AGI - Come ampiamente preannunciato, il Movimento 5 stelle abbandona l'Aula della Camera al momento del voto finale sul decreto Aiuti (che incassa 266 sì e 47 no. Il pentastellato Francesco Berti non rispetta l'indicazione del gruppo e esprime il suo sì al testo).
Un Aventino che potrebbe ripetersi tra pochi giorni al Senato, quando si dovrà votare il via libera definitivo al provvedimento, con tanto di fiducia. Ma il dado non è ancora tratto: la capogruppo M5s infatti non scioglie la riserva e si limita a spiegare che "c'è ancora qualche giorno per fare le nostre valutazioni".
La scelta dei 5 stelle, nonostante non rappresenti un fulmine a ciel sereno, manda tuttavia in tilt la maggioranza, su cui piomba anche la richiesta di Silvio Berlusconi di una verifica in quanto "occorre comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali". Alla necessità di procedere a una verifica di maggioranza si associa Matteo Salvini, che ne approfitta anche per reiterare il niet alle "leggi su droga libera e cittadinanza facile".
Crisi o bluff?
Tra il timore di alcuni che la situazione da qui a giovedì possa realmente precipitare fino alla crisi di governo, e la convinzione di altri che si tratti solo di un bluff, nella maggioranza prevalgono le critiche al Movimento, 'reo' di scelte "incomprensibili e irresponsabili". Eppure ai più non è sfuggito il passaggio finale dell'intervento in Aula del capogruppo Davide Crippa, quando il pentastellato, confermando l'Aventino, ha tenuto tuttavia a specificare che "il nostro sostegno al governo è stato esplicitato con il voto di fiducia" di giovedì scorso alla Camera, quando i 5 stelle hanno appunto votato a favore, mentre la scelta sul voto finale "è detatta da questioni puntuali di merito e metodo, in coerenza con quanto abbiamo già fatto in Cdm".
I primi a partire lancia in resta contro i 5 stelle sono gli azzurri. Ancor prima del voto alla Camera, in una nota Forza Italia mette in chiaro che la decisione dei 5 stelle di non votare il decreto Aiuti "è gravissima" e non può passare in cavalleria, ma avrà delle "conseguenze", perchè "la responsabilità non può essere scambiata per subalternità".
Insomma, Draghi è avvisato. A chiarire ancor meglio la linea azzurra è lo stesso Berlusconi, che giudica la scelta del Movimento pura "schizofrenia politica" fatta sulla "pelle degli italiani". Quindi, il Cavaliere invita il presidente del Consiglio a "non cedere ai ricatti" pentastellati. Ma, allo stesso tempo, Berlusconi ritiene necessaria una verifica di maggioranza.
Alla resa dei conti
E Antonio Tajani non esclude lo show down: "Se il Movimento 5 stelle non dovesse votare la fiducia al Senato si rischia la crisi".
Italia viva è convinta che la crisi sia a un passo, "inizia il Papeete di Conte", sostiene il presidente Ettore Rosato. Per Teresa Bellanova con la scelta di oggi i 5 stelle sono "già automaticamente fuori dal perimetro del governo Draghi". Durissimi i dimaiani: i 5 stelle "voltano le spalle agli italiani".
Per Azione il capogruppo M5s ha fatto un discorso già da opposizione, "dedicato a Enrico Letta e al suo campo largo", osserva Enrico Costa. E Più Europa, con Benedetto Della Vedova, chiede a Conte di scegliere "tra la maggioranza e l'opposizione. Penso che il Pd non dovrebbe accettare che il suo alleato principale non sostenga Draghi convintamente".
La prudenza dei dem
Nei dem, i più cauti nella maggioranza a commentare la situazione, c'è chi rompe gli indugi e attacca: "La scelta politica del M5s è grave. Indebolire o mettere a rischio il governo in queste settimane è da scellerati", tuona Andrea Marcucci.
Meno tranchant Stefano Bonaccini, secondo il quale sarebbe "surreale far cadere un governo in un momento come questo", spiega il presidente della Regione Emilia-Romagna. La capogruppo Debora Serracchiani ritiene "condivisibili" le questioni poste da Conte a Draghi, ma il Movimento non deve "strappare".
Alla Camera c'è preoccupazione per le spinte centrifughe che si registrano nel M5s, ma tra i parlamentari del Partito Democratico si coltiva anche la speranza che non sarà il voto al Senato sul dl Aiuti a sancire l'uscita dei 5 Stelle dalla maggioranza.