 15% del gettito fiscale rispetto al 2019 attraverso le cosiddette "lettere di conformita'", il rafforzamento degli organici di tribunali penali e civili. Con tanto di decreti attuativi a corredo.