AGI - Corsa contro il tempo al Senato dove in Commissione si è votato fino a tarda notte sugli emendamenti (è arrivato tra l'altro il via libera alla lotteria degli scontrini 'istantanea') al Dl Pnrr (tensioni sulla scuola per i possibili tagli) che deve avere il semaforo verde entro lunedì per un passaggio alla Camera.
Ma all'inizio della prossima settimana (a Montecitorio si comincerà a votare sulla legge delega fiscale, l'accordo sembra blindato) i fari saranno puntati sulla risoluzione sulle comunicazioni del premier Draghi in Parlamento in vista del Consiglio europeo.
Il Pd punta ad evitare di entrare nel merito, a prendere atto della posizione che illustrerà il presidente del Consiglio per approvare la linea del governo, evitando così qualsiasi riferimento a temi divisivi, ma il Movimento 5 stelle vuole un passaggio sulle armi ed è tentato ancora dal presentare un proprio testo che potrebbe nel caso avere l'appoggio pure dalla Lega. Conte però non intende strappare, ecco il motivo per cui alla fine potrebbe comunque trovarsi un'intesa a patto che – osserva un 'big' pentastellato – ci sia nero su bianco un segnale di una svolta diplomatica e di una descalation militare. "Non possiamo arretrare dopo mesi in cui diciamo no all'invio di materiale bellico", il 'refrain' tra i pentastellati a palazzo Madama.
Di Maio ha lanciato il secondo affondo. Per dire no all'inserimento di "frasi e parole che disallineano l'Italia dalle alleanze storiche", l'attacco. Le tensioni all'interno del Movimento potrebbero creare ulteriori fibrillazioni al governo alla vigilia di un nuovo provvedimento a sostegno delle categorie in difficoltà e delle famiglie ("sconto benzina e gasolio di 25 centesimi al litro, per la Lega fondamentale confermarlo per tutta l'estate, ci aspettiamo un decreto del governo entro giugno", dice Salvini) e di una impegnativa legge di bilancio.
In Parlamento il timore è che nei prossimi mesi possa determinarsi un incidente che metta a rischio l'esecutivo, anche per questo dopo l'esito delle amministrative si è tornati a discutere della possibilità della nascita di un'area draghiana.
Anche se le spinte sono contrapposte. "Bisogna dare un tetto", insiste Renzi; sulla stessa lunghezza d'onda centristi come Toti e anche nel mondo imprenditoriale (oggi ne ha parlato Marcegaglia alla Stampa) si fa notare come per il dopo-Draghi l’Italia rischia grosso). Tra i fedelissimi di Di Maio c'è chi invoca la nascita di un soggetto politico che possa poi aggregare pezzi della maggioranza che si ispirano all'azione dell'ex numero uno della Bce. Si chiamano in causa sottotraccia sindaci come Sala, presidenti di Regione ed esponenti 'governisti' degli altri partiti, dai ministri di FI a quelli della Lega in funzione 'anti-spread'.
Al momento in ogni caso sulla partita della legge elettorale in senso proporzionale non ci sono novità e anche il tema delle alleanze in vista delle Politiche resta sospeso alla contesa dei ballottaggi, lo stesso Letta ha 'congelato' l'argomento.
La consapevolezza che si possa materializzare un'operazione trasversale a sostegno di Draghi c'è anche nei partiti di centrodestra, anche se sia Salvini che Berlusconi hanno ribadito più volte che l'esperienza di un governo di unità nazionale terminerà con la fine di questa esperienza. Ma si susseguono contatti informali – riferiscono fonti della maggioranza – per la creazione di una rete di protezione a Draghi sia per la salvaguardia della legislatura (qualora M5s da una parte e Lega dall’altra dovessero decidere di staccarsi) che per il dopo 2023.
Per ora è una sorta di network dietro le quinte, nessun lavorio concreto per la nascita di un altro polo ma il responsabile della Farnesina ha battuto un altro colpo accusando Conte di voler 'radicalizzare' il Movimento, di guardare indietro nel tempo, "ci sarà un motivo per cui il Pd cresce e M5s arretra", il ragionamento. Una mossa per rilanciare una politica moderata perché pure "strumentalizzare Draghi non è una prova di responsabilità”, la critica di Di Maio riguardo alle affermazioni di Conte sul viaggio del Capo dell'esecutivo a Kiev.
Poi c'è il fattore personale: Di Maio non ha gradito gli attacchi sul 'Fatto quotidiano', quell'accenno alla necessità di cacciare chi dissente dalla linea, "ho ricevuto - la sua denuncia - insulti personali, temo che questa forza politica rischi di diventare una forza politica dell'odio".
Di Maio allo stesso tempo si è sottratto dal gioco del superamento del doppio mandato, un ulteriore indizio – osserva un 'big' M5s – dell'intenzione del ministro di staccarsi dal Movimento. Grillo (giovedì potrebbe essere a Roma, mercoledì invece è prevista un'assemblea congiunta dei parlamentari) ha dato sponda al presidente M5s, "il dilemma" del vincolo - ha osservato - "può essere superato in altri modi, senza per questo privarsi di una regola la cui funzione è di prevenire il rischio di sclerosi del sistema di potere, se non di una sua deriva autoritaria, che è ben maggiore del sacrificio di qualche (vero o sedicente) grande uomo".
Nel mirino per i contiani c'è proprio il ministro degli Esteri che però ha invitato i militanti a mantenere i principi fondanti del Movimento. Ora è una guerra di posizionamento (a cui partecipa di fatto anche Di Battista che ha annunciato un viaggio in Russia nelle prossime ore) con la paura nei gruppi pentastellati di vedere all'orizzonte la disgregazione M5s e - si dispera un deputato - "la fine di un sogno".
"Ma se l'obiettivo di Di Maio – avverte un esponente di peso del Movimento – è la distruzione del Movimento deve sapere che Conte può far rinascere una cosa nuova in poco tempo grazie alla sua popolarità e al suo consenso, non ci sono alternative a Conte".
Il vincolo del doppio mandato di fatto (pur con la possibilità di deroghe da parte di Conte) disegnerebbe un altro Movimento, anche in vista della compilazione delle liste.
Per i fedelissimi di Di Maio, invece, è il responsabile degli Esteri ad avere un futuro, non l'ex presidente del Consiglio. Le tifoserie si sono schierate, i contiani invitano il presidente a rilanciare e a prendere decisioni nette nei confronti di Di Maio ma c'è anche un altro tema sullo sfondo, perché mentre a palazzo Madama si predilige una strategia più 'spinta' in merito alla risoluzione del 21 giugno e di sostegno all'avvocato pugliese, alla Camera non è questa la posizione da condividere.
Alla fine sul documento si troverà – il convincimento nella maggioranza – una formula che potrebbe non scontentare nessuno ma le tensioni all'interno del Movimento, con tanto di resa dei conti sui numeri, sono destinate ad aumentare.