AGI - Prima il viaggio a Canazei per accertarsi della situazione dopo il crollo della Marmolada, l'incontro con i vertici della protezione civile e i presidenti di Regioni, il cordoglio ai familiari delle vittime, la conferenza stampa. Poi nel tardo pomeriggio un Consiglio dei ministri per varare le misure contro siccità. Il premier Draghi tira dritto e di fronte alle fibrillazioni che arrivano dai partiti che sostengono il governo pensa alle emergenze da affrontare. Non mancano questa settimana i nodi da sciogliere. Legati soprattutto al ddl concorrenza - (in commissione sono mancati i pareri del governo, sull'articolo 10 è ancora scontro con la Lega che vuole lo stralcio) considerato che da domani comincerà lo sciopero dei taxi - e al dl aiuti il cui iter è ancora tutto da decidere.
Il provvedimento tornerà in Commissione per un breve passaggio legato a rilievi tecnici ma è in corso una trattativa con il Movimento 5 stelle, la richiesta dei pentastellati è di potersi 'smarcare' sulla norma sull'inceneritore di Roma. L'esecutivo dovrebbe blindare il provvedimento ma il voto in Aula dovrebbe arrivare comunque dopo l'incontro tra il presidente M5s Conte e il premier Draghi previsto per mercoledì alle 16,30.
Oggi è stato lo stesso ex presidente del Consiglio a suggerire il rinvio dell'appuntamento fissato per il pomeriggio, da qui lo slittamento pure del Consiglio nazionale. L'idea M5s di un appoggio esterno al governo è 'congelata', ogni tentazione di uno strappo rimandato ma cova sempre il fuoco sotto la cenere perché il 'sentiment' dei pentastellati resta lo stesso, la sensazione è di sentirsi sottorappresentati e invisi sia al governo che al resto della maggioranza.
Conte ha chiesto ai dirigenti del Movimento 5 stelle di inviargli dei contributi per mettere a punto un documento che indicherà le battaglie dei pentastellati e le richieste sulle quali vorrebbe una sponda del premier. I fari non sono puntati sulla questione dell'invio delle armi né sulla proroga del superbonus, anche se su entrambe le questioni M5s si aspetta comunque un chiarimento.
L'input principale che arriverà al governo sarà quello di spingere sull'acceleratore per il varo di un'agenda sociale, affinché arrivino misure per fronteggiare la crisi legata alla guerra in Ucraina, dal salario minimo ad interventi sul caro energia, alla difesa del reddito di cittadinanza.
Ma sul dl aiuti potrebbe spaccarsi di nuovo il gruppo M5s, perché l'orientamento è quello di dire sì alla fiducia - qualora il governo decidesse di porre la questione - ma di astenersi al voto finale sul provvedimento. Una linea che però potrebbe scontentare chi, invece, vuole votare contro il decreto a causa del termovalorizzatore e chi, dall'altro canto, ritiene che distanziarsi dal resto della maggioranza potrebbe essere un autogol perché minerebbe limmagine dell'esecutivo.
Conte in ogni caso mercoledì chiederà al premier rispetto per il Movimento 5 stelle perché resta il sospetto dei pentastellati che sia stato proprio l'ex numero uno della Bce a dare il via libera all'operazione di Di Maio della scissione.
Chi sta preparando un'agenda da sottoporre al premier Draghi è anche la Lega. Oggi Salvini, dopo aver blindato la riconferma di Fontana alla regione Lombardia nell'incontro con assessori e consiglieri regionali, ha visto ministri, capigruppo, 'big' del partito e una rappresentanza dei presidenti di Regione per analizzare il voto delle amministrative. Il ragionamento è che gli elettori si sono sentiti traditi dal fatto che la Lega non è riuscita a far passare sul tavolo dell'esecutivo i provvedimenti cari al partito di via Bellerio.
Da qui la volontà di far sì che la Lega possa essere ancora più incisiva nell'azione di governo e la richiesta ai membri dell'esecutivo di battersi affinché possa esserci un'accelerazione sulla pace fiscale, sul tema dell'autonomia, sul sostegno al ceto medio, alle categorie penalizzate come quella dei piccoli artigiani, ad una svolta sul tema dell'energia, a misure efficaci sul caro bollette e contro il rialzo dell'inflazione. L'ala governista ha comunque, secondo quanto viene riferito, sostenuto la necessità di evitare il fuoco amico sull'esecutivo.
"Quando la Lega vincerà le elezioni farà quello che vuole", ha osservato Giorgetti ai giornalisti, "non decido io se la Lega deve restare al governo. È il Parlamento che dà la fiducia al Governo, non è il Governo che dà la fiducia a se stesso". Il responsabile dello Sviluppo ha rimarcato come non sia in discussione la leadership di Salvini. Del resto, nessuno nel vertice, secondo quanto viene riferito, ha chiesto una cabina di regia. L'obiettivo è quello di compattare il partito e di discutere sulle due possibili strade da qui alle elezioni: stare al governo per accreditarsi per il post Draghi e rischiare però di perdere ulteriori voti oppure uscire dall'esecutivo ma con il rischio di finire comunque nel cono d'ombra della Meloni? Ha prevalso la prima tesi ma l'obiettivo - viene rimarcato da fonti parlamentari del partito di via Bellerio - è quello di rivendicare che la Lega è il partito più numeroso della maggioranza e di farlo pesare.