Le conseguenze della scissione in seno al Movimento 5 Stelle, con l’abbandono di Luigi Di Maio che ha portato con sé oltre 60 parlamentari creando il nuovo gruppo “Insieme per il Futuro”, iniziano a fare capolino anche nei sondaggi. E li vediamo già nella nostra Supermedia di questa settimana, che registra un calo fortissimo per il M5S.
Il partito fondato da Beppe Grillo perde oltre un punto e mezzo (-1,7%) in due settimane e fa registrare un ennesimo record negativo, scendendo al 10,6%. Si tratta non solo del peggior dato dell’attuale legislatura, ma addirittura dell’ultimo decennio: per trovare il M5S così in basso nei sondaggi, infatti, bisogna risalire alla prima metà del 2012. Secondo l’istituto Tecnè, quello che alle ultime elezioni fu – di gran lunga – il partito più votato d’Italia con il 32,7% dei voti, oggi sarebbe sceso perfino sotto il 10%.
Ma chi sono i beneficiari di questo (ennesimo) calo così vistoso? Innanzitutto, i due partiti più forti in questa fase, ossia Fratelli d’Italia (primo partito con quasi il 23%) e Partito Democratico (21,9%), entrambi ancora una volta in crescita. Nessun beneficio apparente per Lega, Forza Italia e le forze lib-dem, mentre si registra una leggera crescita dei due partiti a sinistra del PD. Un po’ come se dalla recente scissione pentastellata fossero “schizzate” via alcune schegge di elettorato, in diverse direzioni, a seconda di quale fosse il motivo della loro identificazione con la multiforme anima del M5S: i più “governisti” a ricollocarsi con il PD, i più ostili a Draghi con FDI, e infine i più progressisti con le varie anime della sinistra radicale.
E Di Maio? Quanto varrebbe oggi la sua IPF, Insieme per il Futuro? La risposta è che ancora non lo sappiamo: le prime stime diffuse dai diversi istituti, infatti, non concordano sull’effettivo consenso elettorale che avrebbe il nuovo partito del Ministro degli Esteri. Si va da Euromedia di Alessandra Ghisleri, che lo valuta intorno all’1%, ad Antonio Noto che a “Porta a Porta” ha diffuso una stima che dà IPF al 3%. Secondo il politologo Roberto D’Alimonte, Insieme per il Futuro ad oggi potrebbe avere un bacino potenziale addirittura superiore, intorno al 4,7%. I dati a disposizione sono comunque troppo pochi per dare il “benvenuto” a IPF nella nostra Supermedia, almeno per il momento.
Nel frattempo, però, il calo del M5S, non compensato dal dato “pesato” di IPF, genera uno strano effetto, per cui il totale delle forze che sostengono il Governo Draghi in Parlamento risulta in forte calo, poco sopra il 66%. Anche qui si tratta di un record negativo, ma si tratta di una “illusione ottica”: quale che sia il peso effettivo di IPF nelle attuali intenzioni di voto degli italiani, esso andrebbe di certo ad aggiungersi al totale delle forze di maggioranza, vista la motivazione decisamente “governista” addotta da Di Maio per giustificare il suo addio al Movimento di cui egli stesso è stato capo politico (e candidato premier) per quasi due anni e mezzo.
Nel frattempo, la cronaca di questi giorni (o meglio, di queste ore) ci parla di quello che è probabilmente una prima ricaduta politica di questa scissione: le tensioni tra l’ex premier Giuseppe Conte (oggi leader del M5S) e l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi, che secondo alcuni retroscena avrebbe invitato Beppe Grillo a “sbarazzarsi” dello stesso Conte. La – prevedibile – smentita di Palazzo Chigi non ha placato le acque, al punto che il premier è dovuto rientrare in anticipo dal vertice NATO in corso a Madrid. Governo a rischio, dunque? Difficile dirlo. Quello che sappiamo, però, è che la base del M5S ritiene che un’uscita dalla maggioranza non sia auspicabile, quantomeno ad oggi. Lo rivela un sondaggio SWG, secondo cui due terzi degli attuali elettori del M5S (quindi anche dopo la scissione “dimaiana”) ritengono che il loro partito dovrebbe rimanere nel Governo.
Sondaggio @swg_research per il @TgLa7: la scissione di Di Maio /2 pic.twitter.com/W4JtNW4j2s
— YouTrend (@you_trend) June 28, 2022
Certo, vi è anche una percentuale consistente (32%) di elettori pentastellati che la pensano all’opposto, e si tratta di una fetta non trascurabile. Tuttavia, è innegabile che l’opinione prevalente tra chi vota M5S sia favorevole a proseguire l’esperienza con il Governo Draghi, e non è dato sapere se le tensioni di questi giorni avranno un qualche effetto sui consensi del (e nel) Movimento. Quel che possiamo affermare con ragionevole certezza, però, è che nei prossimi mesi assisteremo nuovamente a episodi simili – non pochi, probabilmente.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto. La ponderazione odierna, che include sondaggi realizzati dal 16 al 29 giugno, è stata effettuata il giorno 30 giugno sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. I sondaggi considerati sono stati realizzati dagli istituti Demopolis (data di pubblicazione: 28 giugno), Euromedia (24 giugno), Noto (27 giugno), SWG (14 e 21 giugno) e Tecnè (19 e 26 giugno).
La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.